di Camelo Calabrò
Angelo Roncalli, “il Papa Buono” è stato uno dei personaggi di maggior richiamo del Novecento, che ha lasciato un’impronta storica, in tutti gli ambienti politici, religiosi e culturali del mondo.
Il suo ricordo singolare di Pontefice, con il sorriso sulle labbra, dolce e sereno, e la sua esemplare profondità spirituale, da porre la vita al servizio degli altri, è ancora oggi, sempre vivissimo, nella vita della Chiesa e nel mondo.
Angelo Giuseppe Roncalli, nacque all’alba del 25 novembre 1881 a Brusicco, una piccola frazione di Sotto Il Monte, un piccolo paesino, a circa 15 chilometri dalla città di Bergamo. genitori del futuro Pontefice, Giovanni Battista Roncalli, e Maria Anna Mazzola, avevano 28 anni, e facevano i contadini.
La famiglia Roncalli era una famiglia di semplici contadini, (sembravano un po’ i contadini del Nord, descritti da Alessandro Manzoni nei “Promessi Sposi”) abitavano in una vecchia casa patriarcale di pietra e di legno, a un passo da ettari di terra, nella campagna Lombarda.
Angelo, il futuro Papa, era il quarto figlio e quando era venuto al mondo, questo rallegrò molto gli uomini della famiglia, gente di scorza robusta, interessati ad avere nuove braccia forti per il lavoro dei campi. Prima di lui vi erano nate tre femmine. Seguiranno ancora altri nove fratelli.
Il battesimo, al piccolo Angelo, venne impartito velocemente a poche ore dalla sua nascita, (perché quella era la consuetudine nella diocesi di Bergamo) nella Chiesa, fredda e vuota, di Santa Maria in Brusicco. E il rito si svolse senza cerimonie o celebrazioni particolari.
Fin dalla fanciullezza Angelo, si dimostrò il più intelligente e vivace di tutti i suoi fratelli. Era ben diverso dagli altri, sano e robusto incominciò ad aiutare nel lavoro dei campi, e accudire le bestie nella stalla, ma nello stesso tempo a manifestare una seria inclinazione alla vocazione religiosa e sacerdotale. Nei momenti liberi si dedicava alla lettura della Sacra Bibbia, e collaborava a tutte le manifestazioni religiose della parrocchia del paese.
Terminate le scuole elementari, il piccolo Angelo, si preparò all’ingresso in seminario diocesano, ricevendo un supplemento di lezioni di italiano e di latino, da alcuni sacerdoti del luogo.
A vent’anni, Angelo, ottenne una borsa di studio e fu mandato a Roma, al seminario in piazza Sant’Apollinare, a est di piazza Navona e a un tiro di sasso dal Tevere, per terminare gli studi di teologia, e a prepararsi alla ordinazione sacerdotale, che avvenne nel1904 nella chiesa S. Maria di Monte Santo.
Sempre da giovane sacerdote, nel 1905, divenne segretario del Mons. Giacomo Radini Tedeschi, nuovo vescovo di Bergamo. Durante questo incarico, di massima delicatezza, don Angelo Roncalli, si dedicò, anche all’insegnamento presso il seminario di Bergamo, e alla composizione di monografie, sulla storia diocesana bergamasca, e sulla figura di San Carlo Borromeo, teologo e santo milanese.
Le sue ricerche presso la Biblioteca Ambrosina di Milano, lo misero in contatto con Achille Ratti, il quale poi divenuto papa Pio XI, avrebbe inviato il suo amico sacerdote, don Angelo Roncalli, alla carriera diplomatica.
Andando indietro nel tempo, Angelo Roncalli, già da giovane seminarista, aveva prestato il servizio militare, alla caserma Umberto I di Bergamo, al 73° Reggimento fanteria, Brigata Lombardia, del Regio Esercito italiano. E certamente quel periodo influì profondamente nel suo animo e nel suo giudizio degli uomini. Al termine dell’anno degli obblighi di leva, apprezzato dai commilitoni e dai superiori, ebbe i galloni da sergente. Ma la sua carriera militare, malgrado la sua mole “rotonda”, ma forte di fibra di contadino, non finì li. Infatti allo scoppio della prima guerra mondiale, fu richiamato alle armi e venne assegnato (nel frattempo era già divenuto sacerdote), al reparto di Sanità Militare dell’ospedale di Bergamo, come cappellano militare, con il grado di tenente, e lì trascorse quattro anni di guerra dedicandosi anima e corpo alla cura dei soldati, fino all’arrivo del congedo.
