Dedicata a Massimo Galli che non vede morti per strada, ma anche la disperazione e la fame potrebbero essere motivo di decesso. Senza cinismo e un occhio di rispetto si valuti la marea di lavoratori che sono in grave difficoltà già con la morte nel cuore. Il Corriere della Sera è andato a intervistarle.
Giuseppe Tonon, nel suo locale: “Io ero qui seduto, stavo pensando un po’ disperato che i nostri figli giravano senza far niente perché è saltato tutto e che c’erano dei ragazzi che avevano paura di perdere il lavoro. Quando devi stare a regole imposte da altri sei disorientato, non vedevo un futuro in quel momento”. Giuseppe Tonon è “celebre” dopo una foto diventata virale della figlia che lo ritrae sconsolato davanti alla sua attività. E’ un settantenne veneto che è titolare di un ristorante-gelateria in un piccolo paesino in provincia di Treviso. “Il nostro esercizio è basato soprattutto sul lavoro serale tranne il sabato e la domenica, siamo famosi per i gelati e quindi apriremo la gelateria solo nel fine settimana per far vedere che siamo ancora vivi, non ci sentiamo di chiudere del tutto le porte” E riflette ancora “Non hanno fatto differenziazioni: ci sono locali che lavorano di giorno ma noi che lavoriamo soprattutto la sera una volta che chiudiamo alle 18 che cosa facciamo? Questo fatto di non differenziare è un errore enorme. Siamo impauriti anche noi dal coronavirus e sappiamo di dover rispettare le regole, però qua veramente rischiamo di morire di fame se continuiamo così. In 50 anni di lavoro ho vissuto tanti momenti duri, ma così difficile mai perché sono gli altri che decidono per me e magari non hanno neanche la competenza per farlo”.
Quanti sono i Tonon in Italia? Questa testimonianza è dedicata soprattutto a Conte.
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