E’ stata superata la formula politica, ai partiti la scelta: l’inerzia o accettare la sfida

Attualità

Oltre che il cambio del presidente del Consiglio, della maggioranza e di parte consistente della squadra, il passaggio dal Conte bis al governo Draghi ha determinato anche (e, per certi versi, soprattutto) il superamento della formula politica che era alla base del precedente esecutivo e del tentativo (abortito) di dar vita a un Conte ter.

Lo stesso capo dello Stato del resto, nel preannunciare l’affidamento dell’incarico all’ex presidente della Bce, aveva rivolto un appello a tutte le forze parlamentari affinché dessero la fiducia a “un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. Ne consegue che a sostenere Draghi non è certo una coalizione, ma una serie di forze politiche che singolarmente, e senza una connessione obbligata fra loro, si rapportano “one-to-one” con il premier.

Gli esiti politici di questa fase sono tutti aperti e dipendono da una molteplicità di variabili. Da cosa succederà nel centrodestra con la spaccatura rispetto all’esecutivo di salvezza nazionale. Da come coabiteranno dentro Forza Italia il partito di governo e il governo del partito. Dal “nuovo corso” della Lega: se si consoliderà fino a proiettarsi strutturalmente nel futuro, o se c’è in panchina un’ala “ribelle” pronta a essere schierata in campo al primo o al secondo rovescio.

E ancora. Non sarà una variabile irrilevante sapere con quale configurazione si concluderà la parabola del Movimento 5 Stelle, avviato verso una divaricazione insanabile; che ruolo giocherà Giuseppe Conte; quanto resterà sotto il tappeto la polvere interna al Pd, da anni solcato da una sfida carsica per la conquista della segreteria. E, infine, che assetto assumerà l’area che si colloca al centro del sistema politico, attraversata da un sempre più palpabile fermento.

È evidente che la formula che sorregge l’attuale esecutivo – un format centrato sulla figura del presidente del Consiglio, proiettato sulla sfida del Recovery, tarato sulla dimensione della competenza –, pur dotata di un potenziale legittimante nei rapporti fra i partiti, lascia inevasi gli interrogativi sopra enumerati ai quali sarà il mondo politico nei prossimi mesi a dover dare risposta.

Ciò potrà avvenire in due modi. Pensando di poter lasciar passare “’a nuttata”, senza mettersi in discussione né incidere sul funzionamento delle istituzioni, nell’illusione che la situazione precedente possa essere cristallizzata e, chiusa la parentesi emergenziale, tornare tal quale a prima. In questo senso va la riesumazione di intergruppi parlamentari fuori dal tempo e, nel caso del centrodestra, anche dalla logica visto che una parte della coalizione si trova in maggioranza e un’altra all’opposizione.

Oppure – ed è l’altra opzione – accettando una sfida in mare aperto nella consapevolezza che anche la politica, dopo il Covid, non sarà più quella di prima.

La prima strada, quella “conservativa”, oltreché illusoria rischia di risultare un po’ patetica agli occhi di una società profondamente segnata dagli ultimi dodici mesi. Rischia di ridurre la politica a mera sovrastruttura priva di vera sostanza. Rischia di trasformare le vecchie coalizioni, già in crisi, da spazi politici in territori “etnici”, impermeabili a ciò che accade nel Paese reale e nello stesso sistema politico. Se le coalizioni dovranno esserci, dovranno essere coalizioni rinnovate. Non fantasmi in un mondo che non c’è più, ma protagoniste in un mondo nuovo da costruire.

Blog Gaetano Quagliariello

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