L’amore secondo Francesco Hayez. Da quello romantico a quello più segreto

Cultura e spettacolo

Da Finestre sull’Arte Amore romantico, amore drammatico, amore letterario, amore segreto, amore passionale: cinque declinazioni dell’amore secondo il grande romantico Francesco Hayez.

Forse l’artista che l’immaginario collettivo associa all’amore più di chiunque altro è Francesco Hayez (Venezia, 1791 – 1882), il più celebre tra i romantici italiani. I suoi dipinti hanno celebrato l’amore in diverse forme e raccontando le storie più diverse. In questa gallery abbiamo scelto cinque sue opere associandole ad altrettanti tipi di amore, e le abbiamo accompagnate a cinque commenti tratti dalla bibliografia sull’artista. Buona lettura!

L’amore romantico: Il bacio (1859; olio su tela, 112 x 88 cm; Milano, Pinacoteca di Brera)

“Dove l’impeto romantico prevale sul tema […] abbiamo quadri come Il bacio, forse il più hayeziano di tutti. Intorno a questo soggetto, di irritante perfezione, si può esercitare tutta una serie di congetture negative. Ma non a caso la sua ideazione coincide, date alla mano, con la seconda campagna d’indipendenza. Quell’amante dal cappello piumato (il dannunzianesimo ribattezzerà questo dipinto Paolo e Francesca) è dunque, per l’osservatore avvertito, il volontario in procinto di prender l’armi contro l’odiato tiranno. Quello stesso tiranno che aveva nominato (per bocca di Radetzky) il signor Francesco Hayez alla direzione dell’Accademia di Brera, e poi gli aveva ordinato il ritratto dell’imperatore. E se è vero che nel Bacio echeggia il rullo del tamburo che chiama con Garibaldi (anzi coi piemontesi, se stiamo alle inclinazioni conservatrici del maestro), è un sentimento civile che Hayez rappresenta dietro il paravento di un episodio amoroso. Episodio che dovette turbare tuttavia i benpensanti per l’insolito realismo della scena: il modo in cui il giovane tiene tra le mani il viso dell’amata; l’atteggiamento disinvolto, quasi da istantanea rubata, colta sul vivo; infine la durata di un bacio in pubblico che nel 1859 doveva apparire scandaoloso, taale da invocare, se fosse esistito, l’intervento immediato di quel Codice Hays che a Hollywood stabiliva in minuti secondi la durata degli abbracci” (Carlo Castellaneta, Un fotografo di corte e un regista di melodrammi in Sergio Coradeschi, L’opera completa di Hayez, Rizzoli, 1971)

Francesco Hayez, Il Bacio (1859)
Francesco Hayez, Il Bacio (1859; olio su tela, 112 x 88 cm; Milano, Pinacoteca di Brera)

L’amore drammatico: L’ultimo bacio dato da Giulietta a Romeo (1823; olio su tela, 291 x 201,8 cm; Tremezzina, Villa Carlotta, Museo e Giardino Botanico)

“Il dipinto, ispirato alla popolare tragedia shakesperiana e commissionato da uno dei più celebri collezionisti dell’epoca, Giovanni Battista Sommariva, fu esposto a Brera nel 1823 insieme a quello, sempre di grande formato, acquistato dal conte tedesco Schönborn-Wiesentheid, tratto invece da una fonte più antica, la novella di Da Porto, e rappresentante Gli sponsali di Giulietta e Romeo (Pommersfelden, Graf von Schönborn Kunstsammlungen). La vicenda dei due amanti, una delle bandiere del Romanticismo anche nel melodramma, deve proprio ad Hayez la sua fortunata divulgazione, essendo stata ripresa, più avanti in altri tre dipinti, nel 1825 e due volte nel 1830, sino alla trasposizione, a partire dal 1859, di questo motivo nella popolare serie del Bacio. Grazie alle molte riproduzioni e riduzioni in vari media, ma anche a una straordinaria fortuna critica, il dipinto è diventato un’opera di culto dell’Ottocento romantico. Ognuno vi ha ammirato elementi diversi, come la suggestiva e fedele ricostruzione dell’ambiente, una sensualità che ricorda Tiziano, o la sontuosa resa dei costumi, come la ‘veste della donzella, la cui lucentezza imita il più bel velluto di Francia’. È stato il capofila della critica romantica Defendente Sacchi a vedervi una sorta di manifesto, dato che ‘la sua Giulietta non è certamente la Venere e non è la donna antica […] è bella, ma bella dell’amor suo’, mentre ‘Romeo non è l’Antinoo, né l’Apollo, eppure è con desio considerato dalla femminile curiosità e ti annunzia il fiore de’ prodi e degli amanti’. Ma era stato il corrispondente tedesco del ‘Kunst-Blatt’ a Milano, l’autorevole Ludwig Schorn, ad aprire, rimanendo colpito dall’opera all’esposizione, il dibattito, denunciando l’eccessiva verità di quel ‘bacio’ che ‘non è il tenero amore di una pura anima incantata’, ma ‘è voluttuoso’” (Fernando Mazzocca in Romanticismo, a cura di Fernando Mazzocca, catalogo della mostra, Milano, Gallerie d’Italia, dal 26 ottobre 2018 al 17 marzo 2019, Silvana Editoriale, 2018)

