Conte su Facebook ha presentato il nuovo Statuto del M5S.
Queste le contraddizioni viste da sinistra
“E’ un Conte grillizzato quello che, in camicia bianca e maniche arrotolate, in diretta Facebook annuncia la pace fatta con il Garante e avvia la fase nuova del Movimento. Un altro uomo e un altro leader quello del dopo-spigola, più agguerrito e meno ingessato, più scattante e meno noioso, quasi quasi empatico.
Il nuovo Conte sorprende, diciamo la verità. Non solo per il ritorno alle origini, che è il prezzo da pagare per spazzare via le nubi e le incomprensioni con Beppe Grillo, ma per il tentativo di riportare in auge forse l’elemento di maggior successo del M5Stelle, il richiamo trasversale a tutti e a tutto. A sinistra certamente, ma anche un po’ a destra.
E’ un partito pigliatutti, quello delineato da Conte. Di nuovo. Che parla in primo luogo a “chi non ce la fa”, ai giovani, alle donne, ai precari e poi ai lavoratori autonomi, alle partite Iva, ai rider, al ceto medio e al ceto produttivo, alle imprese socialmente responsabili, e anche alle altre, insomma a tutti quei segmenti della società dove ristagnano ancora sacche estese e radicate di arrabbiati e di schifati dalla politica.
Non c’è più solo il ceto politico nel discorso veloce di Conte; il problema di mettere d’accordo i Contiani con i Grillini, di suddividersi poltrone e incarichi e di capire chi sta con chi. C’è l’amo gettato a quello zoccolo duro di indignati e di lontani dalla politica che è sempre lì pronto a riemergere tra le fila degli indecisi e di quelli che stanno alla finestra e ancora non sanno per chi votare. E nelle fasi di grande recessione, come quella che ancora stiamo attraversando, gli indecisi, gli insofferenti, quelli a cui piace più un Vaffa che non un comma statutario sono tanti.
Conte poi rivendica i risultati ottenuti al governo; dal reddito di cittadinanza che non va eliminato come vorrebbe Renzi (una boiata pazzesca, caro Matteo) ma migliorato, allo spazzacorrotti, al mega-finanziamento europeo, al taglio del cuneo fiscale, alle norme sui precari, sino a quelle sulla giustizia che certamente non collimano con quelle della Cartabia.
Rispolvera gli assiomi del populismo prima maniera; il popolo-classe, dei lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori vessati da una burocrazia punitiva e da una giungla di regole oppressive che la “casta” non riesce a smantellare, il popolo-nazione, che deve recuperare l’orgoglio di far parte di una comunità inclusiva e giusta di uomini e donne e il popolo-sovrano, che decide, che si incontra nei “gruppi territoriali” e che vota insieme ai propri portavoce, puliti e incontaminati.
Giuseppe Conte se ne frega dell’enorme paradosso che sta dietro alle sue parole e tira dritta sicuro: ma la contraddizione è gigantesca, quella di un ex Presidente del Consiglio che ci spiega che la politica non riesce a cogliere i segnali e le richieste di chi sta dall’altra parte (?!). E così mette uno stop alla normalizzazione del Movimento che tutti davamo per scontata e apre un nuovo scenario; dove ci porterà e in quale parte dello spazio politico e con quali alleati lo vedremo fra poco.
Blog Elisabetta Gualmini eurodeputata PD
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