C’era chi tirò fuori dalla cantina la bicicletta, chi il tandem e i pattini, qualcuno addirittura la carrozzella e il cavallo. Dal 2 dicembre 1973 un’Italia serenamente abituata al boom economico, ancora poco consapevole dell’ombra del terrorismo e avvezza ormai a correre nella modernità, restò appiedata. “Effetto notte” era nelle sale da pochi mesi, “Dark Side of the Moon” roteava sui giradischi di ogni ragazzo: come spesso accade all’arte Francois Truffaut e i Pink Floyd erano stati profetici. Dai primi di dicembre 1973 e fino al 2 giugno del 1974 l’Italia, e non solo lei, piombò nel buio e cominciò l’austerity. Se ne è parlato spesso in questi giorni, anche se le condizioni di oggi sono completamente diverse a quelle di allora e il rischio di nuove misure simili a quelle degli anni Settanta è pressoché nullo. Le domeniche senz’auto, le luci delle città oscurate, i locali chiusi alle 23, i neon di bar e cinema spenti: tutto il Paese dopo gli anni del riscatto economico del Dopoguerra si risvegliò più povero. Fu uno choc, le misure adottate dal governo cambiarono la vita delle famiglie, anticipando gli orari della cena serale e del Tg1, eliminando le gite fuori porta della domenica, anticipando gli orari di chiusura di uffici e negozi. Ma come spesso accade fu anche un’occasione, per gli italiani, per mettere a frutto l’inventiva, senza rinunciare al divertimento.
La crisi energetica era cominciata da qualche anno, ma la svolta decisiva si ebbe nell’ottobre del 1974. Dopo gli anni del boom e l’aumento del fabbisogno energetico, la guerra dello Yom Kippur, che vide Egitto e Siria attaccare Israele, portò prima a un rincaro del greggio da parte dell’Opec verso gli stati che appoggiavano Tel Aviv, poi a un vero e proprio embargo. Il prezzo del petrolio schizzò da tre a dodici dollari al barile e tutti i paesi occidentali, a cominciare dall’Olanda, presero misure di contenimento dell’utilizzo dell’energia. Il governo Rumor, in una seduta terminata a notte fonda il 23 novembre 1973, varò il decreto legge 304, il decreto austerity, decidendo di vietare le auto e le moto a tutti gli italiani nei giorni festivi e nelle domeniche, ma anche le barche e gli aerei privati. “Stiamo entrando in un inverno difficile” spiegò Mariano Rumor alla televisione. Nessuno fu escluso, rimasero appiedati anche i ministri e il presidente della Repubblica, tanto che Giovanni Leone per assistere alla cerimonia dell’Immacolata concezione in piazza di Spagna recuperò dalle rimesse del Quirinale una carrozza a cavalli. Strade e autostrade nei week end si svuotarono, in un clima inizialmente surreale. Potevano circolare solo i mezzi di sicurezza e di soccorso, i medici e i parroci, per gli altri la multa era di un milione di lire. Potevano scendere in strada ovviamente i mezzi pubblici: autobus, treni, taxi, e gli italiani si abituarono a organizzare gite di gruppo.
Per risparmiare benzina, si livellarono al basso anche i limiti di velocità: in città il limite restò ai 50 all’ora ma nelle strade extraurbane scese a 100 all’ora e nelle autostrade a 120 all’ora. Il risultato fu che 11 milioni di biciclette invasero vie e piazze del Paese, insieme a tandem, carrozzelle e pattini, perché gli italiani non rinunciariono a uscire di casa per trascorrere qualche ora di relax dopo una settimana di lavoro. Le palestre si riempirono di nuovi sportivi, gli stadi registrarono il tutto esaurito. I bar e i ristoranti dovevano chiudere a mezzanotte, mentre i locali pubblici, cinema, teatri e locali da ballo, dovevano spegnere le luci alle 23: anche la notte di fine d’anno si trascorse in casa e venne consigliato di limitare anche le luminarie natalizie. Le città ridussero l’illuminazione pubblica del 40%, era possibile accendere solo un lampione su due nella notte. I distributori di benzina restarono chiusi dalle 12 del sabato a tutta la domenica. Gli uffici pubblici anticiparono la chiusura alle 17,30 ma soprattutto i negozi dovettero chiudere le serrande alle 19. Le insegne al neon e colorate di negozi, vetrine di bar e ristoranti, di supermercati e grandi magazzini dovevano restare spente. Per far anticipare alle famiglie i riti serali di cena e dopocena, anche la Rai cambio’ l’orario del telegiornale, l’unico di quegli anni: se prima andava in onda alle 20,30, il Tg1 si spostò alle 20, orario mantenuto fino a oggi.
Per spingere gli italiani ad andare a letto presto, risparmiando energia elettrica, la televisione non poteva comunque trasmettere programmi oltre le 22,45, con una tolleranza fino alle 23. L’Enel e le imprese distributrici di elettricità ridussero la tensione del 6-7% dalle 21 alle 7, limitando la possibilità di usare elettrodomestici nelle case. La temperatura negli edifici consigliata era di massimo 20 gradi. Dopo pochi mesi l’auterity non fu più necessaria, anche se i principali dati macroeconomici fecero registrare numeri negativi e l’inflazione giunse alle stelle, fino al 12,5%. A marzo l’embargo del petrolio terminò e dall’aprile del 1974 la crisi energetica si allentò; cominciarono le domeniche con taghe alterne, una domenica potevano circolare solo le auto con numero finale pari e la domenica successiva solo quelle con numero finale dispari. Ma quei pochi mesi d’inverno avevano cambiato il clima nel Paese e l’abitudine a un uso oculato dell’energia rimase per anni, tanto che ancora nel 1976 la Rai decise di aprire un nuovo programma, Domenica in, proprio per convincere le famiglie a restare in casa la domenica, evitando gite in automobile fuori città. Carosello, atteso ogni sera da ogni bambino, chiuse invece per sempre, sostituito dagli spot per tutto il giorno, la tv diventò a colori, le discoteche sostituirono rapidamente le sale da ballo e nacquero i computer. L’austerity lentamente cedette il passo al consumismo e ai “favolosi” anni Ottanta.
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845