Parla Stefano Bruno Galli, assessore regionale alla Cultura, in una lunga intervista a “La Verità” «Ho salvato per due volte il Piccolo ma il direttore lo ha deciso Sala. Due anni fa ho salvato il Piccolo, Sala per ringraziarmi ha deciso di forzare la mano in consiglio di amministrazione, estromettendo la Regione e così imponendo un suo candidato…».
Chi non avesse ancora intuito l’autoritarismo e il decisionismo opportunistico di Sala, è servito. Questo è il racconto, nelle parti più significative, Galli ricorda il metodo con cui si è arrivati alla designazione del Direttore del Piccolo. Galli ricorda «Sala mi chiama perché voleva vedermi con urgenza. Mi disse che servivano subito 400.000 euro per salvare il Piccolo Teatro. L’anno successivo la stessa scena. C’era il pericolo che il bilancio del teatro finisse in rosso per 2 anni di fila, con il conseguente commissariamento e la perdita della qualifica di teatro d’Europa». Galli si mette subito in moto. «Per di più quelli erano soldi che dovevano arrivare dalla Città metropolitana e che quindi lo stesso Sala non aveva stanziati”. Riconoscenza promessa? Parole «Bisogna smontare la narrazione che la Regione abbia continuamente fatto saltare il cda. È accaduto solo due volte. A giugno la Regione propone di ricorrere all’evidenza pubblica per trovare il nuovo direttore. Ma il presidente Salvatore Carrubba si avvale del voto doppio per approvare la chiamata diretta. Il bando sarebbe stato senza dubbio il metodo migliore. Anche perché non vedo un erede di Strehler in giro per la città…».
Secondo Galli, continua La Verità, è stata quella mossa di Carrubba, fatta su input dello stesso Sala, a politicizzare tutta la partita del Piccolo Teatro. Trascorre l’estate e a settembre ci si rimette al tavolo delle trattative. Il Comune e il ministero sostengono Longhi, che ha snobbato la chiamata a luglio. «Era poco dignitoso per il Piccolo, uno dei più prestigiosi teatri stabili d’Europa, supplicare Longhi di venire a Milano». Galli racconta: «L’ultima volta che ho parlato con Sala, all’inizio del mese scorso, gli avevo dichiarato la nostra disponibilità a ragionare insieme sul nome di Umberto Angelini del Teatro Grande di Brescia, persona molto vicina al sindaco». Ma Sala interrompe le comunicazioni. Dopo essersi consultato con il ministro, decide di cooptare due consiglieri, Lorenzo Ornaghi e Minima Guastoni, per imporre alla Regione il nome di Longhi. «Una violenza istituzionale inaccettabile», aggiunge l’assessore lombardo. «Sala mi aveva detto che, rispetto al nome di Angelini, mi avrebbe fatto sapere. Sto ancora aspettando…». Prosegue Galli «La cosa che mi ha lasciato molto perplesso è la mancata riflessione sulle scelte, anche economiche, che bisognerà prendere in futuro., Nessuno ragiona su come dovrà essere il teatro nei prossimi anni».