Con preveggenza divinatoria, un anno fa Mazzuca, l’ex direttore del Resto del Carlino, l’ex consigliere Rai, l’accademico dei Filopatridi, il premiato amico degli Usa, l’ex deputato dell’ex Pdl, diretto erede di un Don Camillo non manesco, elzevirista de Il Giornale (ed horribile dictus anche di Repubblica), intellettuale conservatore ed umile, l’aveva scritto. Ormai solo Draghi ci può salvare
All’epoca Supermario, da ex-presidente Bce, aveva indossato i nobili panni di Cincinnato limitandosi a sospirare, uscendo dalla Eurotower, che ci volevano, nella guerra con il coronavirus, uno, due … dieci bazooka monetari, con un tono deciso da Unitalian come lo chiamano gli americani. Tra debito buono e debito cattivo, si vociferava di un programma di ampio sostegno di liquidità a protezione di occupazione e di produzione, nel tracollo del Pil; si sussurrava dello scarico, per una volta, del debito privato, dentro il già enorme calderone del debito pubblico. Un programma non già lacrime e sangue, come la chiamava Mazzuca, ma panes e circenses, fatto apposta per far gongolare Mario e Silla, plebei e possidenti, Un programma fondato sulla constatazione che, una volta concordato tra rating, Federal Reserve e Francoforte, non c’è limite alla creazione di moneta, in un contesto in cui la massa finanziaria globale supera di gran lunga quella materiale. (Draghi, l’uomo del Quantitative Easing da 2.500 miliardi di nuovi euro, chiuso tre anni fa, lo sa bene). Seriosi, lugubri e taccagni economisti, già da tempo, come drogati, fantasticano di un Piano Marshall, di un Piano Delors/Draghi da 1000 miliardi di Bei e Fei, guidato dall’allievo di Modigliani. Come nei tetra ritratti comunisti di Marx Engels Lenin Stalin, si alzavano le effigi di Delors, Kohl, Mitterrand e Draghi. Lasciamo stare che il mitico Libro Bianco di Crescita, competitività e occupazione, sia stato drasticamente sconfessato dai fatti; lasciamo stare che i tre giustificarono a conquista americana dell’altra faccia dell’Europa (a parte il tedesco che aprì uno degli usci chiusi dalla guerra). Il mito di una neues Europa resta nell’immaginario perché anche i banchieri hanno un’anima.
Mazzuca (imbeccato da chissà chi?) ha azzeccato a prevedere il governo di salute pubblica presieduto dal gigante del Tesoro, della Goldman Sachs, della Bankitalia, della Bce e dell’euro, garanzia marmorea per ogni istituto finanziario. Questa garanzia è stata l’asso giocato dal Colle per imporre l’ammucchiata partitica. Solo il Garante, il Genio, il Merlino in qualunque modo avrebbe garantito all’Italia i soldi del Recovery ed evitato il disastro della sconfessione europea; contemporaneamente anche l’Europa, da par suo, garantiva, in qualunque modo, l’impegno, ma solo sotto l’egida del Superman, dell’Invincibile, del Supremo, dell’Amministratore fallimentare, dell’Ingegnere di Matrix. Così sono risuonate di nuovo, come ai tempi di Napolitano (che almeno operava per coscienza propria) e Monti, le note acute del Fare presto!
