imaginary witness
Nel primo ventennio postbellico uscirono ca. 110 film attorno all’Olocausto; 5 negli anni ’30, 48 nei ’40, 16 nei ’50 e 42 nei ’60; gran parte di loro furono fuori tema. Lo mostra al di là di ogni dubbio Imaginary Witness. Glassman aveva vinto i premi della critica di New York, di Boston e della National Society con il documentario del ’92 Visions of Light, una discussione sull’arte della cinematografia dagli albori dell’inizio del XX secolo. Anker ebbe l’idea di usare lo stesso format per il suo docufilm Imaginary Witness, Hollywood and the Holocaust del 2004 sul trattamento hollywoodiano dell’Olocausto degli ultimi sessant’anni. IW, già presentato dal 2005 in vari festival da Varsavia a San Francisco, da Adelaide a Thessaloniki a Hong Kong e nelle sale, uscì ufficialmente nel 2007 quando venne trasmesso per la TV via cavo, American Movie Classics che l’aveva prodotto. Figlio di un rifugiato, e nipote e cugino di vittime dell’Olocausto, Anker era molto sensibile al tema ed utilizzò clip estese di oltre 40 film come The Mortal Storm, The Great Dictator, The Diary of Anne Frank e Schindler’s List, di cinegiornali militari dei 13 studios recatisi direttamente in Europa per rispondere all’appello del generale Ike Eisenhower di testimoniare le atrocità naziste e di oltre 40 interviste con i principali studiosi, registi, attori e testimoni. Di queste, 21, in particolare qualificavano il documentario perché facevano parlare chi meglio poteva spiegare i film scelti e inseriti; coinvolgevano gli storici Berenbaum, Gabler, Insdorf e Rivo, i registi Curtis, Lumet, Spielberg e Sherman, gli sceneggiatori Barzman e Wald, gli attori Reynolds, Steiger e Weaver, i produttori Berger, Starger e Stevens, lo scrittore Rosenbaum, il montatore Frazen e due sopravvissuti, l’attore Clary ed il produttore Lustig. Altre interviste, come al sopravvissuto Meed ed al rabbino berlinese Prinz, derivavano da cinegiornali e talk Tv inclusi nel film.

Dove apparivano anche la conferenza di Gerusalemme dei sopravvissuti all’Olocausto, la riunione di una sorella con una sopravvissuta tratta dalla trasmissione Tv This is Your Life, scene dai documentari Kitty, Return to Auschwitz, filmati di campi liberati, scene da lungometraggi con contenuto diretto dell’Olocausto, il cartoon I Ducktators dei Looney Tunes, estratti dalla miniserie Roots (che introdusse la miniserie Holocaust) legati se non alla raffigurazione, alla memoria dell’Olocausto. I film citati erano Legione Nera, Cabaret, Confessioni di una spia nazista, Fuoco incrociato, Il diario di Anna Frank, Accordo tra gentiluomini, Il grande dittatore, Harold e Maude, Eroi in vendita, I figli di Hitler, Il pazzo di Hitler, miniserie NBC Olocausto, CBS Playhouse 90 tv Sentenza a Norimberga (e idem film), Ho sposato un nazista, La tempesta mortale, Nessuno scapperà, Il banco dei pegni, I produttori, La ricerca, la lista di Schindler, La nave dei folli, Cantare nel buio, La scelta di Sophie, Essere o non essere, Domani il mondo, Metropolitana, miniserie ABC Guerra e memoria.
Si tratta di uno sguardo a 360 gradi sulla rappresentazione cinematografica degli eventi dell’Olocausto, sulla creazione di un’opinione popolare e sull’influenza subita da essa, dove appaiono tutti i limiti di una fantasy Industry alle prese con uno dei capitoli più orribile della storia moderna. Si trattava di immaginare sullo schermo l’inimmaginabile; impresa cui, malgrado i dubbi morali, l’industria cinematografica era chiamata a fare la sua parte. Lo studio di Iw categorizzò le opere elencate in precise fasi storiche dell’approccio hollywoodiano.

