Va in scena al Teatro alla Scala per cinque rappresentazioni dal 30 ottobre al 13 novembre la terza nuova produzione dell’autunno scaligero: La Calisto di Francesco Cavalli eseguita per la prima volta al Piermarini con la direzione di Christophe Rousset, regia di McVicar. Nel cast di cantanti, cui è chiesta proprietà stilistica e disinvoltura scenica, spiccano Chen Reiss, Veronique
Gens, Olga Bezsmertna, Christophe Dumaux, Luca Tittoto e Markus Werba e le giovani Federica Guida e Svetlina Stoyanova. Il Barocco ha alla Scala una storia lunga ma discontinua, che solo negli ultimi anni si è consolidata con opere di Haendel: Il trionfo del Tempo e del Disinganno, Tamerlano, Giulio Cesare. La tradizione preclassica italiana tuttavia era rappresentata praticamente dal solo Monteverdi. L’opera è nata in Italia, eppure i capolavori italiani del primo secolo della sua storia sono ancora una rarità d’ascolto sui nostri palcoscenici. Il Teatro alla Scala, su impulso del Sovrintendente Meyer, ha deciso di ampliare il repertorio aprendosi ai compositori che seguirono Monteverdi. Francesco Cavalli, nato a Crema ma trapiantato a Venezia come cantore di chiesa, di cui la Scala ha presentato finora solo La Didone nel 2008 dall’orchestra Europa Galante in trasferta veneziana. Cavalli, spiega Franco Pulcini, “oltre a comporre in uno stile conciso e divertito, festoso e malinconico, cantava e suonava mirabilmente. È ricordato come uomo cortese e bonario, di carattere arrendevole e morbosamente modesto. Dopo la morte della moglie, visse appartato in un ricco palazzo sul Canal Grande con due sorelle. Ci ha lasciato una quarantina di opere con melodie semplici, che rappresentano il canovaccio della vivacità improvvisativa caratteristica della grande stagione dell’“Opera veneziana”, da cui trae inizio il cammino del melodramma con un pubblico pagante.
Una forma di spettacolo che doveva quindi incontrare il favore degli spettatori, pena il fallimento dell’impresa. E la Serenissima Repubblica, a differenza di altri stati, godeva di una libertà unica nella trattazione dei soggetti da mettere in scena. Fossero mitologici o storicizzanti, c’era sempre qualche personaggio popolare che si permetteva salaci allusioni al potente di turno, che altrove non sarebbero passate. L’opera “eroicomica” del tempo, musicalmente conservatrice, era invece spesso audace nell’eros, come è il caso de La Calisto (1651), un divertito Così fan tutte “ante
litteram” interpretato da dèi greci, ninfe e satiri erotomani”.La Calisto (1651) è insieme tra i suoi più alti esiti artistici e un perfetto esempio degli stilemi dell’opera eroicomica che presentava insieme personaggi mitologici e popolari, in un intreccio dai risvolti spesso audaci, banditi dai palcoscenici nel secolo successivo. La ninfa Calisto concupita da Giove in veste di Diana, trasformata in orsa dalla gelosa Giunone e assunta in cielo dal suo spasimante in forma di costellazione, è resa nel libretto di Giovanni Faustini (dalle Metamorfosi di Ovidio) in una rete di allusioni e di riferimenti ora dotti ora lascivi. A dipanare l’intreccio scenico tra astrologia e astronomia, David McVicar, scene di Charles Edwards, costumi di Doey Luthi, luci di Adam Silverman, coreografia di Jo Meredith e video di Rob Vale.A ricreare l’universo sonoro di Cavalli debutta alla Scala Christophe Rousset, esperto del repertorio barocco, classico e preromantico, fondatore dell’ensemble Les Talens Lyriques.
gF. Previtali Rosti
30 ottobre; 2, 5, 10 e 13 novembre 2021
LA CALISTO di Francesco Cavalli
Nuova produzione
Christophe Rousset, direttore
David McVicar, regia
Charles Edwards, scene
Doey Luthi, costumi
Adam Silverman, luci
Jo Meredith, coreografia
Rob Vale, video
Chen Reiss, Calisto
Olga Bezsmertna, Diana
Luca Tittoto, Giove
Veronique Gens, Giunone
Christophe Dumaux, Endimione
Luigi De Donato, Silvano
Markus Werba, Mercurio
Chiara Amarù, Linfea
Federica Guida, Furia/Eternità
Svetlina Stoyanova, Furia/Destino
John Tessier, Pane/Natura
Damiana Mizzi, Satirino
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