Il “ghe pensi mi” antidemocratico del manager Sala

Milano

Il sindaco Sala nega ai milanesi la possibilità di discutere pubblicamente le sue scelte, niente dibattito pubblico né referendum, Per San Siro dice “Decido io”. Il concetto di democrazia partecipata non gli appartiene e non gli è mai appartenuta. Riportiamo alcune analisi per un approfondimento.

“…L’impressione è che su molti dei problemi che hanno una reale incidenza sulla vita degli abitanti non vi sia ascolto né coinvolgimento dei diretti interessati. Senza parlare dei grandi progetti, dove non sempre sono chiare le dinamiche processuali e i criteri di scelta delle soluzioni (vedi progetto nuovo Stadio).

“La caratteristica principale di una democrazia è l’ininterrotta disponibilità del governo a recepire le istanze dei cittadini”, scrive lo studioso Robert Putnam, tra i principali teorici del concetto di capitale sociale. D’altra parte, per generare e mantenere un “buon governo”, la cittadinanza deve “partecipare al processo decisionale o almeno poterlo osservare nei suoi sviluppi, così da capire come si arriva alle decisioni che li riguardano, in base a quali criteri vengono compiute tali scelte nel contesto di interessi contrastanti e risorse limitate”  (Francesco Virtuani)

“…Ma che Beppe Sala non avverta l’obbligo politico e civile di chiamare il Consiglio e le forze politiche ad esprimersi ed ad assumersi responsabilità, non stupisce. Eppure dovrebbe. La città, per ora, resta come inerte di fronte ad una prassi che appare una lesione profonda dei propri diritti. E se l’architettura istituzionale della Bassanini legittima giuridicamente uno schema che vede il sindaco decidere in solitudine, è anche lecito chiedersi se non si stia passando il segno su questa strada e se il nostro Sindaco non ci sia mettendo del suo, e quanto.

Come tutti sanno, Beppe Sala, prima di giungere a Palazzo Marino, è stato manager di successo, mestiere di prestigio certamente, ma non la migliore palestra per formare una sensibilità democratica. Il manager apicale (CEO, o amministratore delegato) è scelto dall’azionista per raggiungere gli obiettivi stabiliti e solo all’azionista risponde. Nel rispetto della legge, dispone dei più ampi poteri nell’esercizio del suo mandato: decide, anche se la pluralità degli azionisti e dei loro interessi, la competizione con altri manager, la presenza delle organizzazioni sindacali, possono spingerlo ad una qualche mediazione e quindi ad una parvenza di politica. Beppe Sala sembra aver trasferito di peso lo schema aziendale nella conduzione della sua sindacatura, essendo il popolo il suo azionista, ma un azionista strano o distratto che, avendolo scelto per cinque anni, poi si dimentica dei suoi interessi e lascia tutto nelle mani del suo manager….” (Giuseppe Ucciero)

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