A cura di Carmelo Calabrò.
Non ricordo quando ho sentito parlare per la prima volta della Torpediniera T19 “Locusta”. E’ stata una di quelle informazioni acquisite e poi immagazzinate da qualche parte nella mia memoria fra le vecchie cose. Qualche tempo fa, mentre effettuavo una visita a Cannobio, un angolo del Verbano, lì dove inizia il Nord, mi è capitato fra le mani un vecchio articolo di un giornale, ricco di particolari, che illustrava la storia veramente toccante della Torpediniera T19 “Locusta”.
Con la proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861, i finanzieri del Regno di Sardegna dettero vita ad un nuovo Corpo nel quale poi confluirono naturalmente anche altre aliquote di finanzieri dei Corpi di Finanza appartenenti e dislocati anni prima, nei diversi Stati preunitari.
Il nuovo organismo che prese il nome di Guardie Doganali (1862) nel frattempo ebbe anche il compito della vigilanza finanziaria in mare e sui laghi di confine. La Guardia Doganale (alla quale successivamente nel 1881 era stata cambiata ufficialmente la denominazione in quella di Guardia di Finanza) contava su di 14.153 unità organiche, circa un quarto della forza era costituita da sottufficiali, guardie e mozzi di mare, con i quali il nuovo Corpo dovette affrontare il problema della vigilanza costiera. Nelle cronache dell’epoca si legge che la flottiglia doganale inizialmente poteva contare semplicemente di alcuni piroscafi, pirobarche e circa 200 natanti a vela e a remi. Dopo questa prima esperienza nel 1893 vennero assegnati alla Regia Guardia di Finanza, per la vigilanza sui laghi e poi infine nella laguna Veneta, alcune torpediniere, (unità navali di 13,5 tonnellate e poco lunghe di 20 metri, che viaggiavano a velocità massima di 17 nodi, armate con un piccolo cannoncino di 25mm) che vennero armate e manovrate da un equipaggio di marinai. Per non interrompere il filo del racconto, va subito detto che all’epoca la Regia Finanza, non disponeva di elementi specializzati e pertanto si avvaleva per la parte propriamente nautica, del personale della Regia Marina. Pertanto l’equipaggio dell’unità navale, comandante compreso, era composto dal personale della Regia Marina, per la condotta della navigazione, delle macchine e la responsabilità del mezzo navale, mentre la vigilanza doganale era affidata a un drappello di finanzieri (un maresciallo o sottobrigadiere e tre guardie di mare della Regia Finanza) imbarcati per il servizio di istituto. La prima torpediniera, costruita nei cantieri di Thornycroft di Londra, (Regno Unito) per la vigilanza di confine sui laghi lombardi fu assegnata nel 1892 a Porto Ceresio. Successivamente, a Cannobio, sul bacino del Verbano, fu assegnata la Torpediniera T19 “Locusta”. Ed infine a Limone sul Garda, sempre alle dipendenze della Regia Marina, fu dislocata a quei tempi, una torpediniera di quarta classe Euterpe, adibita per il servizio ravvicinato alla vigilanza doganale. Le Torpediniere svolgevano un’attività di vigilanza doganale e di contrabbando sui laghi della fascia prealpina tra l’Italia e la Confederazione elvetica (ricca di imprevisti, non scevra da pericoli e rischi di ogni genere) e durante la navigazione oltre alla bandiera Nazionale spiegata tenevano alzato all’albero di trinchetto il distintivo speciale, il guidone a forma triangolare, di colore bleu, con la corona Reale e la scritta RD in giallo.
Tutte le unità del Corpo furono poste alle dipendenze di Stazioni navali, comandate da ufficiali: le prime ebbero sede a Porlezza, Cannobio e Limone su Garda.
Ci sono mille modi per raccontare una storia: si, perché fu veramente tragica e avvolta nel mistero la storia della Torpediniera T19 “Locusta”, già in dotazione nel 1885 alla maestosa Regia Nave da battaglia Caio Duilio, e poi adibita al servizio doganale e dislocata sul Lago Maggiore.
La notte tra l’otto e il nove gennaio 1896, mentre la torpediniera T19 “Locusta” navigava per un servizio di pattugliamento lungo il limite delle acque territoriali e perlustrava con il grande proiettore accesso e con il fascio di luce la superfice del Lago Maggiore alla ricerca di natanti usati dai contrabbandieri, fu sorpresa da un tremendo nubifragio che provocò la perdita dell’imbarcazione e l’annegamento di tutti i 12 membri dell’equipaggio che si trovavano a bordo del natante: 8 della Regia Marina e 4 della Regia Finanza.
L’unità navale, era stata inghiottita misteriosamente dalle acque del Verbano con tutto l’equipaggio, senza lasciare, la minima traccia di superstiti o relitti.