1° fase La prima fase mostra gli ebrei quali capri espiatori della Germania di cui Hollywood è riluttante a condannare l’antisemitismo nazista. Il Codice di Hollywood di produzione autocontrollato vietava espressamente qualsiasi rappresentazione ingiusta di altre nazioni, in particolare quando erano in gioco interessi economici. Secondo Anker, solo Chaplin con Il grande dittatore violò la regola. C’erano stati però prima che l’America entrasse in guerra Confessions of a Nazi Spy e The Mortal Storm.
2° fase Il Codice di Produzione vale anche durante la guerra. Con All Movie Guide, l’industria cinematografica americana fa la cheerleader degli interessi militari Usa. Il cinema è concentrato sul Pacifico. Della Germania nazista tratta Domani il mondo ’44 con l’idea della vittoria certa della democrazia. Nessuno Shall Escape ’44 che anticipa il desiderio di giustizia e condanna osando affrontare direttamente la Soluzione Finale è un B movie a basso budget. Come King of the Zombies ’41 di Yarbrough e Revenge of the Zombies ’43 di Sekely, agitate pellicole,

nell’atmosfera militare che iperanticipano le mostruosità del nemico, poi concretate nei successivi Nazizombies.
3° fase Dopo la liberazione, Hollywood lavora per l’unità cinematografica militare dell’Army Signal Corps Motion Picture Units; i registi Capra, Huston, Wilder e Stevens entrano, ancora prima delle squadre mediche, nei campi di concentramento per riprendere. Il montatore Frazen e lo sceneggiatore Wald, vomitando, ammisero che la cosa più orribile, era vederli, perché i detenuti camminavano nelle loro uniformi bianche e nere come fantasmi. All’indomani dei film delle Army Units, l’incorporazione delle atrocità dell’Olocausto nei film sull’antisemitismo, come in Crossfire e Gentleman’s Agreement del ‘47 però cessa. Le immagini nei cinegiornali di bulldozer che seppelliscono corpi a Bergen-Belsen restano impresse nella memoria collettiva di una generazione di spettatori ma sembrano troppo brutali. Ike che aveva visitato personalmente il campo di concentramento di Ohrdruf per fornire prove di prima mano di queste cose se mai, in futuro, si sviluppasse la tendenza ad accusare queste accuse semplicemente alla propaganda, esorta giornalisti, fotografi e registi Usa e Uk a diffondere. È tutto nei file personali di Warner alla Università del Sud California e lì resta. Le apparizioni nei programmi Tv di scene dai Army Units subiscono rigide restrizioni.

L’adattamento cinematografico del ‘59 dell’opera teatrale ‘59 dell’opera teatrale Il diario di Anna Frank viene svolto con la regola che il pubblico non sarebbe stato soggetto a nessun orrore nazista. Lo sponsor American Gas Company della versione Tv dell’opera Judgment at Norimberga, ottiene che la parola gas non sia mai menzionata. L’Olocausto ed i suoi campi scompaiono per decenni; bisogna corteggiare il nuovo mercato tedesco post-nazista.
3bis° fase Iw non ne parla, ma esiste una fase molto lunga e attiva che ha come protagonista il pugno in faccia, quello che Capitan America diede a Hitler nel suo primo albo a fumetti del ’41; che si prolunga agli anni ’70 e ’80, nelle scazzottate della saga dei predatori dell’arca perduta (Indiana Jones ’81 e ‘89 di Spielberg) dove viene addirittura raccolto l’autografo di Hitler, fino ai giorni nostri, con Bastardi senza gloria 2009 di Tarantino e L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot 2018 di Krzykowski; ed infine nei videogames di Captain America (and the Avengers, Il super soldato), Lego Marvel (Super Heroes, Avengers, Super Heroes 2) e Marvel (Sfida dei campioni e Future Fight).

Sulle ali del modello del Marvel Cinematic Universe, l’idea romantica di duello a scazzottate con il nemico storico essenziale (a prescindere dalla Shoah) nasce già nello scontro diretto tra l’eroe patriottico dello Shield e lo spionaggio nazi negli States dell’Hydra, tecnodipartimento di Hitler; nella lotta con la versione femminile (Fausta the Nazi Wonder Woman ’76 serie Tv episodio 1×3 di Marston) dell’eterno Teschio Rosso (una vita infinita, da nazista a comunista nei fumetti e nei film di Capitan America ’90, dove il Teschio non è tedesco ma italiano; Il primo Vendicatore 2011 di Johnston; The Winter Soldier 2014; Avengers Infinity War 2018 e Avengers Endgame 2019 di Russo).
zombies e pugni
Il pugno in faccia al nemico, tedesco e nazista, risultato delle complessità snervanti europee, è giustificato dalla sua mostruosità da zombie, dalla sua cattiveria di dittatore irreggimentatore contro cui si alza l’ala americana della difesa della libertà e dei diritti personali. Uno schema buono-cattivo che viene reiterato ad ogni latitudine e contro ogni nemico. Scomparsi Male assoluto e Shoah, resta la gloria dell’impresa militare, in equilibrio tra le esigenze di diminuitio del nemico per inferiorità manifesta e di sua grandezza per magnificarne la sconfitta.

