Ormai è guerriglia urbana permanente, nel Vietnam della Procura di Milano. Si combatte sull’ennesima riorganizzazione del lavoro, proposta dal procuratore reggente Targetti, che ha preso provvisoriamente (fino al 15 aprire) il posto di Francesco Greco. E ancora non c’è pace per gli strascichi di polemiche sui metodi meneghini fin dai tempi di Tangentopoli. E che hanno portato di recente agli eccessi accusatori sul caso Eni e a quelli assolutori sul Monte dei Paschi.
In quello che fu il santuario del pool Mani Pulite, il luogo dell’efficienza meneghina, la più politica d’Italia, pare che l’attività principale sia diventata quella di dare materiale di lavoro alla procura della repubblica di Brescia, quella titolata a indagare sui reati di cui sono sospetti autori o vittime i colleghi di Milano. Certo, di macerie Francesco Greco, pensionato dal novembre 2021, ne ha lasciate parecchie. Due casi per tutti, il processo Eni con il sospetto di accanimento accusatorio da parte della procura, e il caso opposto del filone milanese di Monte Paschi di Siena, con una sorta di accanimento assolutorio. Tutte e due le vicende sono cadute sulla testa del procuratore di Brescia Francesco Prete e in ambedue i casi ci sono inquirenti milanesi sotto accusa.
Ma non sono solo gli aspetti penali a rendere acceso il clima negli uffici del quarto piano del Palazzo di giustizia di Milano. Ci sono anche i rapporti che da un po’ di anni vedono la gran parte dei sostituti in contrapposizione con il capo. Francesco Greco non è stato mai trattato con i guanti bianchi dai suoi ”ragazzi”. Qualche invidia, forse perché era uno di loro, prima di essere promosso mentre altri, che avevano gli uffici nello stesso corridoio, nutrivano la stessa ambizione. E il Csm, chissà perché, non ha mai preso in considerazione qualche papa straniero per la Procura di Milano, cosa che sarebbe stata utile e salutare, come dimostra la storia di oggi. E che sarebbe opportuna ora, visto che mancano pochi giorni alla nuova nomina. Greco era stato già contestato negli anni scorsi quando aveva cercato di centralizzare le responsabilità dei sostituti, vincolandone le decisioni all’autorizzazione dei procuratori aggiunti. Ma la ribellione si era poi ricomposta. Anche se, da quando ogni singolo magistrato, soprattutto a Milano, ha assaporato momenti di gloria con la visibilità sui media, è sempre più difficile per i capi degli uffici contenerne le vanità. Che avranno, si spera, qualche freno con la nuova legge del ministro Cartabia sulla presunzione di innocenza e la comunicazione.
Tiziana Maiolo (Il Riformista)
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