Ecco cosa proponiamo noi cattolici in vista delle prossime elezioni comunali. Più politiche pro famiglia e meno slogan dettati dai poterazzi
Mentre a destra fervono i preparativi per scatenare lancia in resta il candidato sindaco per Milano, il compagno verde Beppe Sala si fa trovare come sempre ben pettinato sulla stampa del regimetto che lo ha sostenuto per cinque anni di colore tendente al grigio.
Ma c’è una novità. La “rossa” Anita Pirovano che era partita centro sociale e man mano è approdata alla sinistra istituzionale, ben pettinata anche lei (lista Milano Progressista), non senza passare prima dal risottone arancione di Giuliano Pisapia, oggi si trova a fare la scolorita pulzella di una Lista Sala da nomenklatura. Con Sala che la impalma nonostante la pulzella si sia candidamente schierata contro l’intitolazione di una strada o comunque un segno civile alla memoria di Bernardo Caprotti. Che non fu solo il celebre patron di Esselunga, ma un tale che sganciava al Comune di Milano ben 6 milioni tondi di euri l’anno in favore benefico del Teatro alla Scala.
Un verde consumatore di suolo
Sala è per altro passato ai Verdi molto di recente, proprio quando il verde – almeno così denunciano i Cinquestelle, i quali per altro saranno così coerenti da appoggiarlo probabilmente al secondo se non già al primo turno delle prossime elezioni – non è stato in cima alle preoccupazioni di un sindaco piuttosto “consumatore di suolo”.
Altri punti di vista (fronte Giorgia Meloni) temono invece le spinte alla cessione di quote azionarie decisive per il controllo della partecipata A2A, vera e propria gallina dalle uova d’oro nella gestione dell’acqua.
A quando lo schiaffo a Macron?
Infine, per quanto mi riguarda, non trovo affatto elegante, dopo che Emmanuel Macron ha tessuto le lodi del generale Al Sisi – e pur essendo io tra coloro che non condividono l’impuntatura antiegiziana in sostituzione tragica di un totalmente mancante approccio diplomatico –, il fatto che un sindaco che si è tenuto appeso al balcone il famoso cartello esigente verità per Giulio Regeni non abbia poi seguito la coerenza di Corrado Augias restituendo la Legion d’Onore che già immeritatamente il medesimo sindaco di Milano aveva ricevuto nel 2016 dal presidente francese.
Noi cattolici e i cinque anni di Sala
E veniamo a noi. Dove per “noi” intendo il consigliere Enrico Marcora, già esponente della Lista Sala che in polemica con l’operato del neo verde europeo lo scorso anno fece il balzo in Fratelli d’Italia; Matteo Forte, giovane ma già eponimo consigliere dei popolari (lato ciellino) per la sua indomita opposizione alla consiliatura Sala; e infine il sottoscritto, vedetta scribacchiante attestata in trincea berlusconiana, suppergiù dall’epoca in cui il diversamente Andy Warhol Silvio Berlusconi esiste in politica.
Ebbene questi “noi” tre ci siamo detti che almeno tra noi cattolici qualche conclusione sui cinque anni di Sala a Palazzo Marino bisognerà pur tirarla. E magari volantinarla davanti alle chiese milanesi. Succederà nelle prossime domeniche e la nostra valutazione è stata la seguente.
Beppe Sala non è esistito sul piano di un pensiero che non gli sia stato dettato dall’esterno dei poteri forti. E non è esistito soprattutto come presenza ai problemi forti, umani, sociali, della città (sì, certo, a parte le prediche pro immigrati). Perciò merita di essere archiviato come un buon nome da consiglio di amministrazione, ma poco significante da sindaco Milano.
Sempre e comunque schierato con gli Lgbt
E poi, un cattolico molto confuso e per niente dialogico. Non solo per quelle sue sfilate non richieste dalla cittadinanza in testa ai gay pride e con ai piedi i calzini arcobaleno esibiti come una bandierina da una poltrona rosso porpora di cardinale nonsoché. Ma soprattutto per la sua scelta di stare sempre e comunque dalla parte delle campagne Lgbt. Anche quando queste coincidevano con il sostegno di fatto alla pratica dell’utero in affitto – in proposito Sala ha voluto il registro dei “figli di due papà” – e naturalmente garantendo il suo appoggio propagandistico incondizionato alla pacchianissima legge Zan.
Per contro, la sensibilità cattolica del nostro sindaco si è espressa nel lasciare cadere nel vuoto il piano di politiche per la famiglia che fin dall’inizio della consiliatura si era voluto intraprendere in maniera bipartisan. E per giunta nel sospendere gli aiuti economici a nidi parrocchiali e privati proprio durante la grande carestia da lockdown.
Il nostro piano di battaglia pro famiglia
Per concludere, noi tre del fronte Fdi, Popolari e Fi, abbiamo messo in pista un piano di battaglia per il nuovo sindaco tutto incentrato sul sostegno alla famiglia senza la quale – ormai lo hanno capito anche i sassi ma non gli exneopost comunisti ora Lgbt, loro non lo capiranno mai – tu puoi comprarti tutte le Buone Notizie del Corriere della Sera che vuoi, e parlare di “resilienza” come la gallina vola. Però non succede mai niente. E così l’Italia muore pure col Recovery e con tutti i finanziamenti a pioggia che vuoi.
Dunque. Noi tre moschettieri di Noè sollecitiamo l’imbarco sull’Arca della consiliatura per il dopo Sala, di un programma sociale in almeno cinque punti:
- Case a prezzi convenzionati per le giovani coppie.
- Tasse e tariffe comunali finalmente a misura di famiglia, non in senso generico assistenziale, bensì in senso specifico e preciso, commisurato ai carichi familiari.
- Destinazione di risorse importanti a finanziare la natalità, considerato anche il fatto che Milano è una città desolata: ci sono gli studenti, ok, ma è abitata a maggioranza – oltre il 52 per cento – da grandi solitudini, persone sole, anziani e single.
- La realizzazione di un unico sistema integrato di servizi per l’infanzia.
- Promozione di reti di mutuo soccorso familiare e welfare aziendale per facilitare la conciliazione dei tempi di vita, di lavoro e di cura dei propri cari, che siano figli o genitori anziani.
Ecco. Il tutto condito con un bel “ciaone” a Beppe Sala. Che è stato il sindaco più smart, più selfie e anche più antica riserva dei poterazzi salottieri che difendono con le unghie e coi denti la Milano degli autovelox (altri 10 nuovi di pacca solo nell’anno 2021, e ci volevano no, in uscita dal lockdown!). E, naturalmente, delle piste ciclabili arrota ciclisti e pedoni.
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