E’ ammissibile che nel fanatismo del politicamente corretto e quindi nel pensiero acritico di una sinistra ideologicamente formato, escano articoli inneggianti all’operato di Sala, ma, confermando un diritto di libertà d’opinione, il sindaco di oggi non è certo “il Migliore”.
L’Inkiesta con firma di Francesco Sala titola “L’effetto imprevisto di Draghi sull’elezione a sindaco di Milano”. E ne conseguono domande e riflessioni che dovrebbero portare il lettore a confermare che, sì, Sala è il candidato migliore. Una forzatura, a dire poco, irreale. Le domande iniziali spingono all’analisi “Ad esempio, che conseguenze avrà, soprattutto nei prossimi mesi, l’ingresso di Draghi nello scenario politico italiano? È possibile che la nuova convergenza verso il centro, espressa da Lega e Movimento 5 Stelle, sia duratura, oppure è solo un’espressione di questa fase politica? E ancora: è forse nato un sano bipolarismo, magari a trazione europeista, capace di emarginare gli ultrà di destra e di sinistra ai bordi dei propri schieramenti? Oppure stiamo assistendo alla formazione di un centro forte e in prospettiva egemonico, agevolato (forse) dal sistema proporzionale a oggi in cantiere? Quest’ipotetico centro sarà coeso e presente anche nelle prossime elezioni amministrative, oppure no? E infine, che posizione prenderà nella competizione maggioritaria tra presidenti di Regione e candidati sindaci?”
Occorre sempre tener presente che chi scrive tende a dedurre tesi da posizioni di sinistra e, in quanto tale, non considera gli altri partiti del centrodestra che, pure, hanno governato a Milano (vedasi Albertini). E riflette “Tornano alla ribalta temi come quello della produttività, del lavoro, dei giovani, dell’europeismo, della crescita, della necessità di nuove politiche energetiche sostenibili, nonché l’investimento di risorse verso la contrazione di debito buono e quindi l’orientamento agli investimenti per generare futura ricchezza. In altre parole, l’effetto Draghi rompe gli schemi ideologici del passato e rilancia dei temi chiave che si amalgamano attorno a una figura autorevole. Temi che a Milano sono da sempre e storicamente di casa.” Condivisibile, ma prosegue “Ed è proprio questa una possibile ricetta per la corsa al posto di sindaco di Milano: valorizzazione delle caratteristiche storiche, individuazione delle priorità più salienti per la città, ovviamente all’insegna di quel pragmatismo che contraddistingue l’animo milanese, e infine, la necessità di riconoscimento e rafforzamento della leadership autorevole della persona del sindaco, quale espressione dalla società stessa più che del ceto politico Il mix di questi elementi potrebbe rappresentare una solida proposta per i cittadini milanesi, fondata su pilastri che vadano ben oltre i deboli e confusi schieramenti politici a oggi in campo” E qui, occorre dire che Sala ha già legato indissolubilmente 5 liste, dai Centri sociali a +EU, che è profondamente PD, che si avvale di assessori e di progetti fortemente ideologici, che sicuramente non rappresenta la società milanese ma un’élite. Il riformismo di Sala non sta neppure nelle parole, ma in un puzzle acritico di progettini partoriti nei tavoli degli amici e degli amici degli amici. E arriva l’invito “È attraverso il consolidamento della figura del sindaco Beppe Sala che diventa possibile superare la tempesta della confusione politica che nei prossimi mesi si abbatterà anche su Milano. D’altronde se non avesse deciso di ricandidarsi per il centro sinistra sarebbe stato scontato un esito fallimentare. E la storia recente, ci dimostra, che le ultime grandi vittorie amministrative sono figlie di leadership carismatiche, determinate dagli elettori e non autoproclamate da una torre d’Avorio; da Gori, a Decaro, passando per Zaia, Emiliano, De Luca e Bonaccini, che hanno stravinto perché riconosciuti e apprezzati dai propri cittadini e non grazie alle formule degli schieramenti che li sostenevano”.
Opinioni in libertà, con la convinzione forse superficiale per una narrazione a volte visionaria della realtà. E risponderò con le parole di chi da sempre ha professato una fede riformista che fotografa la realtà di una Milano allo sbando “Abbiamo capito quanto è ormai larga nell’opinione pubblica la convinzione che a Milano bisogna cambiare pagina, non si può continuare così. Bisogna superare il cosiddetto ‘modello Milano’ che da anni, indipendentemente da chi abbia governato la città, si è consolidato nell’uso del capitale finanziario non a favore di tutti i cittadini ma quasi esclusivamente a favore degli interventi immobiliari di carattere speculativo e questo non vuol dire costruire e andare nella direzione di una città giusta attenta ai problemi delle persone che hanno sempre più difficoltà o attenta ai problemi del lavoro…Milano è ferma e non dà risposte. Landoni parlava sostenendo il suo basta con la Caritas e suggerendo un ritorno al municipalismo ambrosiano che significa dare servizi, essere socialdemocratici e fare della municipalità un punto di riferimento essenziale politico dell’azione pubblica. Il modello non regge più nemmeno dal punto di vista democratico, per esempio poco si sa di cosa succede in questa città, non c’è l’adeguata trasparenza, nemmeno un consigliere comunale ha il diritto di conoscere le decisioni della giunta.” (Roberto Biscardini). Per amore di verità.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano