Gara di solidarietà per la mamma che vive al freddo, disoccupata con un figlio: arrivano caldaia e lavoro

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Una storia emblematica che alza il sipario sulle condizioni emergenti di povertà in una città travagliata, ma anche il risveglio di una solidarietà generosa.

Chiara (nome di fantasia), separata e disoccupata, deve pagare il mutuo della casa. Vive al gelo da sei anni. Alterna lavoretti di pulizia a quello di badante. Lei e il figlio 13enne sopravvivono grazie a un piccolo condizionatore elettrico: “Al mattino lo imposto sulla temperatura massima. Non scalda, serve giusto per non sentirmi addosso il gelo della notte”, spiega. La caduta di una lavoratrice verso la condizione di povertà e inizia con un passaggio ‘classico’: l’esternalizzazione del suo contratto di lavoro. “Facevo servizio ai piani all’hotel Principe di Savoia di piazza della Repubblica, poi siamo passati a una cooperativa e dopo un po’ non c’era più bisogno di me”, dice. E la pandemia le ha reso ancor più difficile trovare un’occupazione stabile.

Una storia triste che, negli ultimi giorni dell’anno, ha toccato molte coscienze tra i lettori del Corriere e che ha stimolato tante manifestazioni di solidarietà e generosità. Qualcuno ha offerto somme di denaro per pagare tutto o in parte l’impianto di riscaldamento autonomo che renderebbe vivibili i mesi freddi nella casa alle porte di Milano, altri hanno proposto di portare e installare direttamente una caldaia. Non solo: tra chi si è rivolto direttamente alla Caritas ambrosiana — che ha già in corso un progetto di sostegno per Chiara — c’è anche il manager di un’azienda che già la prossima settimana interverrà per l’installazione di un impianto di riscaldamento e quello di una società che intende considerare il curriculum vitae della signora per un possibile ricollocamento al lavoro.

«Non mi sembra ancora vero — dice lei, ancora al freddo — ma io so che c’è tanta gente generosa ma che in molti casi non conosce la reale situazione o è a sua volta in difficoltà». La prospettiva di un’imminente soluzione al problema del riscaldamento la rende felice, ma l’ipotesi di un lavoro che le consentirebbe di recuperare autonomia e dignità la commuove: «È il mio desiderio più grande».

Contenti anche gli operatori della Caritas ambrosiana che seguono la situazione di Chiara e di tante altre (troppe) persone che vivono ai limiti della sussistenza: «Molte situazioni si risolverebbero semplicemente con il lavoro — spiega il direttore Luciano Gualzetti — perché il tema della povertà energetica, delle vite al freddo perché mancano i soldi per le bollette è ricorrente ed è uno dei volti delle nuove povertà di chi ha un casa ma non più entrate certe».

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