Fausto Bertinotti analizza con lucidità e obiettività questo tempo instabile cercando le ragioni di un governo senza il faro di una visione politica
“…La – si fa per dire – crisi di governo di questi giorni ne è la manifestazione urtante e incomprensibile. Sotto il rumore diffuso nel mondo delle comunicazioni, attorno alle vie sempre più tortuose di uscita dalla crisi latente, si fanno strada, anche tra i più consapevoli sostenitori delle ragioni della stabilità governativa, delle voci significative che si interrogano sulle cause più profonde che rendono, se non impossibile – come io credo, perlomeno assai difficile – perseguire la stessa stabilità.Ne ha scritto su La Repubblica del 25 gennaio, Ilvo Diamanti: «L’instabilità non deriva da una singola decisione, è invece patologica». E ancora: «Il distacco tra cittadini e politica, che oggi si traduce in sfiducia. Generalizzata. Verso tutti». Chi legge la ragionata cronaca delle relazioni politico-istituzionali del Paese, che quotidianamente fornisce Stefano Folli sullo stesso quotidiano, non può che trovarne conferma. Eppure, il giornale della borghesia progressista continua a essere uno dei principali fautori del valore della stabilità del governo, come se essa potesse essere perseguita all’interno del quadro politico, sociale e istituzionale che la nega nei fatti ogni giorno. Come se quel che pure si fa strada criticamente nelle sue stesse pagine appartenesse a un campo diverso dalla politica politicante e, su questa, risultasse al fine ininfluente.
In un suo editoriale, Carlo Galli, il 17 gennaio, ha scritto: «Si possono al contrario disancorare le istituzioni democratiche dalla società, farle girare a vuoto, trasformarne l’essenza e le procedure in un gioco in cui i giocatori perseguono logiche e finalità autoreferenziali. In questo caso, non c’è violenza né illegalità. Le forme sono rispettate, ma la politica si declina come irresponsabilità, cioè, come mancata risposta ai problemi che dovrebbe risolvere. Da questa politica vuota, i cittadini si sentono distaccati e alcuni anche traditi, ma i più ne traggono incentivo per disprezzarla. Si ha l’impressione che questa quasi-crisi-di-governo di questi giorni rientri in questa fattispecie».
La citazione è lunga, ma la credo utile per mostrare come una critica radicale alla politica tutta non è il portato di un estremismo, quanto la constatazione di una realtà di fatto che ha raggiunto un livello intollerabil… Il conflitto tra l’alto e il basso della società trova quindi un altro potente alimento. L’alto della società, a sua volta, diventa sempre più separato dal grosso della società, dai suoi conflitti, dalle diverse aspettative che in essa la crisi drammatizza. La crisi si avvita nella ricerca di sempre nuove formule di governo e di sempre nuove definizioni dei candidati al governo: responsabili, costruttori, altro che gli àscari di un tempo! Al pubblico dei talk show vengono ammannite formule diverse e spuntano sempre nuovi protagonisti. Tutto tranne la risposta alla domanda: quale governo per fare che cosa?
Ma questo nostro accidentato tempo, piuttosto che quello dell’ambrassonnous, sarebbe il tempo della scelta, il tempo in cui discernere il grano dal loglio, il tempo di una scelta di rottura per cambiare il corso degli eventi….
Visto che questo non può venire dalla politica politicante, servirebbe un’insurrezione pacifica e democratica dei cittadini e, in particolare, di quel popolo degli esclusi che, ignorato dalla politica, è pur sempre la principale risorsa democratica del Paese.”
Fausto Bertinotti (Il Riformista)
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