Ecco spiegata la normativa sul CBD in Italia
Nel 2020 il CBD ha rischiato di essere classificato come farmaco stupefacente. Secondo il provvedimento che sarebbe entrato in vigore il 30 ottobre dell’anno scorso, il cannabidiolo sarebbe stato considerato un farmaco e questo avrebbe causato una grave crisi di settore, mettendo in ginocchio la Green economy e l’occupazione giovanile.
Per fortuna non è andata così e di seguito mettiamo in chiaro la normativa che ha salvato una consistente fetta dell’economia nazionale.
Il CBD non è uno stupefacente
CBD è l’acronimo di cannabidiolo, uno dei principali metaboliti della Cannabis. A differenza dell’altrettanto famoso THC, il cannabidiolo non è psicoattivo, al contrario ha effetti calmanti e antinfiammatori, oltre ad essere inibitore dello stesso THC. È possibile acquistare canapa light su Justbob, per constatare gli effetti benefici di questo componente.
Proprio le sue caratteristiche lo hanno reso oggetto di un interesse sempre crescente da parte della comunità scientifica e nei suoi confronti si è espressa finanche l’OMS (l’organizzazione mondiale della sanità), che lo classifica come sostanza naturale sicura.
Ma allora perché, fino al 2020, c’è stato il rischio che venisse classificato come farmaco stupefacente?
Tutta colpa di una normativa ambigua e lacunosa, soggetta com’era, alla libera interpretazione, in quanto non prevedeva alcun riferimento specifico e chiaro al CBD. Non era, pertanto, possibile affermare con certezza che la commercializzazione di prodotti a base di solo CBD, o con bassissima concentrazione di THC, fosse del tutto legale.
DM dell’1 ottobre
Il Decreto Ministeriale dell’1 ottobre ha messo in crisi non poche persone, dal momento che il Ministero della Salute ha annunciato improvvisamente la classificazione del CBD come farmaco. Più precisamente, tutte le “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis” sarebbero state inserite nella “Tabella dei Medicinali del DPR 309/90, Sezione B”, ovvero tra i “medicinali che contengono sostanze di corrente impiego terapeutico per le quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica”.
All’emanazione del decreto sono seguite discussioni e polemiche, soprattutto di natura legale; la dichiarazione del cannabidiolo come farmaco, infatti, va contro una serie di provvedimenti di diritto internazionale, tra cui ricordiamo:
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Convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope di Vienna, 21 febbraio 1971;
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Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, 4-7 giugno 2018;
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Causa C-663/18 della corte di Giustizia Europea.
Questa serie di provvedimenti hanno tutti avuto come risultato la constatazione che il CBD non solo non è stupefacente, ma che, a differenza di quanto si legge nel DM dell’1 ottobre 2020, non induce dipendenza fisica.
A questi si aggiunge addirittura la WADA (World Anti-Doping Agency), la quale sancisce, con un suo provvedimento, che il CBD non rientra tra le sostanze dopanti e che, di conseguenza, gli atleti possono farne liberamente uso, anche in virtù dei suoi effetti benefici sull’organismo.
Gli effetti del CBD
Secondo numerosi studi internazionali, il cannabidiolo possiede alcune accertate proprietà benefiche che ne giustificherebbero l’uso da parte di persone affette da disturbi più o meno lievi.
Questa molecola, infatti, ha dimostrato di possedere grandi virtù terapeutiche e tra le più importanti ricordiamo soprattutto:
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Proprietà antinfiammatorie e analgesiche;
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Effetti positivi nella lotta contro l’ansia e la depressione;
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Placare i sintomi di epilessia e sclerosi multipla;
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Inibizione, ad alte concentrazioni, delle cellule tumorali (ma gli studi su questo aspetto sono ancora in corso).
Il DM dell’1 ottobre ha perciò colpito un’ampia varietà di soluzioni foto-terapeutiche per i disturbi lievi, liberamente acquistabili nei diversi shop, diffusi in Italia a partire dal 2016.
DM del 28 ottobre
Giusto in tempo però, giunge il DM del 28 ottobre 2020 e l’economia italiana può finalmente tirare un sospiro di sollievo. Il Ministero della Salute ha fatto un passo indietro, scongiurando così il pericolo di far crollare l’intero settore della Cannabis light, un settore che, ricordiamo, vale 150 milioni di euro.
Si riconferma così l’apertura del Governo italiano verso una prospettiva moderna sulla Green economy, già auspicata con la legge n. 242 del 2016; questa legge, recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”, ha introdotto importanti novità riguardo la coltivazione delle diverse varietà della pianta a uso industriale, consentendo la coltivazione e la vendita di Cannabis con una percentuale di THC inferiore allo 0,5%.
Conclusioni
Grazie al DM del 28 ottobre 2020, non tira un sospiro di sollievo solo la comunità scientifica o i cultori della canapa, che sta riscontrando sempre maggior successo tra le nuove generazioni, ma anche numerose aziende, il cui futuro era stato messo in dubbio con il precedente decreto.
La Cannabis light infatti, non alimenta esclusivamente il settore dei prodotti della salute ma anche l’industria, trovando applicazioni sia nell’edilizia che nell’industria tessile.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,
Verissimo, abbiamo tutti quanti tirato un lungo sospiro di sollievo 😌 Il Cannabidiolo non ha alcun tipo di attività psicotropa, ci sono numerose pubblicazioni scientifiche a sostegno di questo, non induce alcun tipo di dipendenza, anzi, è semmai utilizzato in via sperimentale per toglierle!
Esatto, per fortuna è andata così! L’olio di CBD è un prodotto naturale quindi non dà effetti collaterali come il THC. Anzi, favorisce il rilassamento, alleviare i dolori, velocizzare il recupero fisico, curare problemi della pelle, combattere ansia, stress e molto altro!