Nell’anno Mille c’erano 400 milioni di persone, in epoca napoleonica erano un miliardo, nel 1927 due, nel 1960 tre; 800 anni e poi 120 anni, per raddoppiare, poi solo un mezzo secolo, malgrado l’effetto bellico, per crescere del 50%. Un altro mezzo secolo e nel 2011 c’è stato più che il raddoppio, 7 miliardi (7,5 oggi). Siamo in buona salute, anche se un terzo non ha il bagno. Ogni giorno nascono 353mila bambini, ogni minuto 255 neonati, ogni secondo 4,3 individui. Più della metà degli umani non è trentenne, i ragazzi e giovani sono 2 miliardi. L’aspettativa di vita è di 72 anni con variazioni dei 51,5 sub-sahariani, dei 79 nordamericani, degli 80 europei occidentali, degli 83 italiani (con oltre 15mila centenari), degli 84 giapponesi e dei 90 monacensi. Eppure non esistono più i paesi in via di sviluppo, trasformatisi in nazioni con speranza di vita simile ai migliori paesi. L’umanità è pervasiva. Siamo ubiqui in terra, cielo, mare, spazio come i nostri rifiuti. La presenza umana ingombra tutto di miliardi di strade, di ponti, di palazzi, di oggetti, di ricordi dei 108 miliardi di uomini vissuti sulla terra in 250mila anni.
Non siamo però i dominatori del pianeta al contrario di quanto si creda. Un branco di aringhe conta 4 miliardi di individui. I pipistrelli sono 10 miliardi, raggiunti nel numero dagli uccelli africani quelea becco-rosso. L’umanità è un sesto dei mammiferi che sono meno numerosi delle formiche. Le afidi delle piante di soia in NordAmerica sono mille tera (dove tera è mille miliardi). Tutti insieme gli uomini pesano 287 milioni di tonnellate, i piccoli crostacei il doppio, per non parlare del peso incommensurabile di termiti, funghi, formiche, microbi. Solo in ogni corpo umano ci sono 25 trilioni di batteri (più numerosi), virus, funghi (dove il trilione è un milione di miliardi o mille tera); i batteri nella pancia delle vacche sono 3 settilioni (mille miliardi di tera), incalcolabile il numero totale al mondo. La terra è delle reti sotterranee di funghi, dei pioppi immortali, delle formiche che pesano il 15% di tutti gli animali, degli altri insetti e dei microbi. Con tutta la nostra pretesa di distruzione, siamo impotenti di fronte a tali numeri e pesi, insignificanti davanti alla immortalità e invisibilità.
Si prevedeva di arrivare agli 11 miliardi nel 2100 grazie alla spettacolare riduzione della mortalità soprattutto infantile ma ci sono dei ripensamenti per il continuo calo del tasso di fecondità femminile passato da 3,2 nascite per donna del 1990, agli attuali 2,5 ed al probabile 2,2 del 2050 (The end of high fertility is near , Onu Population report 3, ottobre 2017). Il calo è in corso dal 2010 in 27 paesi, all’1%, e si allargherà nel 2050 a 55 paesi con punte del 10%. Tra un lustro più della metà della popolazione mondiale vivrà in paesi dove non si raggiunge la soglia di sostituzione (fertilità di 2,1 nascite per donna). Nel 2030 a parte una dozzina di paesi africani, tutto il mondo arriverà una fecondità di circa 2 figli, proprio perché i paesi in via di sviluppo saranno spariti come le madri di più di 5 figli. Il 67 % della popolazione mondiale vivrà in paesi senza soglia di sostituzione.9 paesi (l’India che nel 2027 diverrà il paese più popoloso, Nigeria, Pakistan, Congo, Etiopia, Tanzania, Indonesia, Egitto e Usa) cresceranno ancora per 30 anni mentre il 25% della popolazione dell’Europa e del Nord America avrà più di 65 anni.
In Italia (Istat 2020) è previsto un range ampio nel 2065 di riduzione tra 46,4 e 62 milioni rispetto al 2017 (60,6 milioni), quindi un calo tra 1,6 e 14 milioni. . Il saldo migratorio tra italiani emigrati e stranieri immigrati darà 2,6 milioni di residenti in più. Per il 2045 verrà perso un milione di abitanti. Sicuro l’invecchiamento della popolazione per il passaggio dei boomers (1961-76) alla tarda età attiva e senile. Il picco sarà il 34% di ultra65enni riscontrato tra 2045 e ‘50. Stabile l’età media della popolazione sui 50 anni. La vita media crescerà fino 86,1 anni per gli uomini e 90,2 anni per le donne. Una buona vita; 2 milioni e 137mila di ultraottantenni dichiara risorse economiche ottime; solo uno su quattro dichiara di stare male. ll saldo nati morti raggiungerà quota -200 mila, per poi precipitare a -300 e -400 mila nel medio e lungo termine. L’Italia è un paese a permanente bassa fecondità, oggi di 1,29 figli per donna; nel 2065 salirà a a 1,59 ma evidentemente non basterà al desiderio del 46% delle coppie di avere due figli. Quest’anno e l’anno prossimo ci saranno meno 10mila nati. Tra 2010 e 2017 il 24% delle gravidanze è stato in Italia a procreazione medicalmente assistita cui ha fatto ricorso un più 12% delle donne. L’Italia è tra i venti paesi la cui popolazione sta già diminuendo (Giappone, Corea, Spagna, e gran parte dell’Europa orientale) che nel 2050 saranno oltre trentacinque.
