L’Europa è concentrata su nuove frontiere delle libertà umane. Gli inginocchiamenti e l’infinito ventaglio LGBT la tengono all’erta, dall’Italia alla Polonia ed all’Ungheria, al punto da mettere a rischio la tenuta dell’Unione. Senza scordare i cambiamenti climatici verso il cui cielo i tedeschi alluvionati guardano con apprensione, proprio come i galli temevano che le volte celesti cadessero loro sul capo. Spesso si tratta di questioni di principio che accomunano il vietato Gay Pride moscovita del 2007 ai recenti 20 Gay Pride polacchi criticati, ma comunque tenutisi. Oppure ai 1118 americani uccisi dalla polizia per strada (che lamenta comunque 147 vittime). Degli uccisi, 1004 erano armati e 114 no; l’etnia afroamericana era la più cospicua in un paese dove il 53% degli omicidi sono commessi dalla minoranza del 12% dei neri, autori del 90% degli omicidi di afroamericani. Questioni di principio o lontane.
Morti
Vicinissimi invece i 1146 morti in mare di prima metà ‘21 sulle rotte dell’immigrazione, concentrati nel Mediterraneo centrale (741), in quello occidentale (150) e presso le Canarie (250). I numeri dell’Oim sono alquanto imprecisi per difetto, a detta della stessa fonte. Ancora più imprecisate sono le centinaia di morti sulla rotta balcanica, dalla Grecia alla Bosnia per Italia e Slovenia, divisa tra il tragitto via Macedonia e Serbia e quello via Albania e Montenegro. Morti nascosti nei camion, inchiodati ai filospinati di frontiera, o assiderati nei campi greci di Ritsona, presso Atene, e bosniaci di Lipa, tra Bihać e BosanskiPetrovac. Tutti questi cadaveri poggiano sui successi della politica europea di respingimento che, dopo tanti fallimenti, è riuscita a riportare nel ’20 in Bosnia 1240 immigrati (dal Friuli alla Slovenia ed alla Croazia) e 15300 in Libia (dalle Saritalomaltesi) nella prima metà ’21. Malgrado l’accanimento dei tribunali che definiscono illegali il pushback o l’accordo italosloveno del ‘96, i numeri si sono triplicati in un anno e decuplicati rispetto al lungo periodo. È una presa di posizione chiara, sostenuta dal popolo continentale, condivisa, senza esplicita ammissione, dai vertici. Black Live Matter non vale Immigrant Live Matter; piuttosto che per i dannati della terra, meglio battersi per la ricca minoranza altrosessuale.
100 summit
A lungo l’Europa ha parlato molto, moltissimo di immigrati, con il titolo proattivo di sostegno alla immigrazione; un centinaio di summit solo negli ultimi 6 anni, dall’arrivo del milione e duecentomila siriani in Germania del ’15 e del’16, anno dell’avvio inglese della Brexit. Leader dell’Unione, capi di Stato, dell’europarlamento, del consiglio dei ministri di settore, delle agenzie, delle organizzazioni internazionali governative e non, ambasciatori, funzionari, consulenti hanno preparato, divulgato, letto o appena scorso centinaia di migliaia di pagine, con relative statistiche, report, piani di rimborso e diagrammi in quei summit. Sono intercorsi milioni di pagine simili nelle diverse sedi tra un summit e l’altro con ulteriori milioni di raccomandazioni, discussioni, esortazioni, proteste nell’ambito dei media classici e social. Alla fine del percorso di Bratislava, quello che non convinse Renzi, tra accordi conclusi euroturchi e falliti eurolibici, siamo giunti allo stanziamento settennale, dello scorso dicembre, di €22,7 miliardi per immigrazione, di cui quasi la metà alla clava dell’Agenzia europea di frontiera e costiera, fornita di ben 10mila guardie.
