La giunta di sinistra si nasconde dietro la pandemia e taglia il doposcuola senza rimborsare le famiglie (che hanno già pagato). «Il problema è strutturale, i disservizi proseguono da anni», spiega a Tempi il consigliere Matteo Forte
«Il problema rappresentato dalle assenze di personale dovute al Covid esiste a Milano, ma la decisione della giunta di sospendere il doposcuola negli asili nidi e nelle scuole dell’infanzia comunali è diretta conseguenza di un sistema che non funziona da anni e va riformato, ma che il sindaco Beppe Sala si rifiuta di riformare». Così il consigliere comunale Matteo Forte (Milano popolare) commenta a Tempi il messaggio inviato dal comune alle famiglie per informarle che a partire da lunedì il servizio di doposcuola sarà sospeso «fino a data da destinarsi».
Il problema non è (solo) il Covid
Peccato che le famiglie abbiano pagato anche per il prolungamento di orario e nel messaggio, ovviamente, non si parla di rimborsi. «Come lo scorso anno, il Comune non sta ai patti», spiega Forte. «Fa pagare un servizio che poi non eroga o eroga solo parzialmente. Così le famiglie non hanno certezze. Ma questa disfunzione è strutturale, non appena dovuta al Covid».
Come spiegato dal Corriere, a causa di contagi e quarantene il comune di Milano si è trovato a fronteggiare numerose assenze tra le educatrici comunali. In media, da settembre, ogni giorno il personale assente varia tra le 500 e le 700 unità. C’è chi incolpa le educatrici no vax, ma il loro numero è esiguo: appena 84 su 3.200, la metà delle quali ha già inviato la documentazione che attesta di aver prenotato il vaccino, mentre 18 sono state sospese.
Disfunzioni negli asili a Milano «strutturali»
«Il problema non è il Covid in sé ma il fatto che la giunta di sinistra ritiene che imprese e famiglie siano al servizio del comune e non il contrario», prosegue Forte, ricordando la tassa di 52 euro di pre-iscrizione introdotta durante lo scorso mandato di Sala e il taglio delle risorse, nel marzo del 2020, alle scuole paritarie convenzionate con l’amministrazione. «Si lamentano che le famiglie chiedono un posto e poi si organizzano diversamente, ma non pensano che se una famiglia a settembre non ha ancora ricevuto risposta è costretta a preparare un piano B. E così, per vincolarle alla scelta comunale, si sono inventati un’altra tassa».
Se è vero che la pandemia ha reso la vita difficile alla giunta Sala, i problemi dei servizi all’infanzia di Milano sono «strutturali». «Io sollevo questo problema in consiglio comunale da anni», precisa Forte. «Assumere nuovo personale non è la soluzione perché non si fa altro che appesantire le casse comunali. Il nuovo personale, inoltre, non migliorerà la qualità del servizio, del quale troppi milanesi si lamentano da anni, perché il settore è ipersindacalizzato e i disagi creati da continui scioperi all’ultimo minuto non verrà risolto».
Sala e la sinistra si rifiutano di cambiare
Le soluzioni però ci sono, anche se il sindaco Sala e la sinistra per ideologia non vogliono sentirne parlare: «Bisogna aprire un sistema attualmente chiuso e promuoverne uno integrato, dove comune e privati siano sullo stesso piano e il primo non si limiti ad acquistare alcuni posti al secondo, ma ne riconosca il valore pubblico, anche economicamente, lasciando libere le famiglie di accedere alla struttura che preferiscono senza penalizzazioni tariffarie».
Inoltre, come indicato da Forte nel suo Piano anticovid “Milano riparte”, si potrebbe favorire la «costituzione in associazioni temporanee di scopo di nidi, materne, reti di mutuo-aiuto, associazioni familiari e oratori, in modo da garantire più educatori, servizi in orari diversi e più spazi. Ma di tutte queste cose non abbiamo mai avuto la possibilità di parlare in consiglio comunale».
Milano rimborsi le famiglie
E se proprio Sala vuole insistere nella sua concezione statalista e dirigista dei servizi all’infanzia, che rivelandosi inefficaci penalizzano soprattutto le donne con tanti saluti alla sbandierata uguaglianza di genere, potrebbe almeno «rimborsare le famiglie per un servizio pagato ma di cui non godono da settembre 2020. Le risorse risparmiate dal comune sul doposcuola, o quelle ottenute con i 52 euro di pre-iscrizione, tornino nelle tasche dei cittadini, magari sotto forma di voucher babysitter o tagesmutter. Una opzione non esclude l’altra».
L’ennesimo pasticcio della sinistra a Milano, che continua a complicare la vita delle famiglie senza curarsene troppo, conferma che «non si può più perdere tempo: è ora di riformare il settore o a pagare saranno ancora una volta i cittadini».
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