….È oramai noto, a chi abbia un minimo di spirito di osservazione e di interesse per quello che lo circonda, come l’arredo urbano di Milano sia poco o per nulla curato, cosa che rende la città ancora lontana dall’essere paragonata per qualità della vita ad altre realtà europee e internazionali, nonostante l’immagine cool propagandata in tempi recenti.
Basta guardarsi in giro per accorgersi della trascuratezza degli elementi urbani, sia nella progettazione che nella manutenzione. Dai pali (troppi, brutti, storti, sporchi) ai semafori (talvolta non verniciati e senza nulla a coprire la base con relativi bulloni a vista) alle aiuole (secche, con l’impianto di irrigazione spesso scoperto e non funzionante), dai dissuasori antiterrorismo (orridi blocchi in cemento, vedi piazza Duomo o ingresso Galleria), ai maleodoranti bagni chimici in plastica (vedi parco Sempione) alle squallide transenne usate per mettere provvisoriamente in sicurezza una zona e lì permanentemente dimenticate (vedi caserma di via Mascheroni), alle grigie cabine elettriche (non di rado mezze rotte) e via dicendo. Per non parlare della scarsa attenzione all’accessibilità. Dev’esser ben difficile muoversi in autonomia per chi presenta disabilità fisiche, tra scivoli non sempre presenti, macchine parcheggiate male, rotaie che intralciano, pavimenti sconnessi, assenza di semafori sonori…Storie vecchie, su cui si è già scritto tanto, forse non abbastanza.

Fatico a comprendere come mai la questione non sia mai stata affrontata in maniera seria, a parte qualche annuncio e qualche sporadico intervento relativo a zone limitate, in genere in occasione di qualche importante operazione edilizia.
Sembra per altro esistere un Manuale operativo per l’Arredo Urbano del Comune del 2018, che ad oggi non pare aver prodotto grandi risultati. Non capisco perché, tra tutti i proclami che vengono fatti – Milano sarà più verde, Milano sarà più internazionale, Milano sarà più connessa, Milano sarà più sicura, Milano sarà più veloce – non si sia pensato di annunciare: Milano sarà più bella.
Nei programmi dei principali gruppi politici delle ultime amministrative non se ne è fatto gran cenno, come non ne ha fatto cenno il Sindaco nell’elenco dei principali punti del discorso programmatico tenuto in occasione della prima seduta del Consiglio comunale giovedì scorso. Come se l’estetica cittadina fosse del tutto secondaria, in quel “Bel” Paese, che proprio nella “bellezza” trova il suo elemento di maggiore distinzione e attrazione.
Per questo è necessario per Milano, più che per altre città, rendere piacevole il paesaggio urbano, grazie alla coerenza, alla qualità, all’estetica e alla cura degli elementi che lo caratterizzano. Solo in questo modo possiamo cominciare a paragonarci ad altre metropoli per un alto livello di vita, solo in questo modo possiamo realmente aumentare l’attrattività nei confronti dei turisti e delle aziende straniere, con ovvie ricadute sullo sviluppo economico.
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Senza considerare che Milano si vanta, anche giustamente, di essere la capitale internazionale della moda e del design, della creatività e del lusso. Se voi entraste in un negozio di un marchio prestigioso e le pareti fossero scrostate, se i vetri fossero qua e là crepati, se i pavimenti fossero rotti e malamente rattoppati, se le luci fossero sorrette da sostegni storti e sporchi, credereste alla promessa di qualità dei prodotti di quel marchio? Ci tornereste volentieri in quello spazio? Non credo, del resto la coerenza tra il “prodotto” e gli altri elementi di presentazione/comunicazione del marchio – che tutti insieme ne definiscono l’immagine – è una basica nozione di marketing.
A peggiorare la situazione, ci si è messo, da ultimo, l’asfalto. Vero che le strade avevano bisogno di una sistemata, peccato che per ottenere questo risultato venga usato un asfalto nero, brutto e soffocante che, pur schiarendosi un poco nel tempo, è ben lontano dal rendere piacevole e più “naturale” la città.
Abbiamo anche assistito a trionfali annunci di abbellimenti con asfalto rosso su limitatissime porzioni di strada – con implicita ammissione della bruttura del normale asfalto – ma nel giro di poco tempo il colore scompare: si veda l’intervento in piazzale Baracca, dove del rosso non v’è più traccia o quello più recente in piazza 5 Giornate dove a far attenzione si intravede una lieve sfumatura calda nella pavimentazione, destinata presto anch’essa a svanire.
Ogni strada, ogni marciapiedi, ogni via sono state o verranno probabilmente presto ricoperte da una colata nera, anche là dove vi era una gradevole pavimentazione, magari di un chiaro asfalto rosso – non quello che diventa grigio degli interventi sopra riportati – di cui rimangono, forse ancora per poco, belle testimonianze in via XX settembre o in via Bianca di Savoia, strade realizzate quando ancora c’era quel minimo di velleità di rendere piacevole l’estetica urbana.
Il problema è poi come sono fatti i lavori. Male, molto male. L’asfalto liquido viene colato sopra il vecchio strato, senza che ci si prenda la briga prima di rimuoverlo, come si dovrebbe fare se le cose fossero fatte bene. Il risultato è che il dislivello tra la strada e il marciapiede si assottiglia o si annulla del tutto e si crea un gradino tra il manto stradale e i tombini, i quali vengono in alcuni casi anche in parte coperti. I raccordi con altre parti del manto stradale sono fatti in maniera approssimativa, le linee son storte, i rattoppi mal riusciti, le rifiniture del tutto sconosciute. Certe volte si ha l’impressione che abbiano buttato a caso sopra il vecchio strato un magma nero che viene lasciato da solo a prendere forma e a definire i suoi confini. Inutile dire che dal punto di vista estetico prevale la sciatteria e il risultato è sgradevole.
Per altro, è noto che i colori scuri assorbono più calore dai raggi solari. Un asfalto nero-grigio contribuisce a rendere la città più calda, con la conseguenza che gli abitanti sopportano temperature più alte e ricorrono ad un maggiore utilizzo di aria condizionata.
All’estero (ad esempio a Los Angeles) si stano sperimentando asfalti e materiali più chiari per attenuare l’effetto isola di calore. Da queste parti, fino ad ora, non se ne è mai sentito parlare. Sembra che l’unica soluzione per rendere più sostenibile la città sia affidata al verde, alla piantumazione di alberi. Bene, molto bene, sarebbe splendida una città tappezzata di verde. Ma prima di compensare con la vegetazione conseguenze negative che possono essere risolte in altro modo, perché non rinunciare a qualche albero per investire nel miglioramento di altri elementi, con un approccio alla sostenibilità olistico e non basato su una o due, pur importanti, dimensioni, quelle che oggi fanno più notizia?…
Francesco Virtuani (Arcipelago)
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