Secondo la Nadef – acronimo che indica la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza fondamentale nel tracciare la linea di politica economica del Paese per l’anno a venire – l’evasione immobiliare ha superato nel 2018 i sei miliardi di euro. Le ‘voci’ principali sono costituite da Imu e affitto in nero: ma si aggiungono le case-fantasma, o per meglio dire ex fantasma in quanto accertate con rilevamenti aerei, totalmente sconosciute al fisco, circa 1,2 milioni di unità. Il rapporto Nadef sull’economia immobiliare sommersa stima che l’Imu effettivamente versata è stata di 13,9 miliardi in luogo di 18,8 miliardi, sottraendo quindi a Stato e Comuni 4,869 miliardi, oltre un quarto del gettito nazionale. Questa tipologia di evasione vede al primo posto la Calabria (46,3%) mentre la regione più virtuosa è l’Emilia Romagna (15%). Certo, incidono fattori locali: l’efficienza della macchina amministrativa e l’emigrazione, che ha trasformato in ‘seconda casa’ l’abitazione principale. Si aggiungono 266 milioni della Tasi e 695 milioni di Irpef a causa degli affitti in nero, e il presumibile reddito delle case fantasma finora scoperte ma non ancora soggette al fisco. Totale, quindi, oltre 6 miliardi.
Ma la riforma catastale, consistente nella sostituzione dell’attuale criterio di valutazione degli estimi basato sulle rendite aggiornate mediante coefficienti moltiplicatori con il criterio fondato sui valori di mercato per metro quadrato, non ha nulla a che vedere con il recupero dell’evasione fiscale e gli immobili fantasma. Siamo tutti d’accordo che l’evasione vada debellata, ed il nostro ordinamento è già dotato degli strumenti allo scopo. Si tratta di renderli efficienti, di perfezionarli e semmai di dotarsi di altri strumenti specifici. Quanto alla questione, in merito alla quale alcuni si illudono di poter pagare meno tasse, riguardante le “sperequazioni” tra alcuni immobili di antico accatastamento nei centri cittadini, che avrebbero valori imponibili inferiori a quelli di immobili periferici più recenti, consideriamo che il processo costante di riqualificazione edilizia in atto, portandosi dietro la rivalutazione automatica delle rendite, ha di molto ridotto le incongruenze. L’ordinamento prevede comunque lo strumento della revisione per microzone, già attuato tra l’altro in grandi città come Milano e Roma. Si affini e si attualizzi quello strumento. E non dimentichiamo che gli effetti della pandemia, ancora in atto, sul mercato immobiliare non si sono ancora visti. Mentre i valori scendono e scenderanno, pensare alla riforma catastale, che darà luogo ad un rilevante incremento del prelievo fiscale sugli immobili, come è negli intenti della Commissione europea, non è segno di saggia politica economica.
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