Il corteggiamento serrato di Matteo Salvini, che ancora ieri sera fino all’ultimo ha provato a convincerlo, non è bastato. E nemmeno le garanzie del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, con cui ha scambiato lunghe telefonate. Gabriele Albertini non correrà contro Beppe Sala alle prossime comunali. C’è chi spera ancora in un colpo di scena, un’«albertinata», ma il finale ormai pare scritto, l’ex sindaco lo ha consegnato al direttore di «Libero» Vittorio Feltri
– “Il ritiro di Albertini è pessima notizia, speriamo di farlo ricredere. Inutile dividersi su quali siamo i motivi o le responsabilità della rinuncia: per vincere Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia devono correre uniti. Non si può condizionare Milano alla soluzione di tutte le dispute romane, altrimenti a Natale siamo ancora qui. Il candidato sindaco di Milano deve essere la priorità numero uno del centrodestra: una coalizione che mette Milano dietro a tavoli e poltroncine non ha futuro. Faccio appello ai leader nazionali, a nome di tutti coloro che quotidianamente e senza grandi mezzi tentano di mandare a casa Sala, di non lasciarci soli in una sfida che invece è strategica per il futuro politico italiano”. Così in una nota Fabrizio De Pasquale, capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino.
Caro Gabriele, la tua decisione di rinunciare alla candidatura a Sindaco di Milano mi addolora: rimango convinto che tu sia l’uomo ideale unico per amministrare una città allo sbando a causa dell’attuale primo cittadino, Beppe Sala. La mia non è una opinione campata in aria, ma si basa sulla esperienza. Infatti la tua gestione del Comune fu ottima e consentì a tutti noi di goderne i frutti. Se tu casomai dovessi ripensarci, sono certo che vinceresti le elezioni con le mani in tasca, perché i milanesi ti conoscono… La tua rinuncia equivale al funerale della città” (Vittorio Feltri)
… E non posso neppure non esprimere il mio dolore, sì, dolore, per il grande patrimonio al quale Milano dovrà rinunciare. Poche sintesi: è inutile ricordare la tua azione nei mandati: è storicamente riconosciuta ma mi piace rilevare qualcosa che ti appartiene: un politico è, per sua natura divisivo, è amato oppure odiato. Tu eri amato e non-odiato. Non era roba da poco. Tralascio la politica, che comunque ti appartiene in toto, come attitudine, passione e conoscenza della storia. E penso alla velocità, alla profondità, ai registri del tuo linguaggio e del tuo comunicare, buono per l’accademia, per il dialogo e per la piazza. Sto alla tua cultura e alla tua umanità, che è tattile, e che sarebbe stata un bene primario della città. E sorrido per le tue citazioni in greco e in latino, e per come, con spirito giusto, rispolveri la tua radice di gesuita. (P. Farinotti)
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