Tutte le ricerche, e anche l’inchiesta che venne aperta non diedero alcun risultato della drammatica vicenda. Né altro segno è mai, da allora in poi, stato ritrovato sul luogo della tragedia ed in tutto lo specchio d’acqua in lungo e largo tra Cannobio-Cannero-Maccagno-Pino, o altrove nei piccoli paesi in riva al Verbano. Ancora oggi, dopo più di un secolo, restano misteriosi e difficili da individuare con certezza i motivi del naufragio, e le domande restano tutte senza risposta. Questa storia è un film, sarebbe un film o un romanzo, se non fosse una storia vera. Ma non la solita storia di quelle che crediamo di aver già sentito raccontare tante volte, bensì una memoria di una “vicenda storica” di un singolare mezzo navale: la Torpediniera T19 “Locusta”. Ciò che accadde quella brutta notte in quel luogo è ancora vivo nella memoria degli abitanti di Cannobio (Verbania) che hanno voluto “fermare” per sempre e alla memoria i nomi dei 12 naufraghi della Regia Torpediniera T19 “Locusta”, in una lapide commemorativa ( inaugurata il 20 maggio 2006 “ Poggio delle Regie Torpediniere”, nei pressi del porto militare della Guardia di Finanza di Cannobio) che testimonia il cruento sacrificio nell’adempimento del dovere. I cronisti e le testimonianze dell’epoca ci hanno tramandato alcuni spezzoni che raccontano il tragico evento della T19 “Locusta” , ma cosa sia successo esattamente in quella notte buia, non si è mai saputo. Rimane ancora oggi uno dei misteri insoluti del Lago Maggiore. Si può ipotizzare che la maggior parte dei componenti l’equipaggio si fosse ritirato sotto coperta, uniti quasi a proteggersi l’uno con l’altro, nel silenzio, e in attesa che passasse il forte nubifragio. Una vera tempesta che provocò, all’epoca, notevoli danni anche alle località rivierasche del Verbano. Ma in quei momenti di preoccupazione, con la tempesta, pioggia, vento fortissimo e cattiva visibilità, può essere successo di tutto: che la torpediniera sia affondata, a seguito di una grossa e devastante ondata con l’allagamento dei locali dello scafo dove potrebbero essere rimasti intrappolati parte degli uomini dell’equipaggio, mentre altri vennero dispersi in acqua; che una improvvisa onda abbia provocato una violentissima esplosione delle caldaie esterne; la rottura del timone ed il natante in balia delle onde, sbandando di molti gradi, sia poi presumibilmente affondato a seguito del capovolgimento dello scafo, sottoposto alla forza violenta del vento e favorito dalle elevate dimensioni del traliccio, alla cui sommità era installato il proiettore di ricerca notturna. Diverse sono le ipotesi possibili. Ma solo l’individuazione del mezzo militare, che ancora oggi, forse si trova ad una profondità di quasi trecento metri, e le relative perizie potranno dare chiarezza. Qualcuno racconta, che il riflettore della torpediniera T19 “Locusta”, forse, venne avvistato, per l’ultima volta, alle ore 00.15 dietro la curvatura terrestre di Punta Cavalla, fra Maccagno e Zegna, da alcuni finanzieri in servizio di pattuglia. Fascio di luce visto e poi di colpo puntare verso l’alto e improvvisamente scomparire senza lasciare tracce.
Successivamente non ricevendo risposta alla intermittente e ripetuta luce di segnale del fanale, unico riferimento, lanciata da terra, venne subito fatta uscire per portare soccorso, una torpediniera gemella, la 21T “Zanzara” a rondare per tutta la notte sul lago agitato, alla ricerca dei naufraghi, affiancata da una flottiglia di piccole imbarcazioni di pescatori e un gran numero di barcaioli lombardi e piemontesi con mezzi però troppo limitati e del tutto inadeguati per scandagliare faticosamente palmo a palmo i fondali del Verbano. Né il relitto, né gli occupanti furono mai ritrovati.
Nessuno però sa con esattezza cosa sia accaduto quella notte, in quel tremendo fortunale, in quel tratto di lago dell’Alto Verbano, vicino Cannobio. Nessuno dell’equipaggio del mezzo navale T19 “Locusta” è tornato indietro in quella triste notte. Nessun relitto o corpo venne rinvenuto sul luogo dell’affondamento. All’indomani della tragedia, i giornali riportarono la brutta notizia e il lungo elenco dei militari, dispersi in servizio e inghiottiti dalle acque del lago Maggiore. Forse qualcuno di Cannobio ha pianto con dolore e amare lacrime agli occhi; aveva dei parenti, chi il padre, il fratello, l’amico o un conoscente su quella Torpediniera, uomini in divisa, che in lotta con il destino e la malasorte, non rivedrà mai più.
Dopo questo disastroso episodio, in data 8 marzo1896 è disposto con R.D n.75 la cessione al Ministero delle Finanze da parte della Regia Marina di n.10 torpediniere, complete di dotazione e accessori, n.3 barche torpediniere per il servizio di vigilanza sui laghi di Garda, Lugano e Maggiore, nonché nella parte della laguna Veneta. Inoltre il decreto stabilì la sostituzione del personale della Marina con quello della R. Finanza. Le unità navali venivano affidate direttamente al personale della R. Finanza, che veniva così ad assumere in pieno regime anche la direzione tecnica del servizio. Per molti, questo Regio Decreto è l’atto ufficiale della nascita del Servizio Navale della Guardia di Finanza.
Nel maggio del 1975 una équipe di sommozzatori tentò una campagna di ricerche per localizzare il relitto della Torpediniera T19 “Locusta, ma senza troppa fortuna. Altri tentativi di ricerca della sagoma del relitto sono stati intrapresi e ripetuti negli anni, ma senza alcun successo e ogni volta purtroppo privi di risultati concreti. Sinceramente speriamo che ci possano essere ulteriori sviluppi con nuove tecnologie, e soprattutto con più fortuna. Quel battello, sprofondato e inghiottito nelle acque del lago Maggiore, è ora una bara d’acciaio che ha trascinato con sé, tutti gli uomini del suo equipaggio. Essi rimangono ancora oggi nella memoria di coloro che continuano ad amare l’Italia con un grande rispetto. La loro bandiera non sarà mai ammainata.