Se la città metropolitana di Milano diventerà zona rossa dal 5 novembre al 3 dicembre, secondo una stima dell’ Ufficio Studi Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza si perderanno oltre 1,7 miliardi di euro, più esattamente 1,727 miliardi, ovvero un «9% di fatturato annuo di perdita per la chiusura di esercizi commerciali e di somministrazione». Una perdita in un’area in cui si trovano 295.529 le imprese del terziario per un totale di 1.734.380 addetti; di questi sono 49.059 i negozi, i bar e i ristoranti coinvolti nella chiusura con ipotesi zona rossa. Le nuove restrizioni anticovid «impatteranno in maniera devastante su interi comparti del terziario, sul commercio, sulla ristorazione, sulle attività del turismo della Lombardia. Regione che, ricordiamo, produce oltre il 20% del Pil nazionale»: Confcommercio Lombardia parla di uno «scenario da vero disastro economico» che potrebbe colpire con le chiusure «quasi 60 mila imprese di commercio al dettaglio» che si aggiungono alle «oltre 55 mila imprese della ristorazione, dell’alloggio, dei servizi» che già hanno limitazioni. «A preoccupare rileva Confcommercio Lombardia è la mancanza di visione e coordinamento a livello centrale: restiamo convinti che le anticipazioni indiscriminate sui nuovi provvedimenti abbiano avuto e abbiano tuttora il solo effetto di generare, da una parte, rabbia e smarrimento tra gli imprenditori e dall’altra disorientamento e mancanza di fiducia tra i consumatori. Il risultato? Anche chi poteva restare aperto in queste settimane ha lavorato pochissimo». Tutti i settori colpiti hanno bisogno di interventi di sostegno immediati, ma i ristori previsti, è l’accusa di Confcomercio, non sono sufficienti: bisogna prevedere un ulteriore sforzo economico e andare oltre a quello che è stato fatto, soprattutto nei territori colpiti dalle misure più restrittive. «Gli imprenditori continua Confcommercio non sono rassegnati, ma hanno bisogno di traguardi e obiettivi. Il periodo che ci aspetta è cruciale, se non ci attrezziamo rischiamo di bruciare i consumi del Natale, e non possiamo permettercelo» (Avvenire)
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