Come il Monti del 2011, anche il Draghi del 2021 arriva, deus ex machina, come un ariston, un aristocratico Migliore (non dei suoi, ma di tutti), un Invincibile. Con grandi differenze però. Il Monti, che si rivelò un non migliore, un minusMario, venne lanciato in tempi di austerità, come un Radetsky, a punire l’Italia con la scusa del cattivo berlusconismo. Il risultato è stata la tenaglia distruttiva sovranista e pentastellata in piena rivolta antieuropea; tutte le grida rigoriste con tanto di bolla costituzionale nel tempo hanno risarcito i danneggiati con un conto finale in rosso per l’erario; e gli obblighi enunciati sono rimasti lettera morta. Europa e finanza hanno corretto il tiro; stavolta con Mattarella e Draghi, banchieri e lazzaroni possono andare d’accordo sotto una pioggia di danari. L’Europa, che ha rischiato un’ondata anti Maastricht, non è più solo bastone, è anche carota
Supermario si presenta come un Napoleone, generale affamato, che offrì l’Italia al saccheggio delle sue truppe, per poi da mezzo italiano, farsi protettore, fondatore e re del nostro primo stato nazionale. Il Genio della gestione alternativa di governo dell’economia di Carli, l’Ispiratore della distruzione dell’Iri e dell’economia italiana del Britannia, il Competente di Goldman, pianificatore del saccheggio economico, il Supremo di Bankitalia e Bankeuropea, salvatore dell’euro, cammina sopra la testa di tutti, dei plebei e dei possidenti che ne avvertono l’immane potere, finanziario, digitale e globale, al di sopra di tutto, anche del bene e del male, dell’economia e della finanza digitali; che non provano rabbia, indignazione, rivolta contro un potere napoleonico, così in alto da non essere a portata di intervento. I complottasti sono avvisati; Draghi non ha tema di venire additato a Illuminato, a Savio di Sion, membro di Bilderberg, perché li impersona tutti. Il cambio si è subito avvertito. Il nuovo governo non comunica, non fa pubblicità, parla nelle sedi ufficiali e con atti ufficiali; rivelando che una serie di balle, dalla partecipazione che è politica fino al dovere di comunicare via media e social, possono essere lasciate da parte. Il nuovo governo ha due livelli di governance, dove la più manifesta, da mangiatoia, è affidata ai partiti per le solite sceneggiate impossibili. Sono anni che non si può impedire la chiusura di un’azienda, anche profittevole; che i giovani non hanno le garanzie di un tempo; che le multinazionali sono invincibili. Il livello essenziale del Deus ex machina opera chirurgicamente per settori limitati, per ora con l’esercito e con McKinsey.
Lo può fare perché la politica, immobile, ha permesso lo svuotamento della legittimità della delega politica, fondamento del credo democratico. Nei decenni le mancate politiche promesse, i rinvii elettorali, le manette della grancassa buromediatica, la deriva di risarcimenti e di diritti, la lotta antifamiglia, i veti di una nebulosa di comitati e dintorni hanno determinato l’inutilità degli eletti agli occhi degli elettori. Un lungo lavoro velenoso ha cercato di impedire che l’opinione pubblica misconoscesse il lascito morale di Mani Pulite, vissuto, in gran parte della mediaburocrazia, come revenge della giusta guerra delle Mani insanguinate dei compagni che sbagliano, a sua volta erede dei falsi miti resistenziali. Così ogni assimilazione del metodo occidentale, che pretendeva l’ineludibile cambio della carta costituzionale, è stato condannato come mafia e fascismo, paradossalmente in nome dell’Occidente. La follia di conculcare la grande maggioranza silenziosa, per natura portata a compromissoria e legittimista, si è incrociata con l’altra di non vedere i cambiamenti del mondo. Mentre si urla alla partecipazione, il mondo non partecipa ma subisce pubblicità anche nella formazione; ci si illude di retorica dell’antimafia mentre lo Stato abdica alla forza sostituito dalle mafie crescenti; si scambia carità di Stato con il valore della persona, si mistificano i dati dei divari strutturali e delle intenzioni progettuali di vita; non si vede che lo Stato digitale è più forte degli Stati. Folle, alla politica è divenuto uggioso il voto popolare, il suo bene più caro.
E’ così tornato il governo autocratico di destra. Non se ne registravano dai tempi del governo Pelloux del 1898, dopo i tentativi zoppi di Pella, Tambroni e Monti. Non ci si spaventi. L’Uk ha avuto governi churchilliani anche recentemente, fondati sulle competenze, sulla gerarchia, sul dovere, sugli onori che i migliori pretendono, a patto di offrire forza per la vittoria in genere a scapito di altri. Altrimenti scompaiono alla Carlo Alberto, non si riciclano. Questo tipo di governi non considera degno della politica, l’affabulato disposto riunito degli ideali di cacciatori, amanti dei pet e difensori degli uccellini. In Italia c’è il sovranismo, la destra sociale, la voglia di ordine ma non esiste questo tipo di destra occidentale, tra l’altro politologicamente l’unica degna del nome.
Nel rifiuto della modernità, nel dileggio delle competenze, nella rabbia crescente, ingiustificata dalle condizioni del tenore di vita, nei veti alle istituzioni, l’acquitrino della politica ha condotto al governo di destra pura, impunemente ademocratico. Cambierà non tutto; ma qualcosa di grosso ed a fondo, con l’imprinting formidabile dell’Europa e di media ben più potenti dei nostri. Potrebbe pensionare tutti i dipendenti pubblici e fondare una Pa digitale; potrebbe pensionare metà degli insegnanti. La raccomandazione è quella di commissariare la giustizia, punto centrale, capace di bloccare qualunque altra riforma. Sarà la destra aristocratica a stroncare la più aristocratica delle corporazioni. Come i Re si prendevano il diritto di consacrare i vescovi.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.