Quella che l’Italia e il mondo stanno attraversando sarà ricordata dagli storici del futuro come la prima grave crisi mondiale del 21° secolo, forse la prima in assoluto nella storia ad avere davvero caratteristiche globali. Anche le guerre che noi siamo abituati a chiamare «mondiali» sono state soprattutto guerre europee (e — la seconda — dell’Estremo Oriente), non hanno toccato il continente americano, gran parte dell’Africa e molte regioni dell’Asia. Questa volta invece non c’è angolo del mondo, neppure il più remoto, che sia esente dalle conseguenze di un dramma sanitario che si è tradotto in un disastro economico dalle conseguenze anche umanitarie che potrebbero essere ancora più gravi. A ciò si aggiunge, a differenza del passato, l’assenza di chiare leadership di caratura internazionale. Si potrebbe dire che la gran parte dei Paesi democratici soffrano una crisi di classe dirigente e navighino nell’incertezza. In Europa, con l’addio della signora Merkel viene meno l’ultima figura politica di riferimento, riconosciuta come tale anche dagli avversari. In questo contesto così difficile, un Paese fragile come l’Italia avrebbe bisogno della massima unità possibile.
È quello che abbiamo provato a realizzare, prendendo per primi l’iniziativa di un governo di emergenza, che raggiungesse il massimo di unità possibile, che consentisse di mettere al servizio del Paese le persone e le politiche di più alto livello, andando al di là degli interessi di parte. È in questo spirito che abbiamo voluto Mario Draghi alla presidenza del Consiglio, lo stesso Draghi che in passato i nostri governi avevano indicato alla guida di Bankitalia e poi della Bce, vincendo le resistenze poderose dalla Germania. Non siamo pentiti delle scelte fatte, il governo sta dando una risposta di alto profilo sia sotto il profilo sanitario, con un’adeguata campagna vaccinale come quella che avevamo chiesto, sia sotto quello della lotta alla crisi economica, con un Pnrr credibile che ci consentirà di utilizzare al meglio le ingenti risorse che l’Europa ha messo a nostra disposizione (me ne sono occupato personalmente con i maggiori leader europei).
Bisogna continuare a lavorare su questa strada, nel modo più unito possibile. Per questo sono preoccupato dal fatto che il Paese si stia dividendo nella più assurda delle polemiche, quella sui vaccini. È del tutto illogico dare una caratura ideologica o politica ad una questione che è prettamente scientifica. Non parlo solo del green pass, che è una misura di buon senso alla quale noi siamo assolutamente favorevoli così com’è, ma che — come ogni strumento — naturalmente può essere discusso e migliorabile come legittimamente chiedono i nostri alleati. Parlo proprio del fatto che — se la grande maggioranza degli italiani è fortunatamente consapevole della necessità e dell’importanza del vaccino, non solo come mezzo di protezione individuale, ma come strumento per tutelare la collettività e il diritto degli altri a non essere contagiati — esiste però una minoranza non irrilevante e molto rumorosa che contesta tutto questo. Cattiva informazione, pseudo-scienza, paure irrazionali fomentate dalla babele di messaggi veicolati dai social, voglia di strumentalizzazione politica ma anche — dobbiamo riconoscerlo — la comunicazione confusa e contraddittoria di parte del mondo scientifico attratto dalla ribalta televisiva, hanno creato una miscela pericolosa.
La cosa che più mi rattrista — avendo dedicato tutta la mia vita a battaglie di libertà — sono le parole di chi fa dell’opposizione ai vaccini e al green pass, ma anche all’obbligo delle mascherine e del distanziamento, una questione di libertà. Come se quella di non vaccinarsi, di non adottare elementari cautele, fosse una scelta che non ha conseguenze sugli altri. Come se non esistesse, fra i diritti tipicamente liberali, quello all’integrità della persona, e quindi ad andare al ristorante, a prendere l’aereo, a partecipare ad uno spettacolo o a una manifestazione sportiva senza il rischio di essere contagiati.
Nelle manifestazioni ho visto i No vax indossare la stella gialla, per paragonarsi agli ebrei perseguitati dai nazisti: un paragone non solo ridicolo, ma blasfemo verso la memoria della Shoah, la più grande tragedia del XX secolo.
Ovviamente a nessuno si può imporre il vaccino, nonostante ogni evidenza lo consigli, ma chi decide di non vaccinarsi non può imporre le conseguenze della sua scelta agli altri e deve accettare le limitazioni che ne derivano, per la tutela della salute delle altre persone. È come il divieto di fumo nei luoghi pubblici, che fu il nostro governo a volere (salvando migliaia di vite umane ogni anno): a nessuno è vietato di fumare, ma a nessuno è consentito infastidire o far ammalare gli altri fumando nei ristoranti, negli uffici o sui mezzi di trasporto.
Per questo molto opportunamente Forza Italia chiede l’obbligo vaccinale in un settore delicato come la scuola, nel quale potrebbe essere in pericolo la possibilità stessa della ripresa della didattica in presenza, fondamentale per il processo formativo dei nostri ragazzi. Sui vaccini insomma sono necessari senso di responsabilità, unità nazionale, nessuna strumentalizzazione politica. Altrimenti rischiamo di spegnere la luce che comincia a vedersi in fondo al tunnel.
Silvio Berlusconi (lettera inviata al Corriere della sera)
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