“I nostri pescatori non sono dei criminali e non devono essere considerati come chi è stato condannato a trent’anni per traffico di esseri umani”. A dirlo è il Segretario generale della Confsal pesca Bruno Mariani dopo l’intervista rilasciata al Corriere della Sera da Ahmed Maitig, vicepresidente del Consiglio presidenziale a Tripoli.
“Il Governo, come la nostra federazione o qualunque connazionale, condividerà sicuramente la scelta di utilizzare qualsiasi mezzo a disposizione delle nostre Autorità per arrivare alla liberazione dei pescatori, ma vorremmo ricordare come l’Italia – continua Mariani – sia vittima di un ricatto. I nostri armatori, in mare per lavoro, non hanno commesso alcun reato ed adesso si ritrovano ad essere merce di scambio di una trattativa che li equipara a persone condannate a trent’anni per traffico di esseri umani”.
“Quanto al governo italiano, vorremmo capire se una volta liberati i nostri connazionali, come tutti ci auguriamo, chi lavora quotidianamente in mare debba uscire con la paura che la propria Marina Militare non faccia il proprio dovere e con il terrore di essere sequestrati da chi non rispetta gli accordi internazionali sui confini di pesca. Se non sarà più possibile pescare a sud della Sicilia, il governo nazionale dovrà pensare a come sostenere, con degli aiuti di Stato, i tanti lavoratori del comparto della pesca che dopo una vita di investimenti e sacrifici non potranno più monetizzare la loro pesca in una zona geografica che, in qualche modo, gli apparteneva”.
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