Francesco Hayez, L'ultimo bacio dato da Giulietta a Romeo (1823; olio su tela, 291 x 201,8 cm; Tremezzina, Villa Carlotta, Museo e Giardino Botanico)
Francesco Hayez, L’ultimo bacio dato da Giulietta a Romeo (1823; olio su tela, 291 x 201,8 cm; Tremezzina, Villa Carlotta, Museo e Giardino Botanico)

L’amore letterario: Rinaldo e Armida (1812-1813; olio su tela, 198 x 295 cm; Venezia, Galleria dell’Accademia)

“Appaiono ancora straordinarie la maturità e l’originalità di quest’opera eseguita da Hayez ventenne per il rinnovo del quarto anno di pensionato a Roma, dove venne esposta i primi mesi del 1813 presso l’Accademia Nazionale di Palazzo Venezia per poi essere nuovamente presentata nell’estate dello stesso anno all’Accademia di Belle Arti veneziana. L’importanza del dipinto, se non il più bello, il più innovativo della formazione neoclassica di Hayez, spiega il rilievo con cui ne verranno rievocate nelle Memorie del suo autore le vicende dell’esecuzione, legate alle fiduciose attese del suo sostenitore Canova e a un rapporto particolare con i due modelli, soprattutto la bellissima giovane di diciannove anni utilizzata per la sensuale figur di Armida. Del resto la scelta del tema, ispirato alla Gerusalemme liberata del Tasso, lo avvicinava alla sensibilità dei Nazareni tedeschi, che allora cominciavano a farsi notare a Roma, e anticipava il futuro clima romantico. In questo senso è significativo il confronto con la tradizione pittorica veneta nella direzione del più caldo naturalismo tizianesco. Oltre alla pastosità dei due corpi nudi, è straordinaria spia rivelatrice il bellissimo dettaglio delle armi, in particolare l’elmo, appese come un trofeo contro il magico sfondo del paesaggio. Il motivo simbolico e insieme lo sfoggio di virtuosismo delle immagini riflesse tra lo scudo e lo specchio sembra un’altra eco cinquecentesca, probabilmente dalla Susanna e i vecchioni del Tintoretto a Vienna. Una decisiva novità è rappresentata dall’ambientazione naturale, risolta creando un giardino che sembra anticipare, sulla scorta probabilmente della lettura dei trattati di Cesarotti e Pindemonte, i quali avevano tratto ispirazione dalla rilettura di questo episodio del Tasso, il giardino romantico realizzato da Giuseppe Jappelli;” (Fernando Mazzocca in Romanticismo, a cura di Fernando Mazzocca, catalogo della mostra, Milano, Gallerie d’Italia, dal 26 ottobre 2018 al 17 marzo 2019, Silvana Editoriale, 2018)

Francesco Hayez, Rinaldo e Armida (1812-1813; olio su tela, 198 x 295 cm; Venezia, Galleria dell'Accademia)
Francesco Hayez, Rinaldo e Armida (1812-1813; olio su tela, 198 x 295 cm; Venezia, Galleria dell’Accademia)

L’amore segreto: Fuga da Bianca Capello da Venezia (1853-1854; olio su tela, 208 x 159,5 cm; Berlino, Staatliche Museen)

