Il sistema fiscale americano non è quello che credono gli ammiratori di Biden
C’è grande eccitazione, nella sinistra italiana, per le proposte del presidente americano Joe Biden in campo fiscale. E’ comprensibile, visto che si tratta, detta in breve, di alzare le tasse per i ricchi. Quello che è stupefacente è che tale entusiasmo si accompagni alla richiesta di “fare come Biden”. Si sono espressi in tal modo, tra gli altri, il Ministro Andrea Orlando e il segretario del Partito democratico Enrico Letta. Ebbene, anche noi abbiamo il diritto al nostro “Carramba”: l’Istituto Bruno Leoni ci sta. Siamo d’accordo. Anzi, ci mettiamo a disposizione di Orlando e Letta per contribuire all’elaborazione di una proposta concreta.
Biden ha annunciato un piano per aumentare ulteriormente il gettito fiscale da parte dell’1 per cento più ricco della popolazione (che nel 2020 ha contribuito per il 38,5 per cento al gettito complessivo dell’imposta sul reddito statunitense https://taxfoundation.org/summary-of-the-latest-federal-income-tax-data-2020-update/). Per raggiungere tale obiettivo, Biden intende adottare una serie di misure.
Anzitutto, aumentare l’aliquota marginale sul reddito (che si applica coi contribuenti che dichiarano più di 518 mila dollari) dall’attuale 37 al 39,6 per cento. In Italia, l’aliquota del 38 per cento colpisce i redditi tra i 28 e i 55 mila euro (che negli Usa pagano il 22 per cento), mentre chi guadagna tra i 55 i 75 mila si paga il 39 per cento e oltre i 75 mila il 43 per cento.
Inoltre, Biden vorrebbe alzare l’imposta sul capital gain dal 20 al 39,6 per cento, ma solo per i contribuenti con reddito superiore al milione di dollari (lo 0,3 per cento del totale). In Italia l’aliquota sul capital gain è del 26 per cento a prescindere dal reddito. Non sappiamo quanti contribuenti dichiarino più di un milione di euro: sappiamo però che poco meno di 41 mila (lo 0,1 per cento) si colloca sopra i 300 mila euro.
L’altra imposta che il presidente americano vorrebbe aumentare in misura significativa è l’equivalente della nostra Ires, portandola dall’attuale 21 al 28 per cento (contro il nostro 24 per cento). Anche qui, però, occorre tenere conto che negli Usa le imprese non sono gravate da svariate tasse che esistono invece in Italia (come l’Irap), che non esiste un’imposta federale sui consumi (mentre esistono imposte statali tra il 2,9 e il 7,25 per cento, mentre l’Iva in Italia è del 22 per cento), e che le accise sui carburanti sono una piccola frazione delle nostre.
Infine, Biden intende aumentare l’imposta di successione, eliminando una serie di esenzioni, che negli Usa ha una struttura progressiva e un’aliquota marginale del 40 per cento sopra gli 11,7 milioni di euro. In pratica, Biden vorrebbe estendere questa aliquota – per la medesima categoria di contribuenti – anche ai capital gain sui beni oggetto di successione. Nel passato l’IBL ha espresso forti critiche (per esempio Alberto Mingardi). Tuttavia, un incremento anche significativo di tale tributo potrebbe essere un accettabile compromesso, a fronte della riduzione dell’imposta sulle rendite finanziarie dal 26 per cento italiano al 20 americano (con una seconda aliquota del 39,6 per cento sopra il milione di euro) e la riduzione dell’Irpef (con un’aliquota marginale del 39,6 per cento sopra i 500 mila euro). Si potrebbe ragionare anche sull’Ires, mettendo nel pacchetto l’Irap, l’Iva e le accise. Tutto ciò senza contare il diverso reddito pro capite e neppure correggendo per il cambio.
L’Istituto Bruno Leoni è disponibile a fornire assistenza tecnica nel disegnare una proposta che vada “nella direzione di Biden”, come chiedono Orlando e Letta. Ma Orlando e Letta saranno d’accordo?
Leggi sul sito dell’Istituto Bruno Leoni.
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