«Io so che, nel 1994, la mattina in cui uscì l’articolo sull’avviso di garanzia a Silvio Berlusconi, all’epoca premier, lei venne avvertito in modo discreto che di lì a poco avrebbero perquisito casa sua in cerca della fotocopia e di alcuni nastri di registrazione, da cui sarebbe stato possibile, ammesso di averne la volontà, risalire al procuratore o al carabiniere infedele». È un brano della conversazione tra Luca Palamara e Alessandro Sallusti così come si legge in “Lobby & Logge -Le cupole occulte che controllano il ‘sistema’ e divorano l’Italia”. Il libro uscirà domani per i tipi della Rizzoli. In poche parole, è il sequel del “Il Sistema“, impietosa radiografia curata dagli stessi autori della malagiustizia che impera nelle Procure e nei tribunali di mezza Italia.
Il nuovo libro di Palamara e Sallusti
Il brano prima citato è certamente destinato a far rumore, dal momento che quell’avviso di garanzia – rivelatosi poi del tutto infondato – riuscì a demolire il primo governo Berlusconi. Che non tutto in quell’operazione fosse trasparente, fu chiaro già allora. Ma ora Palamara l’arricchisce di particolari tanto inediti quanto inquietanti. Come appunto questo della soffiata a Sallusti, all’epoca inviato del Corriere della Sera e coautore dello scoop sul Cavaliere indagato. Aggiunge infatti l’ex-pm: «Avvertimento che le permise di disfarsi di quel materiale, che uscì di casa nella borsetta di sua moglie e finì poi bruciato nel cesso del di lei parrucchiere». Una voce anonima avvertì dunque il giornalista di far sparire il malloppo di carte per impedire di risalire al responsabile della fuga di notizie. Oggi abbiamo smesso di farci caso, ma all’epoca ci fu chi parlò di pre-avviso di garanzia a mezzo stampa.
Giustizia infernale
E Sallusti? «Non confermo e non smentisco», risponde. Ma, aggiunge mettendoci il carico da 11, «so per certo che di quell’avviso di garanzia sapeva anche l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro». Il libro, ovviamente, è una carrellata che riguarda anche inchieste più recenti, come quella sulla loggia Ungheria, con al centro il faccendiere Amara. O quella sul cosiddetto “sistema Montante“. Nomi e cognomi che tracciano un identikit a dir poco inquietante della giustizia italiana. A pagare per tutti, finora è stato solo il pm radiato dalla magistratura. «In tanti – scrive lui – hanno partecipato al “sistema Palamara“, ben sapendo che cosa si stava facendo. Ma quando è cambiata l’aria, quando da Perugia trapelavano voci sull’inchiesta che mi riguardava, è stato un fuggi fuggi al motto di “Palamara chi?”».
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