Il Borèlla, di cui nemmeno si conosce il vero nome e cognome, aveva un negozio a Porta Tenaglia, dalle parti di Largo La Foppa. Da giovane era stato uno “strascèe”, quelli che andavano in giro per la città con un carretto o un triciclo e compravano la roba usata e da buttar via.
Pare strano, ma un tempo la raccolta dei rifiuti funzionava al contrario. Oggi noi paghiamo profumatamente per farci portare via l’immondizia e ciò che non ci serve più.
Sino ai primi anni del Novecento era chi ritirava gli oggetti o la “ruèra” che pagava!
Gli “strascèe” poi selezionavano la merce, la riparavano se serviva e la rivendevano ad altri milanesi.
Il riciclo perfetto.
Il Borèlla fece abbastanza fortuna da aprire un suo negozio; esattamente come fece Ferdinando Bocconi, altro strascèe che ebbe un “discreto” successo, aprendo quella che sarà poi La Rinascente e l’Università Bocconi.
Il Borèlla, nel suo negozio di robivecchi divenne famoso per comprare letteralmente di tutto, tanto che il modo di dire “daghela al Borèlla” era usato quando avevi qualcosa di rotto o irrecuperabile e non sapevi dove buttarla. Il Borèlla l’avrebbe comprata. A poco ma l’avrebbe presa.
Di lui si sa solo che era basso e molto grasso, che aveva la forma di una piccola palla e che per questo fu soprannominato “borèlla”, che in milanese indica la piccola pallina che era usata nel “gioco dei rulli”, un antesignano del calcio balilla che si diffuse a Milano ai primi del Novecento.
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