“Spegnere ed accendere le imprese come fossero interruttori è un gioco pericoloso. Si corre il rischio di bruciarle come lampadine” è il commento di Eleonora Rigotti, delegata di CNA Lombardia al tavolo turismo di Regione Lombardia. Agli artigiani lombardi non solo non è piaciuta la scelta di chiudere gli impianti di risalita, ma ancora di più non è piaciuto il metodo. “Troppa incertezza regolatoria è logorante. Le autorità avevano dato segnali positivi, ci si era riorganizzati per ripartire in sicurezza, poi in extremis lo stop del Ministero della Salute: se penso ai costi operativi, alle persone, spesso lavoratori stagionali, mobilitate da queste imprese, agli investimenti realizzati per conformarsi alle disposizioni igienico-sanitarie, comprendo tutta la frustrazione della filiera” aggiunge Rigotti, che individua nel turismo di montagna un habitat economico peculiare, da tutelare e far crescere: “Peculiarità stagionali, logistico-organizzative, una forte propensione al green e alla ecosostenibilità: stiamo comprimendo e frustrando proprio una filiera dalle grandi potenzialità anche nella logica degli investimenti delle risorse del Recovery Fund”. A rimarcare il tema anche il Presidente del comparto Alimentare di CNA Lombardia, Marco Valsecchi, che conclude: “Oltre all’enorme danno economico, che peraltro configura l’esigenza di indennizzo ulteriori ed immediati in una fase di quasi insostenibilità del debito pubblico, è stato il processo decisionale che ha condotto alla scelta del Governo ad essere poco lineare e farraginoso. Abbiamo bisogno di stabilità, di un orizzonte di certezza minimo, altrimenti salta tutto: fiducia, investimenti, consumi sono realmente asfittici. È come far entrare il pubblico in sala e chiudere il sipario a 30 secondi dall’inizio dell’opera: un disastro”.
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