Sanità Lombardia: a due anni dall’epidemia calunnie dell’opposizione svanite nel nulla

Lombardia
La relazione sulla prima ondata di pandemia Sanitaria in Lombardia, ritardi e Rsa: un boomeramg per le accuse PD

“A distanza di due anni dall’inizio della pandemia le vergognose calunnie propagandate dalle opposizioni in Consiglio regionale sono svanite nel nulla, sciogliendosi come neve al sole. Come emerso in maniera chiara da tutte le verifiche effettuate, Regione Lombardia ha operato con rettitudine e saggezza. Al netto degli errori che chiunque ha commesso in quei momenti drammatici, che nessuna amministrazione al mondo era preparata ad affrontare, abbiamo saputo tenere la barra dritta, garantendo la ripartenza della nostra regione. In questi anni Pd e M5S hanno tentato di strumentalizzare la vicenda per biechi scopi elettorali, ma le loro menzogne gli si sono ritorte contro. Oggi assistiamo al lugubre spettacolo di un’opposizione divisa e litigiosa, che ha visto dissolversi i tanti castelli in aria su cui si basavano le loro accuse sconclusionate”.

Fubini su Libero esamina l’esito della Commissione punto per punto e ne fa la ricostruzione che sbugiarda PD e M5S.

“…La mancanza di informazioni scientifiche e di indicazioni operative da parte della Stato nei confronti di Regione Lombardia -e di tutte le Regioni -ha causato un grave ritardo nell’attivazione della macchina organizzativa». La relazione, però, nelle sue 54 pagine, dice molto di più.

I RITARDI DEL GOVERNO

Che l’esecutivo all’epoca guidato da Giuseppe Conte -anche a causa della sottovalutazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità non abbia capito con tempestività la gravita della situazione sta tutta nelle date messe in fila dalla commissione: dal 9 gennaio, quando il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie in Cina individua il nuovo ceppo di Coronavirus, si deve aspettare fino al 27 dello stesso mese per avere i primi provvedimenti restrittivi, comunque blandi, da parte del governo. Il 30 vi è la conferma dei primi due casi di Covid in Italia (i turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma). Il giorno seguente il governo emana lo stato di emergenza sanitaria, ma si dovrà aspettare fino al 10 di febbraio per la costituzione di un gruppo di esperti a supporto del Cts per effettuare la ricognizione delle strutture. Insomma dopo quasi un mese e mezzo dal primo allarme, recita la relazione «A Roma non c’era ancora la conoscenza delle risorse disponibili all’interno del Sistema Sanitario Nazionale». A tutto questa si deve aggiungere che nella notte tra il 20 e il 21 febbraio a Codogno viene trovato il primo caso “Italiano” di Covid e questo grazie alla violazione «delle prassi e dei protocolli imposti dal ministero». Intanto a Roma, finalmente ci si accorge che la situazione è grave e il 23 febbraio viene istituita la zona rossa a Codogno e in altri 9 comuni.

L’OMS NON FA POLITICA

” Sottovalutazione a parte, c’è anche un’altra evenienza che chiama in causa l’Organizzazione Mondiale per la Sanità. E riguarda la mancata zona rossa della Lombardia. Anche qui sono le date a venirci in aiuto.

II 7 marzo l’ufficio dell’Oms di Venezia contatta la Dg Welfare di Regione Lombardia. Nel corso della telefonata l’allora Dg Luigi Cajazzo descrive la situazione «estremamente critica e in ulteriore peggioramento» e arriva a chiedere «la chiusura immediata dei confini della Lombardia; il prolungamento della chiusura di scuole, uffici, bar, ristoranti, ecc; la promozione della smartworking e del distanziamento sociale». La risposta dell’Oms arriva in serata ed e negativa per «mancanza di dati», ma non è tutto. L’allora direttore vicario dell’Oms Ranieri Guerra nel condividere le decisioni dell’organizzazione, specifica inoltre che -si legge nella relazione del Consiglio regionale -«le regioni del Nord Italia particolarmente colpite dalla richiesta -Lombardia e Veneto -fossero tutte amministrate  da forze politiche di opposizione rispetto a quelle in quel momento al governo Italiano» e per questa «Se l’Oms avesse esercitato pressioni sul governo italiano si sarebbe fatto coinvolgere in una battaglia politica interna all’Italia».

IL PIANO PANDEMICO

Come nota il piano pandemico italiano risaliva al2006. Nonostante questa anche quel documento aveva al suo interno alcune procedure che, se attivate dal governo, avrebbero potuto cambiare le sorti della pandemia. Invece il Ministero decide di stilare un nuovo piano specifico per il Covid. Anche qui affidiamoci alle date per capire la lentezza con la quale Roma si è mossa: il 24 febbraio si dà mandato di stilare il piano; il 2 marzo c’è l’accordo per adottarlo; il 4 marzo si stabilisce di aggiornarlo. Piccolo particolare: il piano resterà segreto -anche alle Regioni -fino all’aprile del 2020. Fontana s’inalbera e chiede conto.  La risposta del governo è semplice: c’era anche un rappresentante della Regione nella riunione, doveva saperlo. Piccolo particolare, il rappresentante della Lombardia aveva dovuto firmare un patto di riservatezza, che comprendeva anche i vertici regionali.

LE MANCATE ZONE ROSSE Su questa punto andiamo veloci perché ormai è stato acclarato che le zone rosse ad Alzano e Nembro erano di competenza del governo centrale. Qui ci preme solo sottolineare che la richiesta di Regione a Speranza per farle è data 4 marzo. II giorno seguente Speranza firma il decreto e allerta i militari per la chiusura, ma Conte non 10 controfirma e il 7 marzo il governo sospende l’operazione. Solo due settimane dopo, il 21 marzo -quando l’epidemia è fuori controllo -Roma arriva la decisione di fare dell’intera Lombardia una zona rossa.

IL RUOLO DEI PRIVATI Anche questa è un tema sul quale la sinistra ha speculato a piene mani. Eppure senza la rete degli ospedali privati la storia sarebbe stata ancora più drammatica di quella scritta fin qui. Alcuni numeri contenuti in una ricerca dell’Università Bocconi aiutano a capire meglio: 10 studio quantifica in 4.975 (il 40% del totale) i posti letto nelle strutture private e in 484 (il 28%) i posti di terapia intensiva messi a disposizione. Un altro dato interessante e quello secondo il quale nel solo mese di marzo 2020le strutture private lombarde hanno messo a disposizione ben 334 letti di terapia intensiva sui 1.300 disponibili a livello nazionale. Altrochè «privati privilegiati» come andava cianciando la sinistra per meri scopi elettorali.

LA VERITA SULLE RESIDENZE Altro capitolo doloroso, sul quale la sinistra ha giocato molto, è quello delle Rsa. La tesi delle opposizioni e che dove sono stati trasferiti i malati di Covid ci sia stata un’ecatombe. Tutte le indagini svolte, pero, comprese quelle della magistratura, hanno detto il contrario. Infatti proprio nelle strutture dove erano stati trasferiti i malati di Covid il tasso di mortalità è stato minore. Un dato che si evince anche a livello internazionale. Nelle Rsa di Milano la mortalità è stata del 41%; in Belgio è stata del 51%, in Francia del 50%, in Norvegia del 61%, in Spagna del 66%, in Svezia e in Scozia del 45%. Nella relazione si parla anche dell’Ospedale in Fiera e dello screening dei tamponi. Altri cavalli di battaglia della sinistra, azzoppati da inchieste e dati, sui quali pero ci siamo soffermati in passato.

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