Con una Milano al collasso, con un servizio pubblico inadeguato, con una popolazione allo stremo, con numeri impressionanti di poveri, con i sottopassi pieni di clochard, con l’illegalità e la violenza che attraversano la città, il Comune pensa a nuove regole per i nomi delle fermate. Sempre con lo sguardo ad uno pseudo bello di cui oggi non si sente la necessità. Ma quel volo da monarca che “concede” di Sala ha un’impennata quando invece ci si aspetta uno sguardo alla realtà. Il Comune, infatti, ha definito le linee guida per le nuove denominazioni. Per garantire la riconoscibilità delle stazioni sono stati definiti tre livelli: il primo conferisce il nome principale, che colloca la stazione nel suo contesto; il secondo consente un’integrazione nelle fasce segnaletiche in metropolitana, nei mezzanini e nelle banchine, con le istituzioni culturali, sportive, sociali e religiose vicine alle stazioni. Il terzo livello, infine, si riferisce alla possibilità di dedicare le stazioni a personaggi della storia di Milano a 10 anni dalla morte con una lapide a livello dei tornelli. Aspettando, naturalmente i 350 milioni dal Governo. Ma che i soldi in arrivo debbano servire per un progetto che oggi è aria fritta, mi fa arrabbiare. Forse l’iniziativa in periodi di prosperità e di tranquillità potrebbe valorizzare il “genio” locale, ma sembra un insulto ai tanti che soffrono. Evidentemente nei sogni di Sala ci sono tanti nastri da tagliare, in ogni stazione e telecamere aperte, e risonanza sui social e un marketing che galoppa.