Violenza in ospedale: ben 8 operatori sanitari su 10 testimoni di episodi di violenza fisica o verbale

Cronaca

8 operatori sanitari su 10 hanno subito o assistito almeno a un episodio di violenza sia di natura verbale (donne 79% – uomini 74%), sia violenza fisica (donne 18% – uomini 29%). Realizzato ail Manifesto con le best practice per ridurre il gender gap all’interno delle strutture ospedaliere e salvaguardare la sicurezza degli operatori sanitari

8 operatori sanitari su 10 hanno subito o assistito almeno a un episodio di violenza all’interno del contesto ospedaliero. Lo evidenzia una ricerca di Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, svolta con la collaborazione di Elma Research, nell’ambito del progetto “Gli stereotipi di genere in sanità: un percorso culturale” e dell’iniziativa di Regione Lombardia ‘Progettare le Parità in Lombardia 2019’. Lo studio è stato fatto su un campione di 893 figure ospedaliere provenienti dalle principali ASST lombarde. È emerso che gli episodi di violenza sono prevalentemente di natura verbale sia per le donne (79%) che per gli uomini (74%) da parte principalmente di pazienti (54%), famigliari dei pazienti (39%), caregiver (33%) e anche di colleghi di grado superiore (28%). Non vengono a mancare gli episodi di violenza fisica sia nei confronti degli uomini (29%) sia delle donne (18%), scatenati principalmente dall’agitazione della persona (55%), da problemi psichiatrici (44%) e dalla percezione di una mancata assistenza (27%). Come impatta tutto ciò sugli operatori sanitari? Frustrazione e senso di impotenza dominano il pensiero delle donne; rabbia, disagio, disgusto e odio sono le emozioni percepite dagli uomini. Subire questi episodi di aggressione fisica ha portato a percepire il luogo di lavoro meno sicuro per 1 persona su 2, a sminuire il proprio valore professionale e la propria attività ed efficienza lavorativa per 1 persona su 4. Infatti, circa il 50% dei medici è interessato a dei corsi di formazione per imparare a saper gestire la violenza, soprattutto chi ha già avuto episodi violenti sia fisici che verbali.

I dati dell’indagine hanno fornito la base per la stesura di un Manifesto, realizzato in collaborazione con i partner del progetto (ASST Garda, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, ASST Lecco, ASST Papa Giovanni XXIII e ASST Rhodense ASST Santi Paolo e Carlo) che sintetizza le best practice e le raccomandazioni destinate a Istituzioni, ospedali, società scientifiche, mondo accademico e alle associazioni pazienti per ridurre il gender gap all’interno delle strutture ospedaliere e salvaguardare la sicurezza degli operatori sanitari. Tra le linee guida suggerite, il potenziamento dei sistemi di sicurezza e sorveglianza, la promozione di campagne informative di educazione e prevenzione, la creazione di uno sportello per la mediazione e il supporto psicologico, le attività formative per gli operatori, la garanzia di uno stipendio adeguato e condizioni di lavoro più eque e la tutela delle donne che rientrano dalla maternità. “Pregiudizi di genere e violenza sul posto di lavoro – dichiara Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda – sono le dinamiche più comuni rilevate nei 6 ospedali lombardi partner di questo importante progetto regionale che vuole offrire indicazioni e suggerimenti per superare il bias di genere in sanità sensibilizzando le Direzioni ad attivare pratiche virtuose a tutela del proprio personale. La recente approvazione da parte del Senato del disegno di legge 867 costituisce un primo importante passo in avanti per salvaguardare la sicurezza degli operatori sanitari in prima linea più che mai in questo difficile periodo storico”. Dalla survey è emerso che, anche in sanità, la differenza di genere nel mondo del lavoro è una tematica ricorrente e irrisolta. Uno degli aspetti più critici è saper conciliare famiglia e lavoro: se oltre la metà dei papà nel mondo sanitario non ha nessun timore di demansionamento a seguito della genitorialità, per le donne, medico, infermiera o comunque professioniste della salute che operano in ospedale, non si può dire lo stesso. Benché il 70% degli intervistati dichiari che il proprio sesso non li abbia penalizzati nella crescita professionale e nelle mansioni svolte, il 44% delle donne, nel momento in cui hanno deciso di avere figli, sono state assalite da ansie e paure temendo per il proprio posto di lavoro. Tornate al lavoro, a conferma di quei timori, il 40% ha ritenuto la propria situazione lavorativa mutata. Penalizzazione della crescita professionale, turni, mansioni svolte e salario, situazione percepita soltanto dal 14% dei papà.

“Ci colpiscono i dati emersi dall’indagine di Fondazione Onda – commenta Letizia Caccavale, Presidente del Consiglio per le Pari Opportunità di Regione Lombardia – in particolare rispetto a situazioni di violenza e discriminazione prevalentemente femminili soprattutto in un momento storico segnato da un’emergenza sanitaria che ha visto prime tra tutte le nostre donne, mamme, mogli e professioniste impegnare e investire la loro vita al servizio del prossimo. Ci complimentiamo per la qualità della ricerca e per la vision del progetto illustrata in maniera molto chiara nei dieci punti del Manifesto. Come consiglio per le Pari Opportunità di Regione Lombardia condividiamo specialmente la necessità urgente di valorizzare la condizione della maternità nei luoghi di lavoro, supportare con fermezza la questione della conciliazione dei tempi vita-lavoro con servizi di welfare a supporto della famiglia, lavorare per una parità contrattuale fra uomo e donna. È una questione educativa e dunque riteniamo sia bene formare e portare best pactice a testimonianza di un desiderio umano più grande. A dimostrazione del fatto che siamo sulla stessa lunghezza d’onda il nostro Consiglio ha lanciato su questi temi la seconda edizione del premio rivolto ad aziende, associazioni e sindacati Parità virtuosa: iniziative creative e sostenibili di conciliazione Vita-Lavoro in Lombardia ai tempi del Covid-19”. “Oltre a complimentarmi per la qualità della indagine voglio soprattutto sottolineare la scelta dei soggetti da indagare – conclude Francesca Zajczyk, Vicepresidente del Consiglio per le Pari Opportunità di Regione Lombardia. In un periodo nel quale del mondo della sanità si parla quasi come se fosse composta da fattorini qualche modo neutro. L’indagine ha scelto di parlare della componente femminile nella sanità e dei tanti problemi, soggettivi e oggettivi, che queste donne si trovano ad affrontare, spesso da sole e rimanendo in silenzio”.

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