Il prof Giorgio Goggi, già docente del politecnico e assessore con la Giunta Albertini, attento conoscitore e studioso del territorio di Milano, ha pubblicato un articolo su Arcipelago con un’ampia visione sulle realizzazioni-mobilità che Sala propone nel piano Area. E come le ricadute economiche e di inquinamento con le auto elettriche, considerate come soluzione da Sala, sarebbero problematiche. Ecco il testo:
– “Sembra ormai che il futuro della mobilità sia solo legato all’auto elettrica, almeno a quanto pianificano le amministrazioni pubbliche (si veda il recente Piano Aria Clima del Comune di Milano) e, di conseguenza, a quanto propongono i costruttori di auto. Ma questo destino è attendibile e, soprattutto, è alla portata di tutti? A quanto ha dichiarato AkioToyoda, proprietario della Toyota, non è così.
Toyoda sostiene che la generazione di energia elettrica produce una grande massa di CO2 (visto che i combustibili fossili vi hanno una gran parte), che comunque quella produzione non sarebbe finanziariamente sostenibile se dovesse alimentare l’intero parco autoveicolare e che il passaggio all’auto elettrica produrrebbe una gran massa di disoccupazione degli addetti alla produzione di auto. Fenomeno, quest’ultimo, che è già in corso in Europa. Infatti, la costruzione di un motore elettrico è molto più semplice di quella di un motore endotermico e le batterie vengono fornite da altri produttori (ora prevalentemente dalla Cina).
Toyoda, infine, teme che le future auto diventino un bene che non sarà alla portata di tutti (con un poco di esagerazione la sua espressione è “un fiore in cima a una vetta”)1.
Vale quindi la pena di verificare quali siano i problemi causati dall’eventuale sostituzione del nostro parco autoveicolare con auto elettriche.
Oltre all’inquinamento dell’aria, come citato da Toyoda, che deriva dall’insieme delle fonti utilizzate per la produzione dell’energia elettrica (che comunque non potrà mai prescindere da una parte di combustibili fossili) occorre tener conto del rilevante inquinamento generato dalla demolizione delle batterie (che per questo spesso vengono mandate in paesi con minori controlli sull’ambiente) e dall’ugualmente rilevante danno ambientale procurato dall’estrazione delle terre rare come il litio (che comporta lo scorticamento di migliaia di ettari di terreno vergine). Peraltro, i paesi che detengono i giacimenti di terre rare sono pochissimi, alcuni subsahariani, ma di gran lunga la maggiore produttrice è la Cina.
D’altro canto, anche la ricarica di un’auto elettrica comporta oneri e limitazioni.
Se avviene in un box privato si devono istallare una wallbox e una linea di alimentazione elettrica di 10 Kw di potenza, il che aggiunge altri costi a quello di acquisto.
Inoltre, per un ipotetico parcheggio condominiale che richieda potenze superiori a 100 Kw, è necessario installare una cabina di media tensione.
La più avanzata auto elettrica presentata recentemente da Mercedes (EQA 250) si ricarica in 6 ore con una wallbox o una colonnina da almeno 11 Kw, 18 ore se connessa ad una presa da 16 Ah e 30 minuti con una colonnina ultrarapida da 100 Kw. Tuttavia, la ricarica ultrarapida riduce la vita della batteria.
Quest’auto ha un’autonomia dichiarata di 500 Km, ma, come per tutte le auto, l’autonomia dipende dalla velocità d’impiego. Chi ha l’abitudine di viaggiare ai limiti della velocità consentita si troverà con la batteria esaurita molto prima di quanto dichiarato dal costruttore.
Ma veniamo alla configurazione delle nostre città: le auto elettriche richiedono spazi per la ricarica, tuttavia in Italia le case unifamiliari non sono diffuse come negli Stati Uniti, e la tipologia dominante in Italia è quella dei condomini.
La maggior parte di questi, se costruiti prima della legge 122/89, non è dotata di parcheggi per le auto dei residenti. E le grandi città sono quelle in cui la maggior parte dei condomini è precedente a quella data.
Per esempio, a Milano, le auto che stazionano in strada sono centinaia di migliaia e il piano dei parcheggi nel 1998 prevedeva di mettere sottoterra almeno le 60.000 che stazionano in grave divieto di sosta. Quel piano fu attuato solo a metà (perché in buona parte revocato dalla Giunta Moratti), ciononostante le auto che ancora sostano in divieto, anche se “tollerabile”, restano ben più di 100.000 su un parco totale di poco meno di 700.000 autovetture.
Impossibile sarebbe quindi, anche economicamente, installare le colonnine per tutte le auto che stazionano in strada, ne beneficeranno solo alcune.
Impossibile, oltre che evidentemente assurdo, sarebbe poi installarle anche per le auto che stazionano in divieto.
Rischieremmo di generare due classi di cittadini: quella delle persone abbienti che dispongano di una casa unifamiliare o di un box per la ricarica e quelli che non possono ricorrere all’auto elettrica per mancanza dello spazio adatto, oppure, per minore disponibilità economica, non possono sostituire quella che possiedono con auto ibride o meno inquinanti.
Una classe privilegiata e l’altra forzatamente limitata nei suoi spostamenti. Subendo, quest’ultima, le limitazioni d’accesso a importanti parti della città.
Rischiamo quindi di percorrere a ritroso la strada che, negli anni ’60, ha portato alla motorizzazione di massa, consentendo a tutte le classi sociali una totale mobilità sul territorio.
Non vale a questo punto obiettare opponendo il ruolo del trasporto pubblico; è ovvio che Milano dispone di una robusta rete di trasporti pubblici, ancorché sempre perfezionabile, ma le esigenze varie e mutevoli delle persone e le incombenze lavorative e professionali impongono a molti l’uso del mezzo privato, non a caso in nessuna città al mondo il trasporto pubblico riesce a servire il 100% degli spostamenti.
Infatti, tra i molti spostamenti che non possono essere inquadrati nel trasporto pubblico vi sono quelli necessari ai soggetti deboli (emergenze, anziani, categorie professionali disagiate o costrette a frequenti o lunghi spostamenti) o quelli di comune utilità (riparazioni, professionisti, consegne, assistenze) e non pochi altri.
Pertanto, come insegna il Manzoni: “adelante, …, con juicio, si puedes”.
Giorgio Goggi
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Un altro tipo di motore non è previsto ? Dobbiamo per forza puntare sulle batterie dai lunghi tempi di ricarica ??? E’ chiaro allora che lo Smog è solo un pretesto per far acquistare auto elettriche che poi dobbiamo tener ferme per ore, in attesa che funzionino di nuovo. Non mi pare abbia un senso tutto ciò !!!