Dopo i disastri e le lacerazioni prodotti dalla Grande Guerra, nel 1919 il futuro Pontefice, fu chiamato a Roma, a guidare “l’Opera Pontificia per la Propagazione della Fede”, incaricò pastorale, che ricoprì per circa cinque anni.
Del tutto inaspettato, il 17 febbraio 1925, don Angelo Roncalli, fu delegato “Apostolico”, e mandato dal Santo Padre Pio XI, prima in Bulgaria, dal 1925 al 1934, poi Turchia e in Grecia, dal 1934 al 1944.
Infine il 22 dicembre 1944, il vescovo Angelo Roncalli, operatore di pace, più che diplomatico in senso stretto, fu inviato alla Nunziatura in Francia, e precisamente a Parigi, dove vi rimase circa nove anni, fin quando venne raggiunto dalla nomina a Cardinale e destinato a Venezia, come Patriarca della città del Canal Grande, delle gondole e dei vaporetti.
Veniva conclusa così la “carriera diplomatica” di Angelo Roncalli, che a quel tempo, aveva 72 anni, ed era convinto ormai di trascorrere gli ultimi anni di vita nella sua amata e felice città di Venezia, tranquilla senza il traffico delle metropoli.
Il 28.10.1958, a seguito della morte del papa Pio XII, (Eugenio Pacelli), profondamente commosso, il card. Angelo Roncalli, figlio di contadini bergamaschi, fu eletto Papa, prendendo il nome di Giovanni XXIII.
Nella solenne cerimonia dell’incoronazione nella Basilica di San Pietro, il 4 Novembre 1958,(festa del suo venerato Carlo Borromeo) Giovanni XXIII, annunciò il suo desiderio di essere soprattutto un buon pastore, spiegando semplicemente che egli amava particolarmente il nome “Giovanni”, perché era stato il nome di suo padre. Inoltre era così familiare perché “Giovanni”, era il patrono della piccola parrocchia, dove era stato battezzato, ed infine era stato il nome, portato dai due uomini più vicini a Gesù Cristo nel Vangelo: Giovanni il Battista e Giovanni l’Evangelista.
In pochissimo tempo Giovanni XXIII, divenne popolare, come nessun papa era mai stato. Alle sue prime uscite per Roma le acclamazioni travolgenti lo stupirono. Visitava inaspettatamente gli anziani, i bambini negli ospedali, i detenuti nelle carceri. E benché fosse anziano, in qualità di Vescovo di Roma, visitava personalmente le parrocchie della diocesi romana, e le borgate della citta.
I giornali e le riviste di tutto il mondo, riferivano giornalmente, ciò che egli faceva o diceva. Indicarono subito lo spirito delle riforme che Angelo Roncalli si disponeva ad attuare nell’abito del Vaticano, (i tre punti più importanti del suo programma, furono il sinodo diocesano a Roma, Concilio Ecumenico II, revisione del diritto canonico) nelle stesse strutture della Chiesa e in tutti i rapporti della Chiesa con gli uomini e con il mondo.
Il Papa, Giovanni XXII, salito al trono di Pietro, usava un linguaggio semplice. Benché fosse anziano, e abbastanza robusto, aveva una bella voce intonata. E spesso usava battute spiritose creando un’atmosfera di familiarità.
La sua parola di pace, soave e penetrante, comprensibile a tutti, commuoveva moltitudine di persone di ogni razza e di ogni paese. Il Papa diceva spesso così, col suo sorriso e con la mano benedicente:“ Ora andate a casa, e date una carezza ai vostri bambini, e dite: questa è una carezza del Papa” .
Parole, che anche oggi riempiono il cuore di amore e gli occhi di lacrime, e sanno toccare il cuore degli uomini del nostro tempo.
Roncalli, è stato un uomo profondamente evangelizzato, e allo stesso tempo molto umano. Era vicino alla semplicità francescana. Non volle mai sviluppare il culto della sua persona e amava avvicinare la gente e sapeva che la gente non voleva grandi discorsi, non voleva sentire parole difficili.