Probabilmente ci fermeremo ai 9 miliardi. Il rischio demografico dell’Occidente per cui oggi ci preoccupiamo diverrà un tratto globale generale. La popolazione cinese comincerà a calare entro pochi anni, come Brasile, Indonesia e India. In Africa l’attuale sfrenato baby boom africano finirà prima del previsto. Al contrario delle previsioni Onu la popolazione planetaria inizierà a ridursi dopo i nove miliardi del 2040-60.
Ciò che aveva permesso l’andate e moltiplicatevi (medicina, alimentazione ed anche educazione) si fermerà avanti alla minore fecondità nella transizione demografica della riduzione della popolazione. Un indirizzo complesso ed inconscio, agevolato dalle decisioni prese dal settore tecnologico nella stasi delle autorità politiche e morali, interiorizzato dai giovani. Chi nasce domani vivrà in un mondo meno pericoloso, più sano, istruito, ecologico ma vincolato al sostegno per i vecchi, con poche opportunità anche solo di mantenere il livello di vita dei genitori, con l’impossibilità di aumentare il numero di figli per coppia, malgrado gli incentivi offerti, con la drastica diminuzione delle scuole per il calo dei bimbi, e dei posti di lavoro per la robotizzazione di fronte a grandissimi monopoli, a Stati senza indipendenza reale e poche decine di persone (oggi 50 dodici in meno di un lustro fa) con la stessa ricchezza di 3,6 miliardi di persone, metà più povera del mondo. Come canta il gruppo portoghese Deolinda, Che stupida sono, ho anche studiato per essere una schiava non pagata. Questo pericoloso panorama weimariano trova una soluzione nella riduzione demografica, nella minore concorrenza tra persone in un contesto di minori disponibilità. Per questo i canadesi Darrell Bricker e John Ibbitson (Pianeta vuoto. Siamo troppi o troppo pochi? 2020) sbagliano nel sostenere che la soluzione al declino demografico sia l’immigrazione. Gli autori portano l’esempio del Canada che da decenni accoglie più di qualsiasi altro grande Paese, senza ghettizzazioni, tensioni etniche e feroci dibattiti. Il paese di 38 milioni di abitanti, amatissimo dagli slavi, accoglie ogni anno duecentomila immigrati puntando però con un sistema a punti ai lavoratori più qualificati, ultimamente provenienti dagli Usa. Il multiculturalismo vantato è molto relativo.
Gli stessi Bricker ed Ibbitson ricordano l’idea nazionale forte dei coreani, svedesi, francesi e cileni, cui si sono aggiunti inglesi e americani. L’Occidente ha già provato una vasta immigrazione, con il fallimento dell’integrazione assoluta e la non disponibilità a concedere l’autonomia formale etnica agli immigrati. Uno stallo che è parte dell’angoscia weimariana delle giovani generazioni che ha come soluzione proprio la riduzione di popolazione, che seguirà la stessa rapidità esponenziale avutasi nella crescita. In un secolo saremo 6 miliardi, meno di ora. La riduzione sarà resa possibile da soluzioni tecnologiche di trasformazione della quotidianità. Non dovremo aspettare 30 o 40 anni per percepire gli effetti del calo demografico. Possiamo già osservarli nei Paesi sviluppati, dove le economie stentano a crescere dal momento che i giovani diminuiscono, rendendo più difficile finanziare i servizi sociali. Possiamo osservarli in ogni famiglia i cui figli vanno a vivere da soli più tardi perché non hanno intenzione di fare un figlio prima dei 30 anni. E possiamo osservarli nelle acque tumultuose del Mediterraneo, da cui i migranti … premono sulle frontiere d’Europa…alcuni Paesi dovranno fare i conti con l’invecchiamento della popolazione, altri saranno ancora in grado di mantenerla stabile. L’imminente declino avvantaggerà solo gli Stati Uniti mentre la Cina resterà frustrata alle prese con le ricadute della disastrosa politica del figlio unico.
La continua immigrazione al contrario provocherà il combinato disposto di pericolosa frustrazione giovanile senza sbocchi con la non integrazione degli immigrati scontenti. I possibili benefici del calo della popolazione verrebbero meno senza che venisse meno la robotizzazione del lavoro e le scelte non biologiche sostitutive della fecondità tradizionale. Ora che i paesi in via di sviluppo non solo più tali, la riduzione del numero umano non è grave, al di là della retorica del minore uso di cibo, energia, suolo abitabile. E’ la soluzione, prima degli scontri tra i destini inaccertabili degli autoctoni e le attese insoddisfabili dei nuovi arrivati. E’ l’obbligata scelta collettiva dato il contesto ed il suo sviluppo.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.