Incredibile che tutti i giornali si bevano la “narrazione” di Re Biden e di Capitol Hill “santuario della democrazia” quando ci sono quattro vittime (ricordate Carlo Giuliani?)
Guardate questo video. Insieme a Ashli Babbitt, 34 anni, veterana di guerra, ci sono stati quattro morti tra i manifestanti davanti a Capitol Hill. Ma tutti zitti. Si declinano le loro generalità. Un po’ di colore. Chiusa lì. Se non ci fosse quel video sul brutale assassinio di Ashli, forse neanche si saprebbe di queste povere vittime. Un affaruccio ai margini della grande, grandissima epica narrazione intorno a Capitol Hill. “Il santuario della democrazia”.
Vi ricordate cosa successe quando la protesta di migliaia di manifestanti contro un “santuario della democrazia” – otto capi di Stato riuniti a Genova – finì con il disastro di Genova, vent’anni di processi contro la polizia, risarcimenti milionari e una piazza dedicata a Carlo Giuliani, il giovane che voleva spaccare con l’estintore la testa a un carabiniere che stava dentro la camionetta? Quale che fosse il “santuario della democrazia”, il giornalismo si ricordò che il primo “santuario” è la vita umana, non rimase indifferente e non si accontentò della “narrazione” dei potenti.
Rispondo adesso alla sollecitazione di amici con cui ci siamo scambiati messaggi durante le concitate vicende del cosiddetto “assedio” a Capitol Hill. Ecco, scrivevo, con la Cnn a guidare le danze, stanno già cavalcando la “narrazione”. E tanto peggio per i fatti per i quali il giornalismo esiste quale guardiano, al pari di storici e poeti (Arendt). Non ce la facciamo a scrivere adesso – dicevo 48 ore fa –, l’hanno già messa in conto alla rovescia per la favola che deve dare bagliore e fuoco artificiale all’investitura ufficiale del pallido Joe Biden.
Intanto però, quel che si vede dalle immagini, si ascolta dalle cronache e non si capisce è:
- Quale legge e regola del “santuario della democrazia” autorizza uno Zuckerberg qualsiasi a bannare e buttare fuori dai social un cittadino qualsiasi, tanto più Donald Trump, presidente uscente, ma in carica, fino a che non arriverà Joe Biden, presidente eletto, subentrante ma non ancora incardinato?
- Quale “santuario della democrazia” autorizza Biden, davanti a quattro manifestanti appena ammazzati, a proclamare «inaccettabile che la polizia abbia trattato Black Lives Matter differentemente da come ha trattato i supporter di Trump»? Pazzesco. I Black Lives Matter hanno saccheggiato città, ucciso poliziotti, poliziotti si sono inginocchiati in mezzo a loro, violenti, saccheggiatori e assassini di supporter di Trump, e adesso, con quattro morti tra i sostenitori di Trump, Biden ha pure il coraggio di dire che la polizia è stata “troppo cattiva” là e “troppo buona” qua? E i media dicono niente? E si fanno ripetitori pedissequi di una insolente menzogna? Totalmente indifferenti al fatto – al fatto! – di quattro manifestanti uccisi?
- Davanti a quattro morti assassinati, di cui due giovani donne, l’ottantenne speaker della Camera Nancy Pelosi è già a chiedere l’impeachment e la cacciata di Trump prima del 20 gennaio: sarà forse lei che ha chiamato a rapporto il ragazzino miliardario che comanda Facebook?
- La stampa italiana prende appunti e traduce la narrazione della Cnn. È giornalismo?
Passano le ore. E così adesso rispondo anche a un illustre direttore e amico cattolico che invece delle favole danesi si aspettava per ieri «un tuo pensiero sulla fine ingloriosa di mr Trump». Il mio pensiero è questo. Oltre alla fine ingloriosa di Trump, che è un’opinione, il giornalismo aveva il dovere di raccontarci i fatti e le responsabilità di ciascun attore in questi fatti.
Cosa è successo l’altra sera davanti a Capitol Hill? I tweet di Trump, ok: ma il sindaco, il governatore, il capo della polizia (che secondo la Cnn ieri sera si sarebbe dimesso), tutti costoro del Partito democratico che comandano a Washington, dov’erano?
I fatti. I manifestanti pro Trump sono entrati in Parlamento. Ok. Hanno bloccato i lavori per qualche ora. Ok. Hanno rotto dei vetri e non hanno fatto male a nessuno. Ok. Questo è il video dei seguaci di Trump nella “sala delle statue” del Campidoglio. Quello che stanno chiamando “santuario”. Come si può notare, sono più ordinati di una scolaresca.
