Avete presente quelle case in cui gli anni sembrano non essere mai passati e in cui in un angolo c’è ancora un televisore a colori e con l’appendice dietro, insomma con il mitologico tubo catodico? Ha svolto la sua degna funzione per anni ed evidentemente non si ha voglia di rottamarlo. È là, e qualche volta sputacchia qualche segnale di vita, ma è fuori tempo e soprattutto non è connesso.
È la stessa sensazione che si prova a dover commentare lo sciopero generale che Cgil e Uil hanno deciso di proclamare oggi (ieri ndr): un oggetto conosciuto, ma scollegato da ogni realtà. E del tutto inutile. È come entrare in una stanza in cui tutto si è cristallizzato nel passato.
Il sapore è quello di una rivendicazione su tutto e dunque su niente. A ciò si aggiunga che la piazza non appare abbia un «nemico» vero, del tipo Silvio Berlusconi per le manifestazioni del Circo Massimo. Il segretario della Cgil, Landini, è passato alla velocità della luce dal no green pass al consenso al lasciapassare anche in versione super, è transitato dall’abbraccio al banchiere Mario Draghi alla sua contestazione in piazza. Lo sciopero sembra più l’estrema rivendicazione di esistere perché si ha una struttura, che il tentativo di incidere davvero sulla politica economica del governo. A ciò si aggiunga la circostanza sfavorevole per Landini & C. di non essere riusciti a racimolare alcuna sponda politica. Tutti i loro tradizionali interlocutori sono al governo, compreso un ministro del Lavoro garbato come Orlando, che incredulo, immaginiamo, si deve essere morso le labbra, per non averlo condannato più di quanto abbia fatto.
Questo sciopero è semplicemente inutile. Forse il più inutile degli ultimi decenni. Farà relativamente male ai cittadini, ormai abituati ad una vita a singhiozzo. Ma sarà anche particolarmente antipatico all’opinione pubblica per la sua incomprensibilità.
Difficile pensare che questa prova muscolare comporti anche un minimo cambio di rotta. Anche se tutti avranno l’interesse ad affermarlo.
Ps: in una democrazia liberale non sono i giornalisti e tanto meno i politici a decidere quali scioperi si possono fare, e il fatto che l’«emergenza» non abbia cancellato, almeno, questo diritto è positivo. Aspettiamo per gli altri.
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