Nuove domande per la democrazia
La democrazia in cui viviamo sta cambiando sotto i nostri occhi. Sta prendendo sempre di più la forma di un assetto politico caratterizzato da maggiore controllo pubblico sui cittadini, dal cambiamento del ruolo dello Stato in economia, a costo di più alto debito e probabile inflazione, dall’aumento dell’attenzione verso settori specifici del welfare, quali sanità e assistenza sociale, necessari ma anche difficili da tenere nel tempo per la limitata crescita, in parte risultato dei condizionamenti di un’economia post-occidentale.
Non basta, però, chiedersi come cambieranno le nostre democrazie per effetto della pandemia. È anche importante chiedersi come sono cambiate le domande dei cittadini, ovvero che cosa i cittadini stanno chiedendo e chiederanno alle istituzioni democratiche dopo la pandemia.
Rispondere a questa domanda è rilevante in sé, ma alla fine è anche importante per intravedere le politiche che autorità elette e leader partitici vorranno realizzare. Infatti, sulla base di ricerche condotte in passato, sappiamo che nel medio termine i leader tendono ad adeguarsi alle domande dei cittadini, e spesso a sfruttarle per avere un maggiore successo elettorale.
Richiesta di una democrazia sociale
All’uscita dalla Grande Recessione, nel 2013, i dati di un ampio sondaggio condotto in Europa dall’European Social Survey mostrano che, grosso modo, gli europei hanno tre concezioni di democrazia che di frequente convivono nello stesso paese, in percentuali diverse.
Una prima nozione privilegia i diritti civili in senso ampio. Una seconda mette l’accento sui diritti sociali e una maggiore eguaglianza. Una terza considera le diverse forme di partecipazione e democrazia diretta quelle che meglio realizzano l’ideale democratico. Secondo quel sondaggio, la prima nozione era prevalente nei paesi dell’Europa settentrionale, Regno Unito compreso. La seconda nell’Europa meridionale e in alcuni paesi dell’Est. La terza, costantemente minoritaria rispetto alle altre, era diffusa in diversi paesi senza potere indicare un’area precisa.
Altri sondaggi, precedenti e successivi, hanno mostrato che le preferenze dei cittadini per una delle diverse forme di democrazie non solo non sono stabili, ma cambiano soprattutto rispetto alla situazione economica e culturale contingente.
Così, per esempio, nei paesi che avevano sofferto di più per la Grande Recessione, come la Spagna e l’Italia, la preferenza per una democrazia garante dei diritti sociali e maggiormente rispettosa dell’eguaglianza era cresciuta rispetto ad anni precedenti in assenza o quasi di crisi economica.
Se consideriamo attendibili questi dati, è ovvio supporre che con la pandemia la richiesta di una democrazia sociale sia nettamente aumentata in tutta Europa, magari anche nei paesi i cui cittadini la davano per scontata e sostenevano il primato dei diritti civili.
Disillusione nei confronti del populismo
Se diamo, poi, per ammesso che i leader partitici seguiranno queste domande di assistenza sanitaria e protezione sociale più efficace, l’ovvia conseguenza è l’approfondimento dei conflitti sulla distribuzione dei diritti sociali tra le diverse categorie.
A questo punto ci si troverà di fronte a due possibilità: scegliere di soddisfare uno o più gruppi sociali invece di altri, oppure cercare di soddisfare tutti. La seconda soluzione, più probabile, comporterà un aumento inevitabile delle spese e, in conseguenza, del debito. Nel giro di qualche anno occorrerà fare i conti con la sua sostenibilità e le conseguenti necessità di rientro dai debiti con un’ulteriore accentuazione della polarizzazione e dell’insoddisfazione dei cittadini.
Vi è una via d’uscita per evitare questa situazione? Per quanto stretta e difficile, l’unica via d’uscita sembra quella di essere consapevoli sin dall’inizio di questi possibili esiti e stabilire responsabilmente le priorità in termini di protezione sociale, dando spazio alla sanità e sostegno alla disoccupazione e povertà.
Indubbiamente si tratta di un sentiero stretto, ma anche sostanzialmente percorribile.
Infatti i cittadini hanno constatato in questi anni quanto fossero inconsistenti le mirabolanti promesse di leader neopopulisti e, durante la pandemia, come votanti hanno saputo premiare chi ha governato meglio. La disillusione nei confronti di leader populisti, dunque, può dare a leader responsabili un’occasione unica per fare bene guardando al futuro, anche a medio termine.
Leonardo Morlino, Emeritus Professor of Political Science alla Luiss
(blog Luiss Open)
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