Porta Lodovica – Casa Bianca di Savoia 17- Splendide la Fauna e la Flora ritrovate col restauro

Milano

In via Bianca di Savoia, al civico 17 si celava, nascosta da cent’anni di intemperie, smog e rampicanti, una meraviglia artistica che andrebbe riscoperta e tutelata maggiormente.

Si tratta di un palazzo residenziale costruito quando venne aperta la strada Bianca di Savoia, una traversa di Viale Beatrice d’Este nel Quartiere del Quadronno tra il 1910 e il 1915, sito a cavallo di Porta Vigentina e Porta Lodovica. Il progettista di questo palazzo altrimenti dall’architettura banale è l’ing. Paolo Sfrondini, costruito nel 1912.

L’edificio oggi, dopo un accurato e scrupoloso restauro, si presenta nella sua magnificenza eclettica, soprattutto per quanto riguarda la parte decorativa.

Realizzato nello stile molto in voga tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento, in questo caso venne scelta la riproduzione ammodernata dello stile rinascimentale; presenta una facciata riccamente traforata da finestrate con ricche cornici in cemento e rivestita per buona parte da mattoni in cotto. Alcune parti sono intonacate e dipinte con disegni.

Il recente restauro, fortunatamente, è stato conservativo, non troppo invasivo, da quello che si deduce, e oltre alla pulizia da incrostazioni date dallo smog e quant’altro, i restauratori hanno riportato alla luce le belle decorazioni a graffito.

Decorazioni pittoriche che sono a dir poco strabilianti, anche perché così ricche di dettagli che ne fanno forse un uno caso, abbastanza raro a Milano.

Come dicevamo, le decorazioni pittoriche erano rimaste coperte da oltre un secolo di intemperie e smog, oltre che da rampicanti che, col tempo, avevano ricoperto l’intero stabile e in alcuni casi, rovinato anche la meraviglia pittorica.

Purtroppo non siamo riusciti a trovare l’autore di cotanta meraviglia, noi abbiamo provato a fotografare più porzioni della facciata mostrandovi più decori possibile. Secondo noi una vera meraviglia.

Anzitutto la tecnica delle facciate a “graffito” o a “sgraffio” era in voga soprattutto nel rinascimento, diffusa soprattutto nel Centro Nord Italia. Seguendo il metodo classico, il graffito si realizza con lo stendere su un muro coperto di uno strato di intonaco scuro (di solito nero o rosso) , un secondo strato di intonaco bianco. Graffiando il secondo intonaco viene esposto il sottostante strato bruno, andando a tracciare la forma del disegno prescelto. Tradizionalmente il graffito si realizza sull’intonaco fresco, appena questo inizia a “tirare” con ferri di diverse dimensioni si graffia il muro scoprendo il disegno sottostante. Dalla metà del XIX lo “sgraffio” si rinnova grazie all’art Nouveau e al Liberty, diventando verso la fine del novecento quasi esclusivamente un pittura parietale nelle città italiane e non meno a Milano. Una tecnica molto delicata e precisa, anche perché se si sbaglia, bisogna stendere nuovamente l’intonaco.

In questo caso, ed ecco la “rarità” l’intonaco superiore è stato anche dipinto con colori di vario genere, trasformando il graffito in un vero e proprio dipinto.

I soggetti qui riportati raffigurano animali e piante di ogni genere: dagli uccelli nella parte centrale ai mammiferi verso sinistra ai pesci e molluschi verso destra. Una meraviglia da ammirare. Su tutti spicca il ghepardo e la coppia di candidi cigni, ma non mancano pavoni e razze.

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