Il karakul, agnello persiano, sgambetta con occhio docile e passo elegante tra bellissimi fiori di loto. Il suo manto dal pelo scuro si svolge, si tesse e si indossa, praticamente, come seta. È la pelliccia rapida, futurista delle bisnonne; di un unico colore, e multicolore nei suoi riflessi di petali intarsiati. Il suo successo nella moda è stato vichiamente un corso ed un ricorso storico fino allo scontro frontale con l’animalismo. I persiani audaci e tinti colorati di Tivioli in futuro saranno ecologici. Perché l’astrakan, la pelliccia non superflua, non morirà mai, come l’omonima antica tartara capitale del Turkestan sulle sponde del Volga caspico, nella russa regione di Bukhara, dell’ex canato di Xacitarxan.
Non c’è solo il pelo piatto lucido, seguono i contrasti cromatici, le geometrie, a fasce più o meno larghe alternate su sfondi predefiniti, del tessuto splendido che risponde al nome di Ikat. Combinando le sete, l’oro bianco dei cotoni, il cashmire di Samarcanda e Buchara, fortezze da deserto dei tartari, l’ikat tramanda l’altissima qualità dei tessuti, eterno miraggio mesopotamico e persiano per i mercanti occidentali che ne erano ossessionati come dall’indaco. Il sacrificio fatto per esaudire il desiderio è stato altissimo; sull’altare della moda è stato donato, regalo votivo, un mare, il Lago d’Aral, già secondo specchio d’acqua dell’Asia Centrale (dopo il Caspio). Per produrre un milione annuo di tonnellate di cotone, 50 kg ad abitante, già nei tempi sovietici, vennero deviati fiumi del lago per irrigare nuovi campi intensivi di cotone; poi il paese, sesto produttore al mondo, diventò da indipendente, il secondo esportatore di cotone, dietro solo agli Usa. Non c’è studente o insegnante che non diserti le aule in autunno per correre a raccogliere l’oro bianco. Intanto però, senza flussi d’acqua, con l’evaporazione naturale e l’uso di diserbantisi sono accumulate irreversibilmente sul fondo del lago d’Aral sabbia e sostanze tossiche che hanno condotto quasi al prosciugamento, con conseguenze sulle attività di pesca e l’innalzamento delle escursioni termiche della regione. I 68mila km2 originali del lago salato di origine oceanica, al confine tra Uzbekistan e Kazakistan sono oggi 7mila. Il delta del fiume Oxus, modernamente AmuDarya, si è ristretto per i canali di irrigazione, tra cui il più grande, quello del Karakum, che corre dall’AmuDarya fino al Mar Caspio. Il consumo d’acqua, particolarmente fondamentale per la moda, determina problemi ambientali spesso sottovalutati. Ci vogliono 2700 litri di acqua per una sola t-shirt mentre un jeans richiede l’acqua necessaria al fabbisogno umano di acqua di 100 giorni.
Karacul, Ikat, Aral, Bukhara, astrakan, cotone, l’Oxus tutto questo, nel bene e nel male, sono l’Uzbekistan, terra persiana, greca, russa del mitico Turan, sito ariano dei turcomanni contrapposti all’Uran persiano zoroastrista. Per forza di cose, l’Uzbekistan era destinato ad essere fonte di idee estetiche e fornitore della moda; fino a farsene protagonista esso stesso. Così è nato il New Uzbek Fashion degli Ikat di KamolaRustamova, SurayoRashidova e GayratkhonKhujamuratov fantasmagoricamente colorati e intrecciati come tappeti. Grande e lugubre protagonista è stata la stilista e cantante GooGooSha, al secolo GulnoraKarimova,. figlia del defunto presidente monarca uzbeko Karimov. La donna per vendicarsi dell’ex marito, gli ha chiusa l’azienda, imprigionati e deportati i parenti in Afghanistan, anche con intervento di killer. Già classificata una delle peggiori figlie del mondo, Gulnora è stata messa agli arresti domiciliari dal 2014. Il contesto politico ha facilitato lo scambio economico e la dialettica estetica. Le nuove ma vecchie elites ex-comuniste delle repubbliche turcomanne e russofone (Karimov, Rahmon, Nazarbayev, Emomali) hanno mantenuto, anche con la forza, regimi laici, partecipi sia delle intese occidentali che del Patto di Shangai russocinese. L’ Uzbekistan ha offerto basi aeree agli USA durante la guerra in Afghanistan, ha partecipato al Northern Distribution Networkin Afghanistan ed ha sostenuto gli accordi di Doha per il ritiro americano. Insieme inviava combattenti in Afghanistan fra le fila di TawhidwaJihod, Daesh ed al-Nusra.
L’erede del primo presidente, al potere per 26 anni Karimov, è dal 2016 Mirziyoyev, già primo ministro dal 2003, che ha lanciato un programma parlamentare di diritti umani senza più repressioni politiche, contando sulla ricchezza potenziale delle grandi riserve di gas e petrolio per le quali opera l’ENI. Non è semplice mantenere l’eredità laica sovietica in un contesto di vincente islamismo. Aiutano però le madrasse scite mistiche ispirate al sufismo, largamente tollerante e tradizionalmente inviso ai fondamentalisti sunniti, in un paese molto popoloso dell’area, non quanto l’Afghanistan (il Kazakistan è già un grandissimo esportatore mente il Kirghizistan detiene la più grande riserva mondiale di uranio). Il Gorbaciov dell’Uzbekistan (secondo la definizione del prof. Fumagalli Violence and Resistance in Uzbekistan, Routledge, 2017) rischia, senza tagliare duecento teste, di lasciare agli islamisti campo libero di diffusione e propaganda che possono raggiungere il consenso generale locale come si è già visto in situazioni geopolitiche simili.
Tra le riforme uzbeke, l’acceleratore è spinto su moda e design. Il locale NIFAD ha stabilito contatti diretti con la famosa Scuola di Moda Polimoda di Firenze mentre accordi sono stati stabiliti tra l’Uzbekistan Textile and Garment Industry Association ed il Milan Fashion Center e tra l’Università Europea di Design (UED) di Pescara e il Tashkent Institute of Textile and Light Industry partecipando alla Tashkent Fashion Week. Tra i milioni di giovani uzbeki, orfani del padre padrone. generalmente destinati a lavori umili in Russia, si fanno largo dunque anche gli stilisti ed i designer, forti di tradizioni secolari multiculturali, di ricami decorati, di tessuti floreali, di una straordinaria artigianalità, attraverso numerose cooperazioni con aziende italiane. L’abbigliamento uzbeko esprime storia, cultura, orgoglio e gloria dello stato. Divenuta una delle locali forme d’arte più popolari, il design uzbeko si ripropone, tra neoetnico e haute couture, come il ritorno dello stile che meravigliò González de Clavijo nel Viaggio a Samarcanda alla corte di Amir Temur detto Tamerlano. L’ingegnosità del re astronomo UlughBeg, del noto Avicenna e di Al-Khorazm, inventore dell’algebra, persa nella notte dei tempi e l’eleganza sovrana della shapka corona di karakul, adorna di gemme, indossata dagli scià persiani e dagli aristocratici russi ed in versione triangolare dal filosofo Gurdjieff, ritornano in questo legame di pratica sociale estetica, con note propositive di dialogo e sviluppo, possibili anche con l’area dei cento milioni di centroasiatici battriani, che un tempo, non dimentichiamo, parlavano greco. Un fil rouge di tessuti rimasto vivo nei millenni.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.