“Francesco Hayez, protagonista del Romanticismo a Milano nel XIX secolo, è diventato famoso con scene storiche di grande formato, emozionalmente cariche, a volte tumultuose, e con ritratti psicologicamente elaborati. Ricevette importanti commissioni e numerosi riconoscimenti, e fu nominato direttore dell’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1850. Il collezionista berlinese Joachim Heinrich Wilhelm Wagener gli commissionò il dipinto Fuga da Bianca Capello da Venezia durante una visita dall’artista a Milano nel 1853. Hayez raccolse materiale storico dalla metà del XVI secolo: Bianca Capello, figlia del nobile veneziano Bartolomeo Cappello e in seguito seconda moglie di Francesco I de’ Medici, ebbe una relazione amorosa con Pietro Buonaventuri, un servo che divenne membro della famiglia Salviati. Una mattina, dopo una delle sue avventure notturne, trovò la casa dei suoi genitori chiusa a chiave. L’artista ha scelto il momento esatto in cui Bianca, inizialmente disperata, prende in mano il suo destino e decide di fuggire con il suo amante. Il gondoliere sullo sfondo è pronto per partire” (Birgit Verwiebe, scheda del dipinto nel catalogo della Alte Nationalgalerie di Berlino, 2019)

Francesco Hayez, Fuga da Bianca Capello da Venezia (1853-1854; olio su tela, 208 x 159,5 cm; Berlino, Staatliche Museen)
Francesco Hayez, Fuga da Bianca Capello da Venezia (1853-1854; olio su tela, 208 x 159,5 cm; Berlino, Staatliche Museen)

L’amore passionale: Scena di sesso tra Francesco Hayez e Carolina Zucchi (1821-1831 circa; matita nera su carta velina; Collezione privata)

“È un passo delle Memorie dell’artista a rivelarci che fu in realtà una giovane milanese, la ventenne Carolina Zucchi, a prestargli le sue sembianze [per l’Angelo annunciante di collezione privata ricomparso nel 1997, ndr], così come fece per tanti quadri eseguiti tra il 1820 e il 1830. Una donna, questa Carolina, emancipata e dalla sensualità decisa che fu ritratta ancora in un celebre dipinto, noto con il fuorviante titolo censorio de L’ammalata (in realtà sta a letto dopo un rapporto con l’artista) ora alla Civica Galleria d’Arte Moderna di Torino. Vi era giunto, dopo essere appartenuto in origine allo stesso Hayez che se ne era disfatto molto a malincuore, dalla raffinata collezione dell’Intendente del re Carlo Alberto Pietro Baldassarre Ferrero […]. Oltre all’immagine in cui era colta nell’intimità e a quella idealizzata, esiste di Carolina un terzo bellissimo ritratto, ancora conservato presso i discendenti dell’effigiata, insieme ad uno straordinario Autoritratto di Hayez, rappresentatosi con un berretto calato sulla fronte e uno sguardo di sfida. I due dipinti formavano un pendant, quasi un pegno dell’artista alla modella prediletta che i contemporanei chiamavano maliziosamente la ‘Fornarina dell’Hayez’, perfettamente informati su un rapporto che andava ben al di là di quello con una musa ispiratrice. A quali confini arrivasse lo dimostra inequivocabilmente un’altra testimonianza lasciata da Hayez alla Zucchi, e anch’essa rimasta agli eredi, la sorprendente serie di diciannove (ma in origine dovevano essere venti) disegni erotici, eseguiti con un tratto continuo su carta velina. Vengono ritratti i due amanti, che vi svelano senza pudori la natura appassionata della loro relazione, mentre esibiscono l’estrosa varietà delle loro pose amatorie. Si tratta naturalmente di un insieme eccezionale che può rientrare, per l’audacia e la qualità delle immagini, nella migliore tradizione dell’erotismo in arte, dall’antichità a Giulio Romano, Füssli, Pinelli e Picasso” (Fernando Mazzocca in Hayez privato: arte e passioni nella Milano romantica, Allemandi, 1997)

Francesco Hayez, Scena di sesso tra Francesco Hayez e Carolina Zucchi (1821-1831 circa; matita nera su carta velina; Collezione privata)
Francesco Hayez, Scena di sesso tra Francesco Hayez e Carolina Zucchi (1821-1831 circa; matita nera su carta velina; Collezione privata)

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