“Si legge in questi giorni “Milano capitale del clima” e così ci concentriamo, giustamente, tutti sul “clima”, ma varrebbe la pena spendere due parole anche per “Milano capitale”. Perché, ormai da anni, “Milano capitale” viene usato in forma autonoma, buona per reggere praticamente tutto: “Milano capitale del sushi”, “Milano capitale del polo femminile”, “Milano capitale degli showroom”, “Milano capitale sentimentale”, “Milano capitale dei film più premiati” – da leggere tutti di corsa come una lunga anafora – e poi ancora “capitale degli alpini”, “degli e-sports”, “delle truffe via internet”, “della ripartenza”, “dei cavalli” e decine di altri ancora.”
L’osservazione è de Il Foglio ed è l’enfatizzazione di una stampa che vuole forse dimostrare come Milano abbia poco da invidiare al Paradiso. Una visione che esalta un mondo privilegiato che non rappresenta la Milano che soffre, ma la città dell’abbandono, ancora irrisolta e trascurata, ha una vita propria senza purtroppo concorrere con le definizioni encomiastiche.
Forse Milano oggi ha un primato nella disuguaglianza sociale, nel traffico impazzito, nei prezzi alle stelle, nelle case non accessibili dal cittadino comune, nella lunghezza delle code davanti alle mense della Caritas, nel verde senza decoro ecc. Quali le cause?
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano
L’articolo termina con “Quali le cause?”
Le cause sono ben note a chi, a Milano, vive ogni giorno le periferie.
E sono da imputare ad 8 anni di disastri di Pisapia prima e di Sala poi, che hanno fatto diventare Milano un Parco Giochi per turisti, nelle zone centrali o alla moda, o della movida.
Tutto il resto, chi se ne frega, è diventato un bancomat al quale però non corrispondono servizi.