Monta un’irritazione generale verso l’arte contemporanea, manifesto ormai di un brutto strutturale.
Dopo l’australiano Hughes, anche l’ex curatore del Museo Nazionale di Arte Moderna di Parigi, Clair è arrivato alla conclusione che l’arte odierna è spazzatura. Animali impagliati, neri sodomizzati da banane, scatolette di merda, tele imbrattate o bianche, muri sporchi, l’arte contemporanea viene scambiata sempre più spesso per spazzatura dagli operatori e portata direttamente in discarica. Questa critica sviluppa diversi movimenti, anche antitetici. Quella comune a tutti chiede chiaramente un ritorno al lavoro artistico, all’impegno culturale, alla fine dello scandalo per lo scandalo. Alcuni piangono l’indifferenza mostrata per l’incendio di Notre Dame, alcuni vogliono difendere il buon senso, altri si spingono fino a pretendere un ritorno alla spiritualità classica e cristiana. L’elogio moderato o spinto per la reazione induce alcuni a condannare in blocco due secoli di arte moderna, tirando di mezzo l’accusa di comunismo che fin dall’inizio sarebbe il fil rouge della devoluzione dell’arte. Finché proseguendo fino in fondo questo ragionamento, la critica giunge impietrita ad un limite invalicabile. Il limite sono le parole di Hitler alla mostra dell’arte degenerata. I bambini, se disegnano il mare rosso e la terra blu, hanno bisogno dell’oculista. Ugualmente i sedicenti artisti possono scorgere realmente le cose come le raffigurano; bisogna trovare le tare visive ereditarie; se vogliono infastidire la Nazione, è questione di diritto penale. Non c’è minaccia alla libertà dell’arte.….non ci si trattiene dal privare un assassino dal diritto di uccidere…, egualmente non si consente di uccidere l’anima del popolo in nome di una schifosa fantasia…La critica all’arte contemporanea rabbrividisce all’idea di finire per condividere le opinioni naziste. Né la solleva l’idea che l’applicazione più duratura dell’ideale artistico nazista del mirabilmente bello, maestoso, imponente, sano, perfetto, forte abbia trovato espressione nel Realismo socialista russo cinese. Delle due l’una, quindi. O Hitler, come anti modello, resta la garanzia definitiva alla difesa dell’evoluzione anche più squilibrata possibile dell’arte. Oppure l’obbrobrio per questa evoluzione finisce per superare il limite invalicabile.
L’umanità spicciola ha fatto da tempo la sua scelta di campo, ammassandosi alla ricerca della bellezza. Il suo valore, in generale invendibile, perché patrimonio degli Stati e dei loro popoli, e poi per così dire anche dell’umanità, è calcolabile tramite la massa miliardaria turistica che si sposta per bearsi, con enorme meraviglia, di questa arte tramandata nei secoli. Le vendite di opere antiche, per ovvie ragioni, sono solo un 6% del mercato mondiale dell’arte, con 905 milioni di dollari. La bellezza, quando c’era, non è un valore raggiungibile con l’impegno e lo sforzo, ma ormai una qualità, come pregio innato, rara; pochi luoghi e pochi paesi la possiedono, sia per le opere dell’uomo, sia per le opere sulla natura che per la natura medesima. Così 620 milioni di stranieri arrivano nella piccola Europa e di questi 50 milioni in Italia, quando in Asia ed America, tanto più grandi, giungono solo 400 milioni. I turisti globalmente spendono ogni anno $1.160 miliardi, di cui 300 per il turismo culturale, quasi tutto destinato al Vecchio Continente. All’Italia toccano €37 miliardi, per l’esibizione di una parte esigua del suo sconfinato patrimonio artistico-culturale. La nostra contabilità valuta l’arte e la bellezza, dati 2019, 218 miliardi, poco più di 10 volte, la spesa dei biglietti dei musei di un anno.