Il popolo voleva capire, ascoltare e capire. Desiderava che il Papa parlasse con semplicità e con umiltà. Giovanni XXIII è stato l’unico papa capace di gettare un vero ponte con la comunità ebraica e con il resto del mondo cristiano.
La grande forza di Papa Giovanni XXIII era la sua umiltà, quella grazia tutta particolare da giungere anche nei cuori dei più poveri e inaspriti.
Giovanni XXIII, non ha mai dimenticato le sue origini popolari per tutta la vita. Era nato da umili contadini di Sotto il Monte, e il Pontefice, con gli occhi che luccicavano dall’emozione, parlava spessissimo del suo paese natale, un luogo meraviglioso, dove dalle finestre della sua casa, frugando l’orizzonte, era possibile vedere lontanissime, avvolte in una luce rosea, perfino le guglie del Duomo di Milano.
E tuttavia diventato Pontefice, ha continuato a comportarsi come un figlio di contadini. I suoi fratelli non ebbero cariche e titoli nobiliari o alcun privilegio, ma continuarono ad abitare nella vecchia casa e vivere lavorando faticosamente, come sempre, la terra.
Angelo Roncalli, conosceva l’anima dei giovani, i loro pregi ed i loro difetti, la loro generosità, le loro debolezze, e quando parlava con loro era sempre ottimista, li incoraggiava sempre con entusiasmo. A ottanta anni suonati aveva ancora l’entusiasmo di un’adolescente e costantemente fu sempre vicino alla preghiera e agli insegnamenti di Cristo. Un ponte di cristiana pacifica fratellanza, dove l’amore di Dio fosse il sentimento necessario per accomunare tutte le anime dei popoli.
Giovanni XXIII, ha affrontato apertamente, nell’arco del pontificato, con serena consapevolezza e fiducia i problemi della società moderna e le controversie sociali del tempo denunciando le piaghe: i diritti elementari della persona, la miseria, la fame, la violenza, il razzismo, l’ intolleranza, la corsa agli armamenti, la guerra fredda, i missili di Cuba, e le questioni per il mantenimento ed il consolidamento della pace tra i popoli.
Doveva essere un “Papa di transizione” ed invece, durante i suoi 4 anni e otto giorni di Pontificato, era riuscito a dare alla Chiesa quella “universitalità” che precedentemente il Cattolicesimo aveva in parte circoscritto, segnando il passaggio della Chiesa proiettata verso il terzo millennio.
Il “Papa Buono” morì, il lunedì di Pentescoste, il 3 giugno 1963, dopo circa 70 ore di terribile agonia e dolori lancinanti, per il decorso di una malattia grave, seguita con angosciosa trepidazione da tutto il popolo, di tutto il mondo. Roncalli conosceva bene la sua malattia, un tumore, che l’aveva divorato, senza la possibilità di aiuto né della medicina né dell’arte medica. Lo stesso “brutto male” che in passato aveva ucciso sua madre e cinque tra fratelli e sorelle.
Il mondo pianse, pianse, il Papa buono della Pace.
Molto si scriverà delle sue opere e le sue parole arricchite da una crescente saggezza di fede, parole che saranno lette e studiate profondamente. Una nuova eredità di coraggio per il futuro.
Subito dopo la sua morte, Papa Giovanni XXIII cominciò ad essere considerato un Santo. A lui vengono attribuite migliaia e migliaia di guarigioni inspiegabili per la scienza medica e prodigiose. La sua fama di uomo straordinario si è dilatata al di fuori dalla Chiesa, e si è diffusa in tutto il mondo e persiste ancora oggi nonostante il trascorrere di anni.
La sua immagine è conservata con devozione in milioni e milioni di famiglie e credenti in tutto il mondo, che gli vogliono bene. Nella sua tomba, nei sotterranei della Basilica di San Pietro a Roma, ogni giorno arrivano molti pellegrini, moltitudine di persone che sono a lui devote e che si inginocchiano e pregano fiduciosi.
Il processo di beatificazione, la formalità canonica annunciata dal papa Paolo VI nel 1965, si è poi conclusa il 3 settembre 2000, sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II.
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