Marcello Pera “Io cittadino ti do la mia libertà e tu Stato mi salvi. Si commercia con l’anima».

Attualità

Marcello Pera Presidente del Senato dal 2001 al 2006, filosofo, autore di un saggi sull’Occidente, il liberalismo e la modernità del cristianesimo al quale si è avvicinato anche grazie al rapporto con Benedetto XVI, da qualche tempo ha ritrovato nuova visibilità.  Intervistato da Maurizio Caverzan su La Verità ha ampiamente illustrato la sua visione della politica attuale. Riportiamo le risposte più incisive

– Che cos’ha pensato vedendo l’ultimo rapporto Censis nel quale si dice che circa il 58% degli italiani è disposto a cedere quote di libertà in nome della salute collettiva?

«Ho pensato alla battuta di Boris Johnson che fece arrabbiare il presidente Sergio Mattarella. Johnson disse che gli inglesi amano la liberta più degli italiani, che prediligono la sicurezza. Penso avesse ragione. Il rapporto Censis lo quantifica. Diciamo che noi amiamo la libertà guidata». Diagnosi infausta.

«Gli italiani sono propensi a rivolgersi allo Stato affinché li conduca per mano da qualche parte. È istintivo chiedere alla mamma Stato o al babbo Stato: aiutaci tu. Se le cose vanno male, la colpa è sua. Siamo sempre in attesa delle direttive dei dpcm, che nella loro frequenza scandalizzano sempre meno. È un altro elemento che mi fa essere molto pessimista: desideriamo uno Stato paternalistico, che oggi abbiamo».

 Siamo un popolo bambino?

«Che non vuole prendersi responsabilità per agire in prima persona e preferisce essere condotto. A tanti anni dal dopoguerra è un comportamento che mi spaventa».

Perché?

«Perché è uno scambio comodo. Io cittadino ti do la mia libertà e tu Stato mi salvi. Si commercia con l’anima». L’infantilismo si sposa con l’assistenzialismo e il moralismo dei partiti di sinistra?

 «Non è infantilismo, ma un atto cosciente e deliberato perché se ne trae un vantaggio». È un atteggiamento che giustifica lo Stato etico. «Si sposa con la cultura della sinistra, ma anche con quella cattolica come viene vissuta nel presente. Il cattocomunismo pesca nell’animo italiano». È ancora vivo e vegeto? «Mio Dio, sì. La classe dirigente del Pd è notevolmente cattocomunista». Secondo il Censis il 77% degli italiani vuole pene severissime per chi non indossa la mascherina. «È quello che dicevo: prima di tutto la salute, la famiglia, la propria sicurezza. Viviamo nella paura che qualcuno ci infetti». Un altro dato è che la pandemia ha allargato la forbice tra lavoratori che hanno la certezza del reddito e chi ha introiti precari. «La divisione tra tutelati e precari c’era già prima, ma ora si è acuita. Coloro che fanno lo smartworking nella Pa, più smart che working, hanno una via d’uscita che gli altri non hanno. Come se ne esce? Ci vorrà la ripresa economica, un nuovo miracolo italiano. Non sono ottimista».

……Qual è il suo giudizio sulla retromarcia del M5s?

«La possibilità di spendere i soldi per le proprie clientele stando in Parlamento sovrarappresentati e con l’opportunità di eleggere il presidente della Repubblica ha convinto i 5 stelle a trangugiare il rospo indigesto….Renzi recita la parte del guascone che ben gli riesce. Pd e M5s sono stanchi di Conte che, penso, in gennaio cadrà, sostituito da qualcun altro».

Un Conte 3 è impensabile?

«Direi di sì. Troveranno un nome gradito a Di Maio e Zingaretti…. Serve una figura meno aggressiva e più accomodante per ricompattare M5s e Pd

……..Conte sta governando con i dpcm, i sussidi e le task force: si poteva fare diversamente?

«Avrebbe potuto se fosse stato un uomo politico, espressione di una propria forza coesa. Inoltre, si è presto invaghito del gioco, ma devo dire che è stato abile…Ora è in difficoltà, ma per un certo tempo è riuscito a gestirlo. Per essere un premier raccolto tra i passanti ha mostrato talento e comincia a fare paura perché dispone di una quota di consenso. Minacciando una lista propria può negoziare sul futuro, non sarà facile disarcionarlo. Per questo occorrerà Renzi al suo peggio: anche questo gli riesce bene».

……. È ancora l’uomo che sussurra a Salvini?

«Ci ho parlato qualche volta, ma non sono uno che sussurra. Se ne avessi l’occasione segnalerei i problemi che le ho enunciato. Nel 2001 il lavoro del centrodestra fu agevolato dal fatto che c’era una leadership forte. Adesso non c’è e prevale la competizione, anche sorda, sull’unità. Questo non lo sussurro, ma lo dico a voce alta, Si finirà per scegliere chi ha più voti. Lei ricorderà Ugo La Malfa: voti ne aveva pochissimi, ma era un leader».

Servirebbe qualcuno in grado di amalgamare le diverse anime? «Con due o tre idee che si concretizzino in un programma sul quale concordino tutti». Ci vorrebbe una certa maturità.

“E l’aiuto di Dio”

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