Aspettando Godot. Siamo tutti in scena aspettando un Godot di cui all’italiano non importa niente o molto poco. E l’assurdo è che per l’elezione della massima carica dello Stato non ha carte da giocare, non ha voce per smuovere la situazione: sì noi Barboni come i protagonisti della pièce siamo sulla strada, dipendiamo da una decisione che per ora insulta il buon senso, che suggerisce un tempo celere, che esige visioni convergenti, mentre l’economia rende fragile e complicato il vivere quotidiano.
Ma là, nella stratosfera dove ci si dovrebbe accordare, i nani deputati hanno squadernato tutta la miseria umana di cui sono protagonisti. Aspettano un Godot disegnato da ripicche, vecchi rancori personali, pregiudizi irremovibili, incapacità di critica. E i nomi si susseguono, si bruciano, si annientano con dei perché che sanno dimostrare i loro limiti abnormi. Sempre sul piede di guerra, sempre l’un contro l’altro armato e diventa noioso anche riferire l’elenco delle fumate nere, le scelte al ribasso, i silenzi furbi e inconcludenti.
Questa è la classe politica di una politica fallita a cui interessa poco o niente del cosiddetto Paese. Ogni pièce esige un regista autorevole e carismatico, che sappia vedere al di là del proprio naso, che riconosca valori e capacità. Sì, ci vorrebbe Berlusconi per condurre obiettivamente i giochi, ma non c’è.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano