Sono 110mila i posti di lavoro persi in Lombardia nei primi 6 mesi dell’anno a causa dell’effetto Covid-19. Lo afferma la Cisl regionale, secondo la quale si tratta di una «diminuzione rilevante, che non si verificava dalla crisi del 2009». La particolarità è che «interessa esclusivamente i lavoratori con contratto flessibile, a tempo determinato, in particolare del settore del commercio e dei servizi. È quanto emerge da una ricerca condotta per conto della Cisl, sulla base dei dati Istat e Unioncamere, e presentata ieri mattina nel corso dell’esecutivo del sindacato, riunito a Castelnuovo del Garda (Brescia). Secondo Elio Montanari, il ricercatore incaricato dalla Cisl, «dopo la sostanziale stabilità registrata nel primo trimestre 2020, nel periodo compreso tra aprile e giugno il pieno dispiegarsi degli effetti dell’emergenza sanitaria ha determinato un significativo calo del numero di occupati, pari al 2,4%». Una diminuzione «rilevante», a suo dire che è stata mitigata dal blocco dei licenziamenti e dall’esplosione della cassa integrazione. «Solo a inizio 2021 indica si potrà avere un’idea più chiara dell’impatto del Covid-19 sul mercato del lavoro e sull’economia lombarda». A sollevare preoccupazioni è anche il calo delle imprese lombarde: a fine giugno 2020, confrontato con l’anno precedente, il numero di imprese attive in Lombardia è calato di circa 5 mila unità dopo quattro anni di debole espansione. «Rispetto alla situazione nazionale spiega Montanari dove la variazione delle imprese attive si ferma al -0,2%, si evidenzia un maggiore deterioramento della situazione imprenditoriale in Lombardia per il più prolungato impatto della crisi nella regione». Una situazione che, secondo il segretario generale della Cisl lombarda, Ugo Duci, «impone al Governo e alla Regione di utilizzare al meglio le risorse già oggi disponibili e quelle che saranno messe a disposizione dall’Europa e dal Mes». Secondo il sindacalista «vanno sostenute le imprese che innovano e investono in lavoro stabile ed è necessario rilanciare con forzale politiche attive per accompagnare i lavoratori, soprattutto quelli meno qualificati, in un mercato del lavoro che non sarà più quello che abbiamo conosciuto». Tutto questo, conclude Duci, sarà più efficace se «sarà realizzato, a Roma come a Milano, un costante confronto con le organizzazioni datoriali e sindacali». (Avvenire)
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