Però dov’era la polizia e chi, come e perché le hanno ammazzate quelle quattro persone? Questi “ammazzati” non ci vengono raccontati. Mentre ci raccontano la simbologia della violazione del “santuario della democrazia”. Cos’e un “santuario della democrazia” se non la vita umana?
Adesso cercate le responsabilità. Mentre di tre dei quattro manifestanti assassinati – poiché di questo si tratta fino a prova contraria, visto come è stata uccisa Ashli Babbitt – si continua a non sapere e a non scrivere nulla se non i nomi (insieme a due uomini di mezza età c’ è un’altra giovane donna, Risanne Boylan, 34 anni), ieri abbiamo capito che per una volta è importante anche la vita di un uomo in divisa. Così, permanendo il tacere sui quattro morti e permanendo la menzogna patente che la polizia è stata “troppo buona”, grande enfasi è stata data alla notizia della quinta vittima, il poliziotto Brian D. Sicknick. Che però non è stato assassinato come gli altri davanti a Capitol Hill, ma è morto – dicono – –per un collasso la mattina dopo gli scontri. Collasso che le autorità del nuovo corso americano attribuiscono «agli scontri con i contestatori».
Permettete, mi sembra lecito il sospetto che si siano accorti che la “narrazione” potrebbe non funzionare troppo a lungo. Devono portare in piazza anche la morte di un poliziotto per giustificare una disinformazione bestiale e prendere il tempo necessario per una ricostruzione fattuale politicamente corretta. Invece il giornalismo doveva essere lì a raccontare. Non con romanzi obamiani. Ma con la cronaca, fatti e relative domande intorno ai fatti e protagonisti.
Per esempio: se Biden ha detto quel che ha detto sulla polizia e se invece di abbattere le statue e saccheggiare e incendiare come fanno i Black Lives Matter stimati da Biden, questi di Trump hanno fatto videoselfie e un sacco di colore di sciamani e di bandiere, come la metti con il tremendo video dell’assassinio a freddo di Ashli?
Chi dovrebbe fare giornalismo, avrebbe dovuto rendersi e rendere ragione di fatti, tipo:
- Contestatori davanti al Congresso. Chi li ha fatti entrare e perché? Siamo a Washington, un posto dove Biden ha preso quasi il 90 per cento dei voti, il sindaco è un democratico, il capo della polizia è nominato dal sindaco. Vogliamo dire che alla polizia è stato ordinato da Trump di lasciar passare i manifestanti? Dimostriamolo. E allora però devi dimostrare come sia stato possibile che un poliziotto abbia voluto resistere e scontrarsi con i manifestanti fino a morire il giorno dopo di collasso. Altrimenti, fino a prova contraria, la polizia di Washington risponde al capo della polizia e al sindaco democratico di Washington.
- Vogliamo confrontare i filmati di una manifestazione qualsiasi dei Black Lives Matter e di questi che entrano a Capitol Hill e vengono sparati a sangue freddo?
- Certo, anche rompere un vetro è violenza. Non c’è dubbio. Così come non c’è dubbio sulla irresponsabilità di Trump (detto per inciso: ma perché Trump ha insistito a fare il bulletto quando lui stesso, durante la corsa contro Hillary Clinton, mise in guardia dal sistema democratico di “grandi bulli” che si stava apprestando ad affrontare?).
- Raccontateci cosa ha fatto questa folla che ha occupato un edificio e perfino l’ufficio di Nancy Pelosi. Ah! Ha violato “il santuario della democrazia”. Il santuario è la vita umana. La vita di tutta la gente. È vero o non è vero che per dare addosso a Donald Trump – che, ripeto, ha sue responsabilità – la cronaca giornalistica ha mostrato una indifferenza sfrontata a riguardo del santuario delle persone? È vero o non è vero che nessuno ha fatto notare l’uso assolutamente sproporzionato della forza (quarto ammazzati!) e addirittura tutti si sono allineati sulla dichiarazione di Biden a proposito di “polizia troppo buona con i manifestanti di Trump”?
Non voglio dare una lezione di giornalismo. Voglio solo far notare che se giornalismo è stare di guardia ai fatti con onestà e la maggior accuratezza possibile, nel caso “santuario” abbiamo visto di nuovo all’opera la famosa “narrazione” che c’entra con i fatti nella misura in cui offre dei fatti la versione dettata dalla legge del più forte. E questo non è da giornalisti. È da impiegatucci del potere.
Negli Stati Uniti l’arroganza obamiana e di Black Lives Matter è andata troppo avanti per non generare un sistema di sacerdoti affabulatori del potere e perciò una società in cui oramai ci si guarda in cagnesco, gli uni considerano gli altri un nemico, la pace in nome della pace porterà ancora solo guai. Giacché c’è un problema quando un pensiero unico viene imposto con ipocrisia e con forze sacerdotali dispiegate che non ti danno la possibilità di replica. Perché tutto, dai media della strada alla cultura ufficiale, dal New York Times all’ultima scuola di un ghetto cattolico, parlano la stessa lingua ideologica e biforcuta. Quando è insopportabile – diceva uno slogan del maggio ’68 parigino – «non si sopporta più».
Ora, se negli Stati Uniti la manfrina democrat è perfino comprensibile, visto il livello di esasperazione e divisione in cui la dittatura dei buoni ha portato il paese, noi italiani ed europei dovremmo imparare qualcosa dal nostro gusto e tradizione critica. Perché se in America i “buoni” possono imporre tutto dalle loro altezze al popolino in basso (dall’abolizione di mamma e papà all’infanticidio dell’aborto al nono mese, dallo Stato islamico finanziato da Obama – così dicono non i complottisti ma i talebani afghani – alle primavere arabe sponsorizzate da Twitter per fare festa di multinazionale social col sangue delle centinaia di migliaia di giovani arabi che hanno creduto che con l’uccellino portavi a casa la sconfitta dei tiranni), ecco noi non siamo l’America. Non siamo ancora del tutto dentro una esasperante e violenta follia ideologica. Dunque, perché farci trascinare come degli schiavi alla festa di palazzo per l’intronizzazione di sua maestà Joe Biden con tanto di testa mozzata di Donald Trump?
Sarebbe bello il giornalismo. Non da ascari, paggetti ed efebi danzanti intorno al nuovo inquilino della Casa Bianca. Brandenti le lance con in cima la testa del puzzone. Mentre nel “santuario della democrazia” la gente viene ammazzata con pallottole buone, seppellita sotto la terra buona e nel silenzio dei democratici buoni. Ebbene, non è vero che la vita di Ashli Babbitt appesa come un gattino alla porta del “santuario” valesse meno di quella del ragazzo con l’estintore in mano appeso a una camionetta dei carabinieri. Sfrontata indifferenza. Fortissimi con i deboli. Servilissimi con i forti. Tristezza infinita del giornalismo dei già morti.
Luigi Amicone (Tempi)
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Allora, basta cercare e si trova tutto.
https://6abc.com/benjamin-phillips-4-dead-at-us-capitol-ashli-babbit-shot-woman/9448265/
https://www.today.it/mondo/kevin-greeson-taser.html
Stabilito che i quattro manifestanti morti sono due maschi 50enni bolsi con problemi cardiaci, deceduti per infarto, una 34enne obesa, deceduta per schiacciamento, più la 35enne morta sparata. A cui si aggiunge l’agente ferito negli scontri e morto anche lui di infarto in ufficio. Si nota dalle molte immagini che nessuno degli estemporanei occupanti fosse armato o abbia esibito delle armi. Neppure una fionda, benchè essi si facciano spesso ritrarre in privato con letali armi automatiche. I mitra sono rimaste a casa o, al massimo, in macchina. Se così non fosse stato vi immaginate la carneficina?
Ora chiediamoci, come mai le varie polizia di Washington non li hanno bloccati prima? E’ lecito pensare vi fosse qualche tipo di accordo preventivo: noi non spariamo voi fatevi da parte? La storia ce lo dirà. Forse.
Quello che invece eccita è lo sfregio dei santissimi santuari del corrotto potere americano, già ampiamenti descritti in House of Cards. Il popolo bue si erge a giudice dei suoi rappresentanti eletti e li caccia dal tempio per ignominia. Passeggia beato e beota per i marmorei corridoi, infanga le sacre scrivanie ed urina sui muri. Hei Pelosi, siamo venuti, abbiamo visto e abbiamo desacralizzato quella infinita finzione ammantata di buone narrazioni che chiamate democrazia.
Una messa in scena, una sciarada finita con una pallottola di troppo, tutto fuorchè imprevedibile. Questa è l’America, una trasmutazione della commedia hollywoodiana di Robert Altman nella realtà odierna, indigeribile ai democrat radical chic.