Fossimo i dirigenti di Fratelli d’Italia, Forza Italia e della Lega non ci preoccuperemo affatto. Perché a Milano ha (ri)vinto un candidato con le radici solidamente affondate nei valori del centrodestra. Oppure, facciano loro se hanno intenzione di battere un colpo, ci preoccuperemmo moltissimo, ma proprio moltissimo perché ancora una volta un candidato vincente con le radici solidamente affondate nei valori del centrodestra come Giuseppe Sala, se lo sono fatti rubare dalla sinistra. Che avendo oggi grande penuria di idee e ideali, ma non avendo mai dimenticato la lezione gramsciana dell’assalto alla società civile per raggiungere il potere a ogni costo, ci va poco per il sottile quando si tratta di dare l’assalto a un Palazzo. Che sia d’Inverno o Marino poco importa. Di più dovrebbe importare a un centrodestra che consegna per la terza volta consecutiva Milano alla sinistra. E oggi pure con l’umiliazione della sconfitta al primo turno. All’inizio c’era l’ondata arancione e si disse che chiunque avrebbe vinto, perfino l’avvocato rosso Giuliano Pisapia, poi si disse che il papa straniero Stefano Parisi nulla aveva potuto con un Giuseppe Sala che sudava il successo dell’Expo, questa volta nemmeno si dice e va tutto bene madama la marchesa.
«Un candidato scelto troppo tardi». Ma va’? Chi l’avrebbe detto che litigare per mesi macinando perfino un fuoriclasse come Gabriele Albertini, avrebbe portato a una scelta con l’acqua alla gola? Per poi, nella disperazione, catapultare nell’arena uno stimato pediatra che ci si è trovato come un cavallo da Palio di Siena in una cristalleria. Salvo poi mollarlo a giustificare da solo una disfatta non solo sua, ma di un quartier generale più simile a una torre di Babele che a una coalizione per riprendersi Milano dopo 10 anni. Dieci lunghi anni nei quali si è lasciata alla sinistra la culla della rivoluzione liberale berlusconiana e di quella identitaria di Umberto Bossi. Roba che nemmeno negli incubi peggiori. E a dimostrare che le colpe di Bernardo sono infinitamente inferiori a quelle dei sergenti del centrodestra, ci sono i nove municipi persi tutti al primo turno. Roba che bisogna metterci del bell’impegno. E un bell’impegno è stato messo. Come già detto le note positive vengono da qualche giovane che ha sfondato a suon di preferenze, dopo essersi spaccato la schiena per anni sul territorio. E così ecco farsi avanti il pupillo di Berlusconi Marco Bestetti, Gianluca Comazzi, il caterpillar Alessandro De Chirico e nella Lega la solita Silvia Sardone, il giovanissimo padano Alessandro Verri, la brava Deborah Giovanati, tra i Fratelli d’Italia Francesco Rocca e Riccardo Truppo e poi il popolare dupiano» Matteo Forte. Tutti segnali fin troppo chiari e da ascoltare con le orecchie bene aperte. Prima di trovarsi ad aspettare che un candidato cada dal cielo. Il giorno prima del voto.
Giannino della Frattina (il Giornale)
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