Sanità territoriale, Fontana: ora ci sono le condizioni per metterla in pratica, ma serve la collaborazione di tutti

Lombardia

 “Ringrazio la Fondazione ‘The Bridge’ che è sempre capace di stimolare discussioni su temi importanti come quello che affrontiamo oggi. Mi sembra di poter sintetizzare che c’è ancora strada da fare e che tutti quelli che parlavano di medicina territoriale in molti casi avevano messo in piedi dei prototipi, che poi non hanno funzionato. Quindi coloro che accusavano la Regione Lombardia di non essere pronta al modello di assistenza territoriale, forse avrebbero dovuto conoscere un po’ meglio la realtà di tutte le altre regioni”.

Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, intervenendo, a Palazzo Lombardia, al dibattito organizzato da Agenas e Fondazione ‘The Bridge’, in collaborazione con Regione, intitolato ‘Il potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale: Lombardia, Italia, Europa’, moderato da Alessandro Venturi, professore di Diritto amministrativo e di Diritto regionale e degli Enti locali presso l’Università degli Studi di Pavia.

All’evento hanno partecipato il direttore di Agenas, Domenico Mantoan, Rosaria Iardino, presidente della Fondazione ‘The Bridge’; Alice Borghini, dirigente medico del coordinamento tecnico-scientifico di Agenas; Luisa Brogonzoli, responsabile del Centro Studi Fondazione ‘The Bridge’; Walter Bergamaschi, direttore generale dell’Ats di Milano; Giovanni Pavesi, direttore generale della Dg Welfare della Regione Lombardia e il presidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale della Lombardia, Emauele Monti.

CAMBIAMENTO CULTURALE – “Finalmente è arrivato il tempo di cambiare registro – ha sottolineato il presidente – e di passare dalle parole che tanto si sprecano a qualcosa di più concreto che si rivolga al territorio. Il cambiamento culturale che dovremo affrontare non è una cosa di facile soluzione: occorrerà formare medici, addetti, direttori, persone che si occupino in modo completamente diverso del rapporto tra il territorio e i cittadini bisognosi di assistenza”.

CASE COMUNITÀ – “Le nuove strutture, come le Case della Comunità ad esempio – ha aggiunto – dovranno essere luoghi a cui rivolgersi quando il paziente avrà bisogno di un’assistenza ordinaria evitando di rivolgersi ai Pronto Soccorso. Una sede  dove potrà trovare il medico di medicina generale che, con il supporto di specialisti e tecnologie per approfondimenti diagnostici, sarà in grado di offrire una risposta più performante di quella offerta ora negli studi privati del singolo medico di famiglia”.

POT E PRESST NON DIVERSI DA OSPEDALI E CASE COMUNITÀ – Per il presidente si tratta quindi di una grande rivoluzione che per essere messa in atto ha bisogno di una grande collaborazione di tutti gli attori del sistema sanitario e anche dei cittadini.

“Perché – ha ricordato Fontana – questa grande rivoluzione Copernicana in realtà Regione Lombardia l’aveva già prevista con la legge 23 di evoluzione del sistema sanitario lombardo. Chiamavamo Pot e Presst le case di Comunità e gli Ospedali di Comunità, ma la sostanza era la stessa. Ciò che è cambiato ora è che il Governo ha messo a disposizione le risorse per farle funzionare, perché per realizzarne così tanti erano necessari stanziamenti straordinari”.

TRATTO INSEGNAMENTI DA PANDEMIA – “Dopo il covid – ha concluso il governatore – credo che rispetto a prima ci siano le condizioni psicologiche, culturali, di volontà, da parte di tutti, di partecipare all’attuazione di questo grande progetto di riforma. La pandemia è stata un disastro, ma ha forse spinto tutti a comprendere che l’assistenza sul territorio deve assumere un ruolo determinante nella cura dei cittadini. Dobbiamo lavorare tutti insieme, cittadini, medici, associazioni, pubblico, privato, per non sprecare questa grande occasione. In Lombardia c’è già una grande coesione quindi sono fiducioso che riusciremo a mettere le basi per una medicina del futuro ancora più performante”. (LNews)

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