Il valore economico, però, viene spazzato via da quello imposto dalla brulicante miliardaria umanità turistica che si muove lungo il globo per respirare l’effluvio della bellezza miracolosa, con la certezza che gli apici estetici non verranno mai piùraggiunti, né ricercati, perché gli artisti si sono depauperati da soli di ispirazione come anche delle eccellenze tecniche ed artigianali, che dell’arte sono condizione imprescindibile. La capacità di imitare la natura, trascendendone il significato spirituale, per toccare il divino, è stata resa inutile prima dalla fotografia fino all’intelligenza artificiale odierna che ricrea qualunque immagine facendone un dipinto eccelso secondo lo stile di un qualunque genere artistico del passato. È questa umanità non specializzata, mediamente o poco istruita, a fissare il prezzo più alto, alzando un muto lamento nell’ammirazione per l’età aurea della bellezza, conscia che non tornerà mai più perché il mondo è andato avanti, corrompendosi.
Dall’altro lato si erge il fiorente mercato dell’arte globale da $ 67,4 miliardi, in40 milioni di transazioni gestite per metà da mercanti e per metà dalle aste, con una crescita del 9% nel decennio, concentrati in solo tre paesi, Usa ($30 miliardi), Uk ($15 miliardi), Cina ($ 13 miliardi), mentre la UE segue con l’11% e l’Italia, con quota 2%, con le sue 6mila gallerie private, arriva a $431milioni.Una brulicante massa di22mila artisti (dieci anni fa 10mila) producono ogni anno 71.400 opere, vendute anche on line, tra i mille euro ed i$91 milioni del Rabbit in acciaio dell’86 dell’americano Koons, i $90,3 milioni della Piscina con due figure del’ 72 dell’inglese Hockney figurativo cubista (Bradford, 1937) ed i$ 25,7 milioni del Pollo Frito dell’82 dell’americano Basquiat, inventore della Street art.
L’arte contemporanea non raggiunge i valori di migliaia di miliardi dell’arte antica, ma ha il vantaggio, al contrario della prima, di fare il mercato; e finisce per immedesimarsi con la logica del valore di investimento. Nel suo ambito l’Impressionismo e l’arte dell’800 e del ‘900 muovono solo $2,1miliardi, la moderna solo $4,3, mentre domina l’ultima arrivata, la postbellica e contemporanea con $14,4.
Se l’arte antica è ammirata da un paio di miliardi di persone, l’arte moderna trova seguaci tra miliardari e milionari. Sono gli HNWI, High Net Worth Individual, coloro che possiedono un alto patrimonio netto, divisi tra quelli dei $5 milioni e quelli, gli UHNWI, oltre i $30. Loro si contendono gli artisti più pregiati, i viventi. La giapponese Kusama, il tedesco concettuale Richter, lo scozzese magico realista Doige e gli americani, Koons, il post concettuale Wool, il naive Condoed il New dada Johns sono i magnifici sette da $3,3 miliardi. Tra gli italiani, Cattelan (55 opere per $1,6milioni, un Hitler in ginocchio, un cesso d’oro e una banana incollata alla parete della Galleria Perrotin. Più pagato, il sudtirolese iperrealista
Stingel il cui After Sam del ’06 vale 9,2 milioni. Cattelan oggi afferma che l’arte deve provocare, disturbare, sovvertire, criticare e decontestualizzare il comportamento sociale. È una nenia, cominciata alla Comune di Parigi, da Courbet, fondatore del realismo francese, che voleva fare la rivoluzione proletaria con l’arte e con la rappresentazione dei genitali femminili. Da allora i generi dell’arte contemporanea, l’Impressionismo, il Neoimpressionismo, il Puntinismo, l’Espressionismo, il Postimpressionismo, il Fauvismo, il Cubismo il Dadaismo, il concettualismo, il kitsch, il Surrealismo, l’Astrattismo, il Minimalismo, la pop art, l’Iperealismo, il Postmodernismo, fino al graffitismo ed alla street art di Banksy ripetono ossessivamente, l’odio per accuratezza, armonia, composizione, prospettiva e chiaroscuro come fossero elementi di oppressione, assieme a regole, ragionamento e morale.
Non si può sostenere che non ci siano creazione artistica e bellezza in tanta arte contemporanea, anzi. Questa però ha espresso e accompagnato l’abbandono umano del modello divino, con la fine della centralità religiosa, astronomica, naturale, psichica e sociale e produttiva, indotti dal luteranesimo, Copernico, Darwin, Freud fino a Lukacs e Marcuse. L’uomo animale, che segue inconsciamente impulsi sessuali, fa arte per sovvertire l’esperienza ordinaria, come ben raccontato in From Dawn to Decadence di Barzun (2000).L’abbandono dell’ideale platonico di perfezione dell’uomo, fatto a immagine di Dio, è l’addio al bello. Al suo apice, tra metà ‘400 e inizio ‘500, Raffaello, Botticelli, Signorelli crearono bellezza e perfezione insuperabili dell’uomo e della natura, entrambi divinizzati nell’aspetto, nei modi e nei pensieri trasmessi. Maestri dell’armonia delle forme, vivevano in un mondo dove era normale ammalarsi, non potersi curare, soffrire nell’idea che malattia, bruttezza ed invalidità fossero punizioni divine. Avrebbero potuto tramandarci, invece, che un platonico sublime, realisticamente l’orribile che avevano continuamente sotto gli occhi. La ricerca della bellezza, sia pur minoritaria, da allora in poi, proseguì, per esempio con Canova, fino all’800. Era però da tempo destinata all’oblio. Ci ha pensato poi l’uomo animale a raccontare solo il grottesco ed orribile nel tempo in cui l’uomo scopre di avere poteri, uguali o
superiori a Dio. L’artista contemporaneo, che vive in mezzo all’umanità bella e salubre dell’abbondanza, vede solo la disperazione.
Questa è tollerabile fintanto che la sorreggono capacità elaborative e nuovi metodi. Non lo è, se si contrappone a meraviglie d’arte come La Monna Lisa, la Pietà, La ragazza con il turbante, la Ronda di notte, il Pensatore, l’assenza di opera del White on White di Malevichdel’18, dei White Paintings dell’americano Rauschenberg, del’51 o de Il Vuoto di Klein del ’58, pareti vuote della galleria parigina Clert. Se si comparano Le Rocky Mountains oppure la roccia di 340 tonnellate del Museo d’arte di Los Angeles, considerata valida come l’estrazione del David dal marmo. Se si cerca la blasfemia della The Holy Virgin Mary del nigeriano Ofili (’96, valore $2,3 milioni), donna nera-vacca, con sterco di elefante, foto di vagine, puntine a formare il titolo, tanto per non sbagliarsi. Oppure se si attacca l’autorità nella Petra del tedesco Walldorf, poliziotta antisommossa accovacciata che si piscia addosso; o nei deputati scimpanzé della Camera dei Comuni del Devolved Parliament del’09 del gallese Bansky, battuto a $12 milioni. Senza parlare della lunga serie di cessi, delle merde, di natiche femminili nude firmate in un processo sempre più porno, partito da Duchamp e Manzoni.
L’antiautoritarismo dove l’autoritarismo non c’è, la blasfemia in un mondo di non credenti, la continua violazione di regole in barba a disarmati operatori sono solo stucchevoli; sono una politica chespiega agli idioti che è giusto rimanere tali. In particolare, ora la Street art ha raggiunto grande successo tra le star del cinema hollywoodiano; non come arte dissacrante che distrugge le sue opere, appena create (non prima di averle vendute) ma come frontiera dei beni di lusso, accanto a Dolce e Gabbana. In un decennio la Street art, tra cultura alta e cultura pop, si è imposta al grande pubblico semplicemente imbrattando i muri urbani senza sorveglianza. La gente comune che non si reca alle esposizioni di quello che non considera arte, ma bizzarria, è stata così invasa nei suoi spazi, per la loro rabbia e la felicità del mainstream.I collezionisti vogliono gli americani Fairey, noto come Obey, Donnelly alias Kaws, il fu Haring, Banksy, tutti artisti di strada.
Il pittore Florczak, americano, da un sito fake dell’Università di Praga, sta conducendo una crociata contro l’arte contemporanea con una forte carica anticomunista. Anche se moltissimi artisti, da Courbet, a Picasso e Breton furono comunisti, non si possono dimenticare i destri Dalì e Marinetti, le cui parole dettarono la logica artistica moderna. Non è neanche necessario farsi bigotti per chiarire che l’arte è nuda. Malgrado tutto, Florczak non ha torto. L’arte contemporanea nata per épater le bourgeois, ne è divenuta la cocca. Sostiene le differenze di reddito e potere sempre più evidenti e disprezza il buon senso e la democrazia dell’uomo qualunque. Solennemente ricambiata.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.