Roma era l’Occidente e la Persia era il suo limite fisico e mentale. Poi Roma si delatinizzò, parlò greco e si spostò ad Oriente e l’Occidente fu barbaro, in odio a Roma ed in perenne inseguimento del mito del suo elevato equilibrio. L’Occidente fu l’espansione violenta vichinga, francese ed iberica. L’asse centrale imperialpapale fu altro, cerniera lampo, ora più chiusa, ora più aperta, tra occidentali e le tante varianti di Oriente. Finché non Roma, mai i Romani caddero, a chiusura del trionfo del grande ciclo del Sud, che poteva vantare estraneità sostanziale con la continuità europea e persiana, riunendosi a quanto era stato distrutto e dimenticato nell’era antichissima di hittiti, egizi e cartaginesi.
L’Occidente fu oltre le colonne d’Ercole, dove l’Europa piatta greco romana era solita precipitare nell’abisso della fine dei mari. L’Occidente fu gli Oceani. Fu la non scoperta della via per l’India, già parte dell’impero macedone; fu il disvelamento di nuovi continenti; fu la coscienza che, speculare a Roma, nell’altro emisfero esisteva un altro impero millenario che i suoi barbari khan avevano mantenuto intatto. L’Occidente conquistò il mondo, tenendosi alla larga dell’Europa regiopapalimperiale e del Sud, malato d’Oriente. Finché le guerre civili ed ideologiche europee non donarono all’Occidente tutto. Usando la leva del conflitto mortale dialettico tra capitalismo e comunismo, l’Occidente toccò la sua acme. Ebbe l’Europa, la camaleontica Russia, le Indie. Con l’esportazione, con due secoli di ritardo, delle religioni laiche settecentesche della rivoluzione nazionalista e di quella culturale, sradicò le tradizioni millenarie estremorientali e meridionali arabe.
L’Occidente ebbe tutto e non se ne accorse. Scambiò la lotta dialettica mortale tedesca per l’ultimo conflitto possibile, non venendone l’unità sostanziale di logica e di mito. E quando alfine il comunismo morì, credette che la semplice prosperità e l’abbondanza avrebbero mantenuto il dominio ideologico europeo. Fu superficiale e non poteva non esserlo, poiché i temi esistenziali della dialettica mortale che gli aveva donato dominio su tanti Est e sul Sud non gli appartenevano. Li aveva strappati al nemico vinto, senza badare che le radici profonde e ramificate stavano nella lotta tra spirituale e temporale, nel conflitto delle investiture, nello sconfitto mondo regiopapalimperiale.
Il Sud e gli Est, vestiti da occidentali, istruiti alle arti e tecniche europee, indottrinati e intruppati dall’ideologia tedesca, vennero chiamati all’incantesimo della semplice abbondanza, della banale prosperità, all’epicureismo più sfrenato ricoperto dalle foglie di fico di diritti risibili e cervellotici. E via via riscoprirono la loro via, la loro tradizione, la propria anima. Non credettero più ai valori occidentali che l’Occidente per primo rinnegava e sputtanava. Con strappi violenti e crudeli, con il rispetto formale dei formalismi della dialettica mortale, divenuta una semplice rotonda stradale che mai finisce senza obiettivi e scopo, abilmente fecero credere all’Occidente che nulla fosse cambiato. Utilizzando le sue aperture, i suoi disvalori, i suoi meccanismi, le sue incapacità di finire le cose, lo invasero di prodotti e di masse di persone, si resero indispensabili sia per pulire la merda che per il lavoro di fabbrica. Consci di seguire senza tentennamenti, la propria via con la stessa determinazione del respiro della vita.
L’Occidente, aperto il vaso di Pandora, restio a distruggerlo, non trova più motivi per fargli la guardia. Non vi trova piacere, ci si annoia. Non può più sperare nel consenso, nell’elogio, nel ringraziamento per il dono dei diritti risibili e sclerotici, ripetuti come mantra dai suoi giornalisti, preti spretati che non credono loro stessi alla loro propaganda fidei. E non può più ammansire la dialettica mortale che ammaliò il mondo. Dotato della più grande forza, l’ha ridotta ad inerme spettacolo di muscoli da culturista oleato e patinato. L’oro di Mida, di cui si credeva monopolista, brilla ora anche per il Sud e gli Est, che hanno imparato ad ottenerlo, riprendendo storia, schemi e miti millenari. L’Occidente ha rubato Ennio poi l’ha buttato in discarica. Gli altri rielevano Confucio, consigliori di monarchi, ad antichissimi splendori.
Ed ecco lo show Kabul, sottile gioco masochista che in fondo dopo tante autoflagellazioni, gode dell’umiliazione suprema.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.