Nello schema c’è l’attesa scontata della rappresentazione dei popoli in attesa speranzosi dell’America, usbergo della libertà; ma manca la materia prima (tra le poche rappresentazioni L’uomo dal cuore di ferro 2017 di Jimenez); grandiosa assenza ulteriore, la nebbia ed il fumo dei bombardamenti continui h24, veri protagonisti della storia che nel racconto stanno fuori scena.
4° fase L’ultima fase comincia molti decenni dopo la fine della guerra, nel ’78, inaugurata dalla miniserie Tv Holocaust. Alcuni la giudicarono una soap opera per alcuni, eppure divulgò fra i giovani una storia quasi misconosciuta. Miniserie nata per gemmazione (una settimana dopo) dalla miniserie televisiva Roots sull’origine afroamericana, ebbe l’effetto di cancellare in Germania la prescrizione sui crimini di guerra, prevista per il ‘79. Seguono nell’82 e nel ’93 Sophie’s Choice e Schindler’s List. C’erano voluti 33 anni per far realizzare ai registi racconti realistici della soluzione finale.

Alla sua uscita, Iw, narrato dalla voce di Hackman, colpevolizzò gli americani in modo devastante. In realtà, la testimonianza di Hollywood era immaginaria, così come la sua responsabilità. Se i film influenzano l’opinione pubblica ed i registi sono responsabili delle rappresentazioni, la cultura popolare regolamenta con il consenso la distribuzione delle produzioni. I tempi scanditi da Hollywood erano quelli dell’opinione pubblica, storicamente ignorante di cose europee, e delle correnti culturali americane sull’Olocausto. Hollywood non fu più colpevole della società americana che si lasciò alle spalle presto il senso di colpa.
5° fase
Oltre Iw, si vedono oggi le fasi successive. Nei decenni presi in considerazione da Imaginary, i film che fanno riferimento all’Olocausto furono negli anni ’40 quarantasette, negli anni ‘50 sedici, negli anni ’60 quarantadue, negli anni ’70 cinquantasei, negli anni ’80 quarantacinque e negli anni ’90 quarantanove. Il nuovo secolo vede un impeto rappresentativo inaspettato; 75 nel primo decennio, 80 nel secondo, 9 in quasi due anni dell’attuale decennio.

Con i 5 degli anni ’30, sono un totale di 424 titoli in un secolo non ancora compiuto, una mediadi 42 film a decennio, quattro all’anno. C’è il tempo del riepilogo delle piattaforme dello streaming. Nel Giorno della Memoria, Netflix propone sulla Shoah Riphagen (PB, 2016), Il banchiere della resistenza, Ballata per un condannato, Il fotografo di Mauthausened (SPA, 2018), Schindler’s List (USA, 1993), La vita è bella (ITA, 1997): Il boia insospettabile (USA, 2019); i documentari Il contabile di Auschwitz, Einsatzgruppen le squadre della morte, Numbered, Hitler una carriera, Nazi concentration camps. Su Amazon Prime, invece, Jona che visse nella balena (ITA, 1993), Good L’indifferenza del bene (UK, GER 2008), Vento di primavera (FRA, GER, UNG 2010), Il figlio di Saul (UNG, 2015), Sonderkommando (cortometraggio ITA, 2015), La guardia di Auschwitz (UK, 2018) e le serie Olocausto (USA, 1978), Il diario di Anna Frank (UK, 2009). Venendo meno, ogni anno di più, per ragioni anagrafiche i sopravvissuti, ad Hollywood ed ai nuovi sistemi mediali resta tutto il peso della rappresentazione diffusa, anche fantasy, della storia e della memoria.

Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.