Sotto l’Europa che parla, studia, scrive, spende e posta, sulla scena materiale ci sono altri umili, e non, protagonisti: marinai delle motovedette che raccolgono fuggitivi clandestini da barche fatiscenti, poliziotti e sanitari che li accolgono sulle banchine, militari di ogni fatta e misura, burocrati di basso livello che ne registrano i dati e smistano gli sbarcati presso strutture pubbliche e private, albergatori, clan della droga che offrono lavoro e Brumotti che fa turismo estremo di denuncia casalinga. Da un lato politici, burocrati di alto livello, funzionari, diplomatici, statistici, esperti, studiosi, consulenti; dall’altro albergatori, secondini, poliziotti, vigilantes, infermieri, palombari, impiegati comunali, questurini, assessori, sindaci ed immigrati affamati o con il rolex, a piedi scalzi o con i cagnolini, nudi o nella seta; infine ong di qua e là.
Tre attori
Il terzo attore che sovrasta i primi due è la morte. Ad essa tocca di fissare le milestones del dibattito europeo, che altrimenti languirebbe, annoiato e sonnolento (ottobre ’13, 368 cadaveri a largo di Lampedusa; ’14, 200 e 300 vittime davanti alla Libia; aprile ’15, 900 nel canale di Sicilia e 300 vicino alla Libia; giugno ’16, 500; novembre ’16, 239 morti davanti alla Spagna; gennaio’19, 117 davanti a Tripoli). I migliori però sono solo 50, ma fotogenici, i cadaveri di bimbi di Zuwara di quest’anno, coperti dalla sabbia della spiaggia. Per loro impazza il dibattito se siano stati sepolti dopo tre giorni o meno. Negli anni dei 100 meeting sono morti più di 22500 immigrati, 225 a incontro. Ne sono morti 18mila nel ’13-’19 nel Mediterraneo, 60mila negli ultimi venti anni nel mondo. Il FatalJourneys dello Iom ed altri, terzo volume, ha censito 13.280 morti nel ‘14, 3.771 nel ‘15, 5.143 nel ‘16, 3.139 nel ‘17, 2.299 nel ’18. L’anno presente si avvia verso i 2300, raddoppiando la cifra del ’20.
sanzioni
In questi anni l’Europa è arrivata a decidere di non volere più vedere morti. Tutta la responsabilità è stata scaricata sui trafficanti libici di corpi, sui quali sono cadute le sanzioni, prima dell’Onu, poi divenute diritto europeo, del ’18. Indubbiamente però una quota di responsabilità l’hanno gli immigrati stessi che si affidano agli schiavisti. Sorprendono le nazionalità dei richiedenti asilo; sono asiatiche, africane, mediorientali e sudamericane e, per arrivare alle colonne d’Ercole, hanno toccato sicuramente molti paesi, né in guerra, né destabilizzati, che avrebbero potuto dare conforto e rifugio. Spesso però hanno un credito morale da riscuotere, come la guerra occidentale ventennale afghana, quella decennale siriana o il veleno marxista nel Sudamerica; e forse i debitori sono i responsabili Usa. Gli immigrati non intendono ragioni, il loro traguardo è l’Europa.
Dibattito
Il vecchio continente è un dibattito di ogni voce. Si dà forza alla reazionaria Agenzia, detta Frontex e parallelamente, nel giugno ultimo scorso, si trasforma l’Ufficio di supporto all’asilo (EASO) in Agenzia (EUAA), aumentandone gli effettivi dai 42 dell’11 a 125 ed il budget da 8 a 53 milioni. Si fa ricorso al pushback di ogni tipo ma si eregge il sistema delle norme minime comuni di procedura delle richieste di asilo (CEAS), deciso politicamente nel giugno ‘17 a Malta. L’Ufficio antifrode (OLAF) indaga tutti per malversazioni e violazioni dei database, con contorno delle solite violenze psicosessuali. Fornitori di sistemi ipertecnologici antiuomo incrociano nei corridoi gli avvocati degli aspiranti rifugianti dell’inufficiale Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE, 107 organizzazioni di 40 paesi); ciascuno in separata sede contesta l’esistenza dell’altro. Come gli abiti sporchi e la farina andata a male partorivano i medievali topi e peste, così palazzoni, lusso d’interni, budget da capogiro, annoiate teste d’uovo, messe in condizione di toccare raramente terra, immerse in report a getto continuo, sulle disgrazie più grandi del pianeta, peraltro irrisolvibili, finiscono per gemmare baldorie e soprusi, stupri e harrassment, accuse cadute sulla testa degli uffici di Leggeri, così come su quella portoghese Carreira, predecessore della slovena Gregori, ora a capo della EUAA.
Frontex
Frontex o EBCGA negli ultimi anni è divenuta il perno della politica europea. Cresciuta piano piano, con soli € 6,3 milioni nel ‘05, 1500 funzionari di reazione rapida nel ‘16, ha fatto un salto di qualità con l’arrivo al comando nel ‘15 del questore francese Leggeri che ha ottenuto un reclutamento di 500 funzionari propri, l’incorporazione dell’operativo Eurosur (Europeanbordersurveillance system) e nuove risorse fino al budget di 333 milioni della Regulation ’19. Il piano di Leggeri dal ‘17 è costoso e tecnologico; droni per 100 milioni di investimento, termocamere, rilevatori dei battiti cardiaci, immagini satellitari in altissima definizione, forniti da ben 138 gruppi privati a disposizione delle navi delle guardie costiere o dei pattugliatori fuoristrada, per localizzate per mare e terra l’arrivo degli immigrati. È il risultato delle molteplici sollecitazioni, tra pranzi di lavoro informali, che tra ’18 e ‘20 hanno cambiato i poteri di rimpatrio per stati membri (Grecia, Bulgaria e Cipro) e paesi terzi (Turchia, Egitto, Lega araba). A Bruxelles, marzo ’20, seduti o meno, i presidenti Michel, von Leyen ed Erdoğan brindavano alla comune posizione su migrazione, crisi in Siria ed intervento rapido delle squadre Frontex. Naturale che Consiglio e Parlamento a fine ’19 abbiano triplicano il budget dell’Agenzia per il ‘21 a 1,1 miliardi ed a 1,9 miliardi nel 2025. Un quadro di 10 miliardi in sette anni con 10mila uomini a regime a disposizione.
Leggeri
Durante l’escalation, nel ’20, Leggeri è stato attaccato a più riprese, a luglio ed a dicembre dall’europarlamento, a ottobre dell’European Ombudsman con la riproposizione delle raccomandazioni del ‘15; a novembre convocato dalla commissaria Johansson. Scontate le accuse per la potenteAgenzia: poca trasparenza, lobbismo, spese pazze, anche di cene e divertimenti con gli inevitabili sexualharassment di contorno. Le richieste di dimissioni sono rimaste lettera morta. L’oscuro viceprefetto della Normandia, dalla sua sede polacca, senza pietà dà la caccia alle ondate migratorie, respingendole indietro anche oltre le frontiere europee per la gioia degli Stati. Senza gran attenzione ai diritti umani, monitora ma non interviene; nel ‘14-‘18 ha salvato nel Mediterraneo centrale 41.725 persone, nessuna nel ’19, malgrado i tecnostrumenti di pattugliamento; al confronto la Guardia costiera italiana ha fatto 304.756 salvataggi, le Ong 121.039 e le navi mercantili 83.512 (dati ECRE). Il colosso Frontex, fa quanto deve, sorveglia ma non soccorre. come chiedeva nel giugno ’15 il Consiglio per aumentare il tasso di rimpatri effettivi degli aspiranti clandestini.
Gioco dell’oca
Il dibattito europeo disegna un grande gioco dell’oca, dove i giocatori dei report trattano su centinaia di migliaia personaggi, drammaticamente reali, in cerca di politica. La mappa disegna i contorni e la densità di Schengen (due miliardi di risparmio dal ’95) da cui dipendono le scomparse frontiere interne; e traccia le frontiere esterne, le aree ricerca e salvataggio, i corridoi umanitari, i percorsi legali, i check point extracomunitari. (prima parte)
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.