Mario Draghi a Bergamo, in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia da Coronavirus e della sua prima conferenza stampa, ci ha ricordato la differenza tra la comunicazione istituzionale e quella diffusa dagli influencer social. Ne avevamo bisogno, soprattutto dopo aver letto e ascoltato, da più parti, lamentazioni circa una supposta mancanza di comunicazione da parte del governo. Effettivamente è un deciso cambio di passo rispetto, ad esempio, alla comunicazione del precedente governo, caratterizzata da un sovradosaggio di “spin” – leggasi comunicazione a effetto, al fine di raccogliere consenso nell’immediato e finalizzato, quindi, a precostituire una narrazione facilmente propagandabile, al di là degli effettivi risultati. Non eravamo più abituati a un governo che, prima di comunicare, si prenda il tempo di riflettere, analizzare, mediare e misurare la propria comunicazione. Per lo più, la prassi degli ultimi due lustri almeno è stata quella di costruire una narrazione che assecondasse il “sentiment”, annunciasse risultati, al di là poi dell’effettivo conseguimento del risultato. Sempre vagamente paternalistica e sovente mirata a difendere il proprio operato.
Siamo stati ubriacati da questa strategia comunicativa ipertrofica, assecondata dal circo massmediatico oramai ingombro di talk-show e sensazionalismo. Un vizio che ci ha resi dipendenti dall’infodemia. Ragione per la quale, una volta che questo governo ha posto termine al sovradosaggio quotidiano, più di qualche addetto ai lavori del settore della comunicazione e del giornalismo ha alzato il sopracciglio, denunciando la mancanza di comunicazione e definendo l’interruzione del flusso continuo di esternazioni governative come “fatto grave”, anzi “gravissimo”. Ma a ben guardare, probabile si sia trattato solo di astinenza. In effetti, la nuova strategia di comunicazione del governo Draghi costringe i giornalisti e i commentatori a esercitare la propria professione con maggiore impegno, laddove non ci sono più post social a getto continuo, né da parte del Primo ministro, né da parte dei ministri. Perché il nuovo corso prevede una comunicazione misurata, circostanziata, sintetica e asciutta. Nulla a che vedere, ad esempio, con la strategia di comunicazione del Governo Conte bis. Non ci sono più i profluvi di dirette Facebook alle ore più disparate della notte, la produzione ininterrotta di post, la incessante programmazione di conferenze stampa a corredo di Dpcm che ancora non avevano trovato pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Una comunicazione drogata che, al pari di un comune influencer social, badava più a orientare l’opinione pubblica, che a informa
Blog Enrico Pazzi
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