Imprenditore lombardo, ‘Mio padre morto di covid, ora aiuto i profughi ucraini’

Lombardia

Due anni fa ha perso il papà, vittima del Covid. Ha continuato a portare avanti l’azienda di famiglia e ora Michele Raselli, imprenditore biellese, ha voluto impiegare parte dei suoi profitti per contribuire a far arrivare in Italia profughi in fuga dall’Ucraina sotto le bombe. 

Michele Raselli

 “Dedico tutto questo a mio padre morto per il coronavirus” dice Raselli, amministratore delegato della Machieraldo, grossista di ferramenta e casalinghi che durante la pandemia ha aumentato notevolmente il suo fatturato. Parte dei nuovi guadagni sono stati quindi investiti nell’aiuto ai profughi ucraini e Raselli attribuisce gran parte del merito dell’operazione all’incontro definito “fortuito” con l’avvocato monzese Agostino D’Antuoni, che, con la Croce Rossa Italiana, ha organizzato il trasferimento occupandosi della parte più difficile dell’operazione, cioè il coinvolgimento delle istituzioni e delle famiglie italiane. Arrivati questa mattina alla parrocchia San Gerardo di Monza, i rifugiati ucraini verranno accolti in Italia da 50 famiglie che hanno dato disponibilità a ospitarli nelle loro abitazioni – precisa l’avvocato D’Antuoni che aggiunge: “Mercoledì notte partirà un altro pullman da Leopoli, in queste ore sotto bombardamenti. In queste ore stiamo cercando altre famiglie italiane che aiutino ad accogliere le persone in fuga”.
    Intanto i volontari della Croce Rossa si sono attivati per assistere i primi rifugiati ucraini e non nascondono la loro emozione. “Da 10 anni sono nel servizio del 118 – dice Andrea Paleari, uno dei volontari coinvolti – e non mi era mai capitato di arrivare così vicino a piangere come quando abbiamo accompagnato in ospedale un bambino purtroppo affetto da leucemia. La mamma ci raccontava della patologia del figlio e dell’ospedale dove era ricoverato sotto attacco, mi ha colpito il silenzio che è calato al suo racconto, un silenzio surreale nel sentire le parole di quella mamma che al terribile fatto di avere un bimbo malato aggiungeva la guerra, la paura delle bombe”